LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23057-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
MONDO CONFEZIONI SRL, IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 108, presso lo studio dell’avvocato ANNAMARIA BISOGNO, rappresentata e difesa dall’avvocato PATRIZIO MAGGI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1101 18/2017 4191,1a COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata l’08/03/2 17;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GORI PIERPAOLO.
RILEVATO
che:
– Con sentenza n. 1101/18/17 depositata in data 8 marzo 2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina (in seguito, la CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 944/1/15 della Commissione tributaria provinciale di Frosinone (in seguito, la CTP) che aveva accolto il ricorso proposto da Mondo Confezioni Srl ad unico socio in liquidazione (in seguito, la contribuente) avverso un avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2011 emesso a seguito di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39 e indagini bancarie;
– La CTR confermava la decisione di primo grado nel merito ritenendo non assolto l’onere della prova della ripresa da parte dell’Amministrazione. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso deducendo due motivi. La contribuente si è difesa, depositando controricorso.
CONSIDERATO
che:
– Vanno scrutinate e disattese le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso e del secondo motivo, per asserita inesatta individuazione delle norme di diritto che si assumono violate, oltre che per difetto di autosufficienza, dal momento che l’Agenzia precisa con esattezza le pertinenti previsioni legislative che assume violate in relazione ai paradigmi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nè trascura di riprodurre nel corpo del motivo la motivazione della sentenza censurata ai fini dell’autosufficienza, adempimento che vale anche in relazione alla seconda doglianza;
– Con il primo motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per motivazione apparente della sentenza;
– Il motivo è infondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232); rammenta inoltre che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053);
– Nel caso di specie, la motivazione della CTR individua l’oggetto della ripresa a tassazione con indicazione dei pertinenti tributi, originata da indagini bancarie che hanno fondato l’accertamento induttivo (“accertamenti induttivi e finanziari”), ricostruisce in fatto il contenuto del processo e dei motivi di appello e rende una motivazione in risposta imperniata sull’assolvimento dell’onere della prova liberatoria da parte della contribuente. Tanto basta per escludere la mera apparenza della motivazione, ponendosi appena sopra il limite costituzionale censurabile;
– Con il secondo motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3- la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 39 D.P.R. n. 600/1973, del D.Lgs. n. 600 del 1972, art. 32 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., per non aver la sentenza esaminato gli elementi di prova raccolti con gli accertamenti bancari, ai fini della presunzione del D.Lgs. n. 600 del 1972, art. 32, in quanto “La richiesta giustificativa relativa a prelevamenti per i pagamenti effettuati deve ritenersi illegittima in quanto la documentazione probatoria era stata già fornita all’organo accertatore “;
– Il motivo è fondato. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui: “In tema di accertamento dell’IVA, l’autorizzazione prescritta dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 7 (nel testo, applicabile “ratione temporis”, risultante dalle modifiche introdotte dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 18, comma 2, lett. c) e d)) ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d’imposta e non richiede alcuna motivazione; pertanto, la mancata esibizione della stessa all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall’Ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente.” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16874 del 21/07/2009 – Rv. 609290 – 01);
Va poi ribadito che: “In tema di accertamento delle imposte sui red-diti, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11102 del 05/05/2017 (Rv. 643970 – 01);
– Pertanto, alla luce della presunzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e pacifica l’utilizzabilità della documentazione acquisita dall’Amministrazione in sede di accertamenti bancari esperiti nei confronti della contribuente, la CTR ha violato la legge, come interpretata dalla giurisprudenza consolidata della S.C., non avendo analiticamente esaminato gli elementi di prova contraria offerti dalla contribuente in termini di tempi, ammontare e contesto complessivo, e limitandosi ad affermazioni apodittiche, generiche e non controllabili come “La contribuente ha prodotto idonea documentazione a giustificazione delle riprese operate” e “Il Collegio rappresenta infine che la contribuente, avendo depositato schede – libri e verbali, ha adeguatamente motivato le difese espletate”. Il secondo motivo di ricorso va dunque accolto, disatteso il primo, e la sentenza impugnata viene cassata, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame in relazione al profilo, e per il regolamento delle spese di lite.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, sez. staccata di Latina, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, e per il regolamento delle spese di lite.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019