LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20221/2014 proposto da:
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE CALTANISSETTA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 78, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IELO, rappresentata e difesa dall’avvocato FERDINANDO MAURELLI;
– ricorrente –
e contro
C.O.A., ASSESSORATO ALLA SALUTE DELLA REGIONE SICILIA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 105/2014 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 05/03/2014, R.G.N. 258/2011.
RILEVATO
1 Che, con sentenza del 5 marzo 2014, la Corte d’Appello di Caltanissetta, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Gela, accoglieva la domanda proposta da C.O.A. nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Caltanissetta, avente ad oggetto il riconoscimento in favore del Dott. C., medico convenzionato di medicina generale alla corresponsione degli importi residuati a seguito dell’erronea determinazione del compenso aggiuntivo previsto dal D.P.R. n. 484 del 1996, art. 45, lett. c), con le modifiche di cui al D.P.R. n. 270 del 2000, art. 45 e successive, per il periodo 1.1.1995/31.12.2006, limitatamente al periodo 16.1.2003/31.12.2006, per risultare il decorso del termine prescrizionale interrotto soltanto con atto in data 17.1.2008;
2 che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, contrariamente al primo giudice, la ASP di Caltanissetta legittimata passiva all’azione, in luogo dell’Assessorato regionale alla Salute, per intercorrere il rapporto in convenzione esclusivamente con l’Azienda sanitaria, ente strumentale della Regione dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, inammissibile la chiamata in causa dello stesso Assessorato regionale da parte dell’ASP, non potendo questa avanzare nei confronti dello stesso Assessorato alcuna domanda di manleva, avendo questo puntualmente assolto all’unico obbligo sul medesimo gravante e nei confronti esclusivi dell’ASP, concernente il finanziamento in favore di questa per il pagamento dei relativi importi, inammissibile in quanto nuova l’estensione richiesta dal Dott. C. della propria domanda nei confronti dell’Assessorato, sussistente, nei limiti della prescrizione, risultata interrotta con atto del 17.1.2008, la pretesa retributiva del Dott. C., in quanto, alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte con la decisione resa a sezioni unite n. 26633/2009, gli importi spettanti al medesimo a titolo di compenso aggiuntivo risultano superiori al percepito nella misura correttamente individuata dall’espletata CTU;
3 che per la cassazione di tale decisione ricorre l’Azienda Sanitaria Provinciale di Caltanissetta, affidando l’impugnazione a tre motivi, in relazione alla quale il Dott. C., pur intimato, non ha svolto alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
4 che, con il primo motivo, posto sotto la rubrica “Errata omessa e/o insufficiente motivazione – Decisione ultra petita”, l’Azienda Sanitaria ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità della pronunzia di inammissibilità della chiamata in causa da parte dell’Azienda Sanitaria ricorrente nei confronti dell’Assessorato regionale alla Salute, fondata, a suo dire, sulla pretesa ad ottenere dall’Amministrazione onerata del finanziamento dell’emolumento le somme eventualmente riconosciute all’istante, chiamata in causa su cui si era pronunciato adesivamente lo stesso istante;
5 che, con il secondo motivo, così rubricato “Difetto di legittimazione passiva. Omessa pronunzia”, l’Azienda Sanitaria ricorrente imputa alla Corte territoriale di non aver statuito in ordine alla sollevata eccezione relativa al proprio difetto di legittimazione passiva;
6 che nel terzo motivo il medesimo vizio di omessa pronunzia è prospettato con riguardo all’eccepita prescrizione del credito;
7 che il primo motivo deve ritenersi inammissibile essendo il vizio di motivazione posto a base dell’impugnazione non più censurabile ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e, dal canto suo inconferente il vizio di ultrapetizione ulteriormente denunciato, non essendo questo ravvisabile laddove si censuri il rigetto di una statuizione che aveva trovato l’adesione della controparte;
8 che parimenti inammissibile si rivela anche il secondo motivo, non ricorrendo il denunziato vizio di omessa pronunzia con riguardo alla sollevata eccezione relativa al difetto di legittimazione passiva della ASP su cui la Corte territoriale si è puntualmente espressa in conformità all’orientamento a riguardo accolto da questa Corte (cfr. Cass. 28.4.2004, n. 8163) che ne riconosce la sussistenza in relazione al disposto del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, che qualifica l’Azienda sanitaria quale ente strumentale della Regione dotato di personalità giuridica ed autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile gestionale e tecnica;
9 che ancora inammissibile risulta il terzo motivo non ricorrendo, anche questa volta, il vizio di omessa pronunzia denunciato con riferimento all’eccepita prescrizione del credito, denuncia che, peraltro, neppure trova corrispondenza nel successivo svolgimento del motivo che, inficiato comunque da un chiaro difetto di specificità, per non essere avvalorato quanto dedotto dalla trascrizione o dall’allegazione della documentazione probante, ha riguardo alla tardività della produzione documentale in relazione alla quale la Corte territoriale avrebbe maturato il proprio convincimento in ordine alla ricorrenza di atti interruttivi della prescrizione del credito azionato, tardività, del resto, espressamente riferita a documentazione diversa da quella cui la Corte territoriale ha ricollegato l’effetto interruttivo;
10 che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile, senza attribuzione delle spese, per non aver l’intimato svolto alcuna attività difensiva.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020