LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23845-2017 proposto da:
L.S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO MORRONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO CAINELLI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 503/17/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA, depositata il 16/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa CASTORINA ROSARIA MARIA.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
La CTR della Calabria, con sentenza n. 503/3/2017, depositata il 16.3.2017, non notificata, rigettava l’appello proposto da L.S.G. nei confronti della Regione Calabria e della Agenzia di Riscossione Equitalia s.p.a. avverso la pronuncia di primo grado della CTP di Cosenza che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso cartella di pagamento per tasse automobilistiche sanzioni ed accessori afferenti l’anno di imposta 1999. Avverso la sentenza della CTR il Contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati con memoria.
Ader – Agenzia delle Entrate Riscossione – si è costituita con controricorso. La Regione Calabria non ha spiegato difese.
1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23 e 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che attesa la mancata costituzione della Regione Calabria nei giudizi di merito le eccezioni sollevate dovevano ritenersi fondate.
La censura è manifestamente infondata.
Il principio di non contestazione (o onere di contestazione specifica) non opera in danno della parte contumace, in considerazione del dettato letterale dell’art. 115 c.p.c. che, facendo esplicito riferimento alla parte costituitasi in giudizio, è espressione del più generale atteggiamento di neutralità che informa il processo contumaciale (per tutte Cass. 22461/2015).
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 37e del D.L. n. 953 del 1982, art. 5, comma 51 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non potendosi applicare la proroga senza una adesione al condono da parte della Regione.
La censura è manifestamente infondata. Come affermato da questa Corte con indirizzo che non vi è motivo per disattendere “il D.L. 30 settembre n. 269, art. 37 convertito in L. 26 novembre 2003, n. 326, ha differito al 31.12.2005 il termine per il recupero delle tasse dovute per effetto dell’iscrizione dei veicoli o autoscafi nei pubblici registri. La suddetta proroga non risulta subordinata ad alcun adempimento da parte dell’Ente territoriale; va pertanto affermata l’applicabilità del differimento dei termini in questione, anche alla Regione Calabria (Cass. n. 769/2014; Cass. n. 19336/2012).
3. Con il terzo motivo di ricorso il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e del D.Lgs. n. 112 del 1999 non potendosi avvalere il concessionario della notificazione diretta.
La censura è manifestamente infondata alla luce dei principi di diritto affermati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte A norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, infatti, la notificazione può essere eseguita “anche mediante invio” diretto dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso la notifica si perfeziona con la ricezione da parte del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica (Cass. 14327/09). L’accertamento circa la coincidenza tra la persona cui la cartella è destinata e quella cui è consegnata è, difatti, di competenza esclusiva dell’ufficiale postale, che vi provvede con un atto (l’avviso di ricevimento della raccomandata) assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., avendo natura di atto pubblico (Cass. 11708/11). E, non a caso, del citato art. 26, penultimo comma, dispone che il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione. In tale ultima ipotesi, pertanto, è l’avviso di ricevimento a garantire l’esatta individuazione del destinatario dell’atto, tenendo luogo della notifica di cui alla prima parte del citato art. 26, ed a fare fede della sua spedizione da parte del soggetto legittimato, che in tal caso è direttamente il concessionario, agente della riscossione (Cass. 11708/11). Il fatto che, nel caso concreto, a consegnare la cartella all’ufficiale postale sia stato un soggetto, os-sia direttamente l’agente della riscossione (il concessionario, già esattore), e non l’ufficiale della riscossione da questi nominato (o altro soggetto abilitato dal succitato art. 26, comma 1, prima parte), non rileva, dunque, in alcun modo ai fini della validità della notifica della cartella, posto che tale modalità di notifica a mezzo posta – alternativa a quella di cui alla prima parte dell’art. 26, comma 1, citato, questa sì di competenza esclusivamente dei soli soggetti ivi indicati – resta del tutto affidata al concessionario stesso, che può darvi corso nelle modalità ritenute più opportune, nonchè all’ufficiale postale (cfr. Cass.6395/2014; Cass.16949/14; Cass. 8086/18; Cass. 22833/18).
4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per carenza di motivazione.
La censura è inammissibile. La CTR ha rilevato che l’eccezione del contribuente rasentava la temerarietà poichè nella cartella di pagamento erano indicati i numeri di targa, del veicoli oggetto di imposizione, i riferimenti normativi pertinenti, le causali degli importi per tributo, per sanzioni e per interessi, l’annualità interessata, i numeri di ruolo e i codici delle singole voci.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza. Sussistono altresì i presupposti per il pagamento dell’ulteriore somma dovuta a titolo di raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il contribuente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 910,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019