LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1642-2018 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINEROLO N 22, presso lo studio dell’avvocato MARIA ELENA LORETI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO FACCHETTI;
– ricorrente –
contro
N.A.M., R.I., R.P.V., in qualità di uniche eredi di N.G., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BRIGUGLIO, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO MOSCA;
– controricorrenti –
e contro
N.G., INTESA SAN PAOLO VITA SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2839/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato FACCHETTI MARCO;
udito l’Avvocato PAPA ALESSANDRA per delega;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22/6/2017 la Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dal sig. C.L. in relazione alla pronunzia Trib. Pavia n. 51/2016, di accoglimento della domanda nei confronti del medesimo proposto dalle sigg. A.M. e N.G. – eredi della sig. N.E. – di restituzione di somma corrispondente al valore della polizza di assicurazione sulla vita ***** originariamente da quest’ultima stipulata in data 27/4/2006, con indicazione del suindicato nipote C. come assicurato e di se stessa quale beneficiaria, successivamente oggetto di “cessione della contraenza”, con sostituzione, all’esito della declaratoria di invalidità della detta cessione, “della beneficiaria contraente N.E. da parte dell’appellante C.L. subentrato così nella posizione di contraente-beneficiario”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il C. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso le sigg. N.A.M. nonchè I. e R.P.V. (nella qualità di eredi della nel frattempo deceduta sig. N.G.), che hanno presentato anche memoria.
L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 809,1920,2697,2727 e 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1362-1365 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 3 motivo “violazione e falsa applicazione” degli artt. 2697,2729,1362, – 1365 c.c., artt. 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Con il 4 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 91 c.p.c., D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento de relato ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, all'”atto di citazione in data 8/11/2010 (notificato il successivo 18/11/2010)”, la sentenza del giudice di prime cure, alla “polizza” all'”atto di citazione d’appello notificato il 15/4/2016", allo “scambio al momento della stipulazione della polizza vita, nell’individuazione di assicurato e beneficiario, fra sè e la zia”, alla “richiesta di cessione della polizza firmata dalla disponente N.E. il 5/3/2010 su modulistica fornita dalla compagnia assicurativa Intesa Vita s.p.a…. sottoscritta dalla stessa,… con firma autenticata apposta dinanzi ad un funzionario pubblico, nella specie del Comune di Broni (doc. 4 fasc. I grado)”, alla “donazione immobiliare”, all'”intervento chirurgico relativo alla malattia in atto, a cavallo del mese di *****, incapacità riconosciuta post mortem dall’altrettanto errata sentenza parziale di I grado, tutt’ora sub iudice nell’ambito del separato primo giudizio)”, alla “lettera 12/4/2010, ns. doc. 4 fasc. I grado causa RG. 956/10 Trib. Pavia ex Voghera)”, all'”atto di designazione di Luigi C. a beneficiario della polizza vita index linked denominata “*****””, alla “comparsa conclusionale di I grado (cfr. pag. 5-9)”, alla “comparsa conclusionale d’appello (cfr. pag. 31-33)”, all'”atto di designazione del terzo (la “cessione della contraenza”)… da parte della stipulante, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1920 c.c., commi 2 e 3", al “primo motivo d’appello”, agli “atti dell’appellante”, all'”atto di appello (pag. 910)”, all'”atto di cessione della contraenza della polizza vita da parte della disponente N.E. a beneficio del nipote C.L.”, alla “lettera di contestazione lui inviata dalla zia una volta trasferitasi presso una delle sorelle a *****, ad inizio aprile 2010”, alla “donazione della nuda proprietà dell’appartamento in *****”, all'”atto di appello (pag. 1920)”, alla “sentenza parziale di I grado (cfr. ns. doc. 2 fasc. appello, pag.9)”, alla “polizza vita contestata in giudizio da parte delle Eredi”, alla “corrispondenza scambiata… con la Compagnia assicurativa”, alle “apposite istruzioni a riguardo, poi in concreto seguite dalle parti (cfr. ns. doc. 4 e 7 fasc. I grado V. in particolare doc. 7 – lettera/modulo Intesa Vita 26/2/2010”, alla “modulistica predisposta e fornita direttamente dalla Compagnia assicurativa Intesa San Paolo Vita s.p.a. (come rimarcato anche nell’atto d’appello: cfr. pag. 10)”), limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti (es., la “donazione della nuda proprietà dell’appartamento in *****”), senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.
E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.
Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).
Va per altro verso posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, il ricorrente deduca in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie alla contraddittorietà della motivazione (v. pag. 19 del ricorso) ovvero l’omesso e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dai giudici di merito adottata di “invalidità della cessione del contratto di assicurazione sulla vita “*****”, per vizio, se non addirittura per difetto del consenso della N.”” rimangono invero dall’odierno ricorrente non idoneamente censurati.
Non risulta dall’odierno ricorrente in particolare idoneamente censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “il complessivo quadro delle emergenze agli atti non fornisce in ogni caso la prova circa l’erroneità della sottoscrizione della polizza sulla vita all’atto della stipulazione nel 2006. Tale circostanza, alla luce degli elementi sopra richiamati, e in particolare se si considera che non vi è prova che la de cuius si sia attivata per correggere l’errore di cui parla l’appellante, tenuto conto che quanto sottoscritto originariamente aveva contenuto e previsione ben diversa, porta la Corte a convincersi del fatto che N.E. si sia determinata alla cessione della polizza assicurativa sulla vita a causa dei raggiri posti in essere dal nipote C.L. che l’ha indotta a ritenere di essere incorsa originariamente in errore per avere scambiato i nominativi e le relative sottoscrizioni del contraente/beneficiario e dell’assicurato nella sottoscrizione della polizza, senza che il C., pur presente in quel frangente, abbia evidenziato in quel momento alcunchè”.
Non può d’altro canto sottacersi (con particolare riferimento al 1 e al 2 motivo) che là dove si duole che la corte di merito abbia “completamente travisato il contenuto del primo motivo d’appello, il cui oggetto non era assolutamente quello dalla stessa riportato in sentenza (a pag. 7-8)”, nonchè lamenta la “totale difformità, rispetto a quanto riportato espressamente nella sentenza d’appello, del contenuto formale e sostanziale del (primo) motivo d’appello delibando sul quale la Corte medesima è pervenuta… all’errata conclusione di negare la sussistenza della prova della volontà della disponente di dare corso alla cessione della polizza vita in favore del nipote odierno ricorrente, addossandone al medesimo l’asserita omissione”, il ricorrente inammissibilmente prospetta in realtà un vizio revocatorio.
Non può del pari sottacersi che al 4 motivo non risultano invero dal ricorrente sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, essendosi il ricorrente limitato a muovere apodittiche doglianze, sicchè il motivo è nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, e quanto dedotto dal ricorrente si risolve nella proposizione in realtà di un “non motivo” (cfr. Cass., 11/10/2018, n. 25149; Cass., 27/11/2018, n. 30594; Cass., 8/3/2018, n. 5541; Cass., 8/7/2016, n. 1274; Cass., 31/8/2015, n. 17330; Cass., 8/7/2014, n. 15475; Cass., 1/10/2012, n. 17318; Cass., 17/1/2012, n. 537).
Emerge dunque evidente come nella specie il ricorrente invero inammissibilmente prospetti una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonchè una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore delle controricorrenti sigg. N.A.M. nonchè I. e R.P.V. – nella qualità -, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore delle controricorrenti sigg. N.A.M. nonchè I. e R.P.V., nella qualità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020
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