Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.11 del 03/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11000-2017 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato ERNESTINA PORTELLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il 21/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/12/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

RILEVATO

che:

– la Corte d’Appello di L’Aquila, con decreto del 21.3.2017, rigettava l’opposizione proposta da M.V. avverso il provvedimento del Consigliere Delegato N. 333/2016, con il quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso, depositato il 17.5.2016, avente ad oggetto la domanda di indennizzo da irragionevole durata di una procedura fallimentare svoltasi innanzi al Tribunale di Ascoli Piceno;

– secondo la corte distrettuale, a seguito della dichiarazione di incompetenza da parte del Consigliere delegato, il M. avrebbe dovuto riassumere il giudizio innanzi al giudice territorialmente competente individuato nella Corte d’appello di Ancona;

– per la cassazione di detto decreto ha proposto ricorso il M. sulla base di due motivi, illustrati con memoria difensiva depositata in prossimità dell’udienza;

– ha resistito con controricorso il Ministero.

RITENUTO

che:

– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4 dell’art. 640, commi 1 e 2, degli artt. 38 e 50 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per avere la corte territoriale considerato la competenza territoriale come requisito di ammissibilità della domanda e non come presupposto processuale, con la conseguenza che il giudice d’appello, adito in sede di opposizione, avrebbe dovuto non già dichiarare inammissibile la domanda, ma declinare la propria incompetenza, fissando il termine per la riassunzione; il ricorrente rileva, inoltre, che l’unico rimedio avverso la dichiarazione di incompetenza del Consigliere delegato consista nell’opposizione, e non anche nella riproposizione del ricorso;

– il motivo è infondato;

– la L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 6 prevede espressamente che, se il ricorso è in tutto o in parte respinto, la domanda non può essere riproposta, ma la parte può fare opposizione a norma dell’art. 5 ter;

– ha affermato questa Corte che, in materia di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, anche dopo le modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, la competenza del giudice adito costituisce presupposto processuale e non già requisito di ammissibilità della domanda, sicchè la corte d’appello, adita con l’opposizione di cui all’art. 5 ter stessa legge, ove ritenga di non essere investita della competenza a provvedere, non può rigettare la domanda, ma deve dichiarare la propria incompetenza e, indicato il giudice competente, fissare il termine di riassunzione del procedimento in applicazione dell’art. 50 c.p.c. (Cassazione civile, sez. VI, 01/09/2015, n. 17380; Cassazione civile, sez. VI, 23/05/2017, n. 12891);

– questa Corte ha infatti dichiarato inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso il decreto emesso dal magistrato designato dal presidente della corte d’appello, trattandosi di provvedimento contro il quale può essere proposta l’opposizione al collegio di cui alla L. 4 marzo 2001, n. 89, art. 5 ter e che, pertanto, diventa definitivo solo in caso di mancata opposizione (Cassazione civile sez. VI, 24/07/2014, n. 16806);

– la corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto, poichè, invece di pronunciarsi sulla competenza, ha affermato che la parte avrebbe dovuto riassumere il giudizio innanzi al giudice territorialmente competente, indicato dal Consigliere delegato;

– resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per assoluta carenza di motivazione sul percorso logico argomentativo, posto a fondamento della decisione;

– il decreto va, pertanto, cassato e la causa rinviata innanzi alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2020

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