LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21193/2014 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTO FIORENTINO 41, presso lo studio dell’avvocato CARMELO FABRIZIO FERRARA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente con mandato –
e contro
POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. *****;
– intimata –
avverso la sentenza n. 112/2014 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 05/03/2014, R.G.N. 646/2011.
RILEVATO
che con sentenza del 5 marzo 2014, la Corte d’Appello di Caltanissetta, confermava la decisione resa dal Tribunale di Gela e rigettava la domanda proposta da C.A. nei confronti del Ministero della Giustizia e di Poste Italiane S.p.A., volta ad ottenere, in via principale, il riconoscimento del diritto a percepire dal Ministero della Giustizia, nei cui ruoli era transitato ai sensi della L. n. 244 del 2007, art. 3, comma 112, mediante la procedura di mobilità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, a decorrere dal 29.12.2008 in qualità di cancelliere, con inquadramento in area B, posizione economica B3, dopo avervi prestato servizio sin dall’1.1.1998 in comando da Poste Italiane alle cui dipendenze era stato assunto l’1.6.1974, un trattamento economico non inferiore a quello in godimento presso il precedente datore nonchè il riconoscimento della maturata anzianità ed, in via subordinata, il ripristino dello status originario di dipendente di Poste Italiane con attribuzione del relativo trattamento economico;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’infondatezza della domanda principale, quanto al trattamento economico, per non essere invocabile nella specie la previsione di cui il D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202, intesa ad assicurare, in caso di trasferimento, l’invarianza del trattamento economico mediante il riconoscimento di un assegno ad personam, trattandosi di passaggio avvenuto non tra amministrazioni statali, ma da una società sia pure pubblica verso una amministrazione dello Stato e, quanto all’anzianità pregressa, in ragione del rilievo assorbente che, nell’ipotesi di mobilità del lavoratore che presso l’amministrazione di destinazione già prestava attività in posizione di fuori ruolo o di comando, riveste, ai fini dell’inquadramento del lavoratore medesimo, la posizione da questi posseduta nell’ambito della precedente fase del rapporto, dovendo in relazione ad essa essere individuata la collocazione maggiormente corrispondente nel quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile nell’amministrazione di destinazione ed infondata la domanda svolta in via subordinata non avendo il lavoratore, a fronte del perfezionamento della procedura di mobilità, alcun titolo ad impugnare la cessione e chiedere il ripristino del precedente status;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a quattro motivi, in relazione alla quale il Ministero della Giustizia si è limitato a rilasciare delega per la difesa nell’udienza di trattazione e Poste Italiane S.p.A. non ha svolto alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 30 e 31 e art. 2112 c.c., lamenta la non conformità a diritto della statuizione con la quale la Corte territoriale ha escluso l’applicabilità nella specie del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202 e dunque la spettanza dell’assegno ad personam volto a garantire al lavoratore pubblico, in caso di passaggio ad altra amministrazione, l’invarianza del trattamento economico;
che, con il secondo motivo il medesimo vizio è prospettato con riferimento alla statuizione recata dall’impugnata sentenza intesa a negare il riconoscimento dell’anzianità pregressa, sulla base di un orientamento di questa Corte che si assume essere inconferente e, pertanto, non idoneo a sostenere la pronunzia sul punto resa dalla Corte territoriale;
che con il terzo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c., il ricorrente, sul presupposto della configurabilità del passaggio all’amministrazione di destinazione con attribuzione di un trattamento economico inferiore come atto di rinunzia o transazione avente ad oggetto la quota di retribuzione ridotta, imputa alla Corte territoriale di non aver considerato l’intervenuta tempestiva impugnazione della stessa tale da determinarne l’annullamento;
che il quarto motivo, inteso a denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., è proposto condizionatamente all’accoglimento totale o parziale delle precedente ragioni di impugnazione;
che, relativamente ai suesposti motivi, si deve ritenere l’infondatezza dei primi tre e l’inammissibilità del quarto condizionato all’accoglimento totale o parziale dei precedenti;
che, in effetti, l’infondatezza del primo motivo discende dalla continuità che il Collegio ritiene di dover dare all’orientamento invalso presso questa Corte (cfr. Cass. 20.7.2018, n. 19437) ed al quale si è correttamente conformata la Corte territoriale per il quale va escluso il diritto alla percezione dell’assegno ad personam di cui al D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202, trattandosi di previsione riferita esclusivamente ai passaggi presso la stessa o altra amministrazione da parte dei dipendenti statali, ivi compresi i casi di accesso per concorso, non estensibile alle altre categorie di dipendenti pubblici;
che l’infondatezza del secondo motivo deriva anch’essa dall’adesione del Collegio all’orientamento espresso da questa Corte a sezioni unite con la sentenza del 10.11.2010, n. 22800 che, nell’ipotesi di immissione nei ruoli dell’amministrazione di personale che, dipendente di altro soggetto datore, ivi svolgeva in posizione di fuori ruolo o di comando, la propria attività lavorativa, esclude il riconoscimento a fini giuridici dell’anzianità pregressa maturata al momento dell’immissione in ruolo, rilevando, ai fini dell’inquadramento del lavoratore medesimo, esclusivamente la posizione da questi posseduta nell’ambito della precedente fase del rapporto, dovendo in relazione ad essa essere individuata la collocazione maggiormente corrispondente nel quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile nell’amministrazione di destinazione, mentre l’anzianità complessiva – come pure quelle specifiche maturate in precedenza nonchè le concrete professionalità acquisite ed ogni altro eventuale elemento significativo – può rilevare nei limiti derivanti dalla disciplina vigente presso il nuovo datore di lavoro, senza ricostruzione di carriera;
che, infine, la palese infondatezza del terzo motivo emerge in relazione alla evidente inconfigurabilità dell’esito della procedura di mobilità e degli effetti legali che ne discendono, anche con riguardo alla riduzione del trattamento economico ed al mancato riconoscimento dell’anzianità pregressa, quale situazione implicante da parte del lavoratore un atto di rinunzia o transazione di diritti derivanti dal rapporto di lavoro, suscettibile di annullamento ove impugnato entro sei mesi ex art. 2113 c.c., essendo gli effetti conseguenti alla procedura di mobilità previsti per legge e non disponibili dalle parti sì da essere oggetto di rinunzie o transazioni;
che, pertanto, il ricorso va rigettato senza attribuzione delle spese per non aver gli intimati svolto alcuna attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020