Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.8008 del 21/03/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 173-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SCUOLA SAN GIUSEPPE MOSCATI ENTE FORMAZIONE IMPRESA NO PROFIT;

– intimato –

avverso la sentenza n. 213/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI, depositata il 04/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2019 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 213/07/12, depositata il 4.05.2012 dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che, confermando la sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso della Scuola San Giuseppe Moscati – Ente Formazione Impresa No Profit, annullando l’avviso di accertamento con il quale era rideterminato il reddito della contribuente ai fini Ires ed Irap relativamente all’anno d’imposta 2004.

Ha riferito che, a seguito di attività di controllo e processo verbale di constatazione redatto da funzionari dell’Ufficio, era accertato un maggior reddito d’impresa dell’Ente. Questi proponeva tempestivo ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, dolendosi della nullità dell’atto impositivo perchè la notifica era avvenuta senza il rispetto del termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 e, nel merito, della infondatezza del maggior reddito contestato, senza tener conto della natura di Ente no profit. Il giudice di primo grado, con sentenza n. 368/12/11, annullava l’atto impositivo perchè emesso e notificato prima del decorso del termine dilatorio dalla consegna del verbale di chiusura della verifica fiscale, prescritto dallo Statuto del contribuente, senza che l’urgenza invocata dalla Agenzia, cioè l’imminente scadenza dei termini per l’accertamento, potesse essere annoverata tra i motivi giustificativi del suo mancato rispetto. La decisione era appellata dall’Ufficio dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che con la sentenza ora al vaglio della Corte confermava quanto statuito dal giudice provinciale.

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12,comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il duplice profilo della non necessaria enunciazione nell’atto impositivo dell’urgenza della notifica, anche in deroga del termine dilatorio, e della sussistenza in ogni caso dell’urgenza per l’ipotesi di prossima scadenza dei termini per l’accertamento. Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza.

La contribuente, nonostante la rituale notifica, non ha inteso costituirsi.

CONSIDERATO

che:

Il motivo è infondato e va rigettato.

Come ha riferito la stessa Agenzia, le operazioni di controllo fiscale eseguite nei confronti dell’Ente si conclusero con la redazione del p.v.c. L’avviso di accertamento fu notificato al contribuente senza il rispetto del termine dilatorio prescritto dallo Statuto del contribuente, art. 12, comma 7, ciò che ha costituito ragione dell’annullamento dell’atto impositivo in primo grado e in appello nel contenzioso seguito alla notifica dell’atto.

L’Ufficio contesta la correttezza della motivazione, ritenendo che l’avviso di accertamento era esente da vizi perchè era stato anche indicato il motivo d’urgenza per il quale non si era reso possibile il rispetto del termine dilatorio.

Costituisce principio ormai consolidato quello secondo cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12 cit. deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass., Sez. U, sent. n. 18184/2013; ord. n. 27623/2018).

E’ pur vero che il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio (cfr. Sez. U, cit.; 27623/2018 cit.), ma si è anche chiarito come le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’Amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicchè non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa (Cass., 22786/2015; 5149/2016; 8749/2018).

Il giudice regionale si è attenuto ai principi di diritto somministrati dalla giurisprudenza di legittimità. Ne consegue che la decisione impugnata dall’Ufficio è immune da error in iudicando.

Il ricorso va in conclusione rigettato. Nulla va invece disposto in ordine alle spese, per la mancata costituzione del resistente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

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