Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.145 del 08/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6525/2015 proposto da:

Comune di Vallermosa, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Diana Enrico, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., e M.T., elettivamente domiciliati in Roma, Via Bruno Buozzi n. 87, presso lo studio dell’avvocato Carta Giovanni, rappresentati e difesi dall’avvocato Dessy Agostino, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 662/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 28 novembre 2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre 2019 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Cagliari, parzialmente riformando la sentenza impugnata, per quanto ancora interessa, ha condannato il Comune di Vallermosa a risarcire il danno, liquidato in Euro 118925,34, pro quota, oltre accessori, per la occupazione acquisitiva di aree distinte in catasto al foglio *****, di cui M.A. e M.T. erano comproprietari, utilizzate per la realizzazione di un campo sportivo, limitatamente al II lotto dei lavori.

Avverso questa sentenza il Comune di Vallermosa ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, resistito dai M..

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo il Comune ha denunciato violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c. e omesso esame di fatti decisivi, in ordine al rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione ad agire dei M., i quali non avrebbero dimostrato di essere proprietari delle aree intestate catastalmente ad altri ( M.E. e F.A., quanto al mappale *****, e Mo.Po.Ri., quanto al mappale *****).

Il motivo è infondato.

La Corte ha condiviso la valutazione del materiale probatorio effettuata dal Tribunale secondo cui gli attori erano proprietari effettivi delle aree ablate; gli atti del procedimento ablatorio erano stati indirizzati a M.E., del quale gli attori erano eredi, e a M.T.; M.E. aveva esercitato il possesso quantomeno dagli anni quaranta; si dava conto nello stato di consistenza del 28 dicembre 1988 sia dell’intestazione catastale dei mappali sia della proprietà effettiva dei beni, dati riportati nella Delib. consiglio comunale 8 marzo 1985 e nel piano particellare del 2 novembre *****88, valutazioni queste confermate anche dalle prove testimoniali espletate nel giudizio.

Si tratta di apprezzamenti di fatto coerenti e incensurabili, se si considera che nel giudizio sul risarcimento del danno derivante dall’illegittimo protrarsi delle occupazioni finalizzate alle espropriazioni l’indagine sulla spettanza all’istante del diritto di proprietà sul bene si traduce nell’accertamento della qualità di titolare del credito risarcitorio e, pertanto, può essere condotta con gli ordinari strumenti probatori, ed anche con il ricorso a presunzioni, non richiedendosi la rigorosa dimostrazione del diritto dominicale prescritta in tema di rivendicazione (Cass. n. 30705 del 2018, n. 7904 del 2012).

Il secondo motivo, con il quale il Comune di Vallermosa denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e art. 459 c.c., nonchè omesso esame di fatti decisivi, contesta che M.A. e M.T. fossero legittimati a proporre la domanda nel 1993, quando la proprietà, appartenente ad M.E. (deceduto il *****), era stata già trasferita al Comune a seguito dell’irreversibile trasformazione intervenuta in data 30 luglio 1991 ed essendo la dichiarazione di successione presentata solo successivamente (a novembre 2001).

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello correttamente ha osservato che la dichiarazione di successione (sulla quale il ricorrente si sofferma anche nel primo motivo) costituisce mero adempimento fiscale e non determina l’acquisto della proprietà in via ereditaria, quindi non rileva quando essa sia stata presentata, avendo i M. (chiamati alla successione al momento della morte del de cuius) acquisito la qualità di eredi “quantomeno dal 1993 tacitamente con la stessa proposizione dell’azione”. La questione riguardante l’irreversibile trasformazione è nuova, essendo stata introdotta solo in questa sede, e comunque la censura è infondata poichè trascura il principio secondo cui è la domanda risarcitoria che segna la perdita della proprietà del bene illegittimamente occupato, essendo in essa implicita la rinunzia del proprietario al suo diritto e la cessazione dell’illecito permanente, non essendo l’occupazione illecita (acquisitiva o usurpativa) idonea a comportare l’acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene occupato (Cass. n. 12961 del 2018, n. 22929 del 2017).

Il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 116 c.p.c. e omesso esame di fatti decisivi, imputa alla Corte di merito di avere recepito acriticamente le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e sovrastimato il valore di mercato degli immobili.

Il motivo è inammissibile, essendo volto a sovvertire l’insindacabile apprezzamento dei giudici di merito, i quali nella stima del valore di mercato hanno tenuto conto delle osservazioni dei consulenti di parte e accolto alcuni rilievi, provvedendo anche a variare la stima originaria.

Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 5200,00.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 1, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020

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