LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 17976/2018 proposto da:
I.M., elett.te domic. presso l’avv. Edulcia Piras che la rappres. e difende, con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;
– intimato –
avverso la sentenza del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata il 14/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2019 dal Consigliere Dott. CAIAZZO ROSARIO.
RILEVATO
CHE:
I.M., cittadina del *****, impugnò il provvedimento della Commissione territoriale che negò il riconoscimento della protezione internazionale con ricorso innanzi al Tribunale di Cagliari che, con decreto emesso il 14.5.18, lo respinse osservando che: non sussistevano i presupposti dello status di rifugiato, alla luce dei fatti narrati e della protezione sussidiaria, essendo da escludere che in caso di rimpatrio la ricorrente sarebbe esposta al rischio di pena capitale o trattamenti inumani, alla luce dell’inattendibilità di quanto dichiarato dal ricorrente al giudice, peraltro difforme da quanto invece narrato innanzi alla Commissione territoriale; era da escludere anche la protezione sussidiaria in quanto dalle informazioni acquisite (report Amnesty International 2016.2017) non si evinceva che nella regione di provenienza del ricorrente sussistesse violenza indiscriminata tale da costituire un pericolo concreto ma, piuttosto, di mera instabilità; era da escludere anche la protezione umanitaria non essendo stati allegati specifici elementi afferenti ad una situazione di vulnerabilità.
La I. ricorre in cassazione con due motivi. Non si è costituito il Ministero.
RITENUTO
CHE:
Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b e c, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto il Tribunale è incorso in un errore interpretativo, in quanto, da un lato, ha acquisito in maniera scorretta le fonti informative sulla situazione in *****, e, dall’altro lato, non ha considerato il pericolo reale nello stesso Paese circa l’orientamento sessuale.
Con il secondo motivo è dedotta l’erronea applicazione dell’art. 3 Cedu e delle norme dei decreti nn. 25/08 e 251/07, in ordine al concreto pericolo di subire persecuzioni in casi di rimpatrio a causa dell’orientamento sessuale della ricorrente.
I due motivi, esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi, sono inammissibili.
In particolare, la ricorrente si duole del fatto che il Tribunale abbia ritenuto il suo racconto inattendibile perchè contraddittorio ed incoerente rispetto alla narrazione resa innanzi alla Commissione territoriale, senza attivare i poteri istruttori d’ufficio al fine di accertare i presupposti della protezione internazionale.
Anzitutto, i motivi sono generici in ordine alla doglianza relativa all’inattendibilità della ricorrente circa il suo orientamento omosessuale (negato innanzi alla Commissione ed affermato davanti al giudice).
Invero, il Tribunale ha ritenuto intrinsecamente non credibile il racconto della ricorrente in ordine all’asserito suo orientamento sessuale, escludendo che avesse costituito la ragione dell’allontanamento dal Paese d’origine. Al riguardo, la ricorrente critica genericamente la motivazione del Tribunale senza dare contezza di fatti specifici attinenti al suo indicato orientamento sessuale e di eventuali atti persecutori o gravemente discriminatori, neppure citati.
Va osservato che questa Corte ha ritenuto che, in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., n. 16295/18).
Ne consegue che, in conformità di tale orientamento, l’inattendibilità della ricorrente preclude l’espletamento dei poteri ufficiosi che, nella fattispecie, avrebbero dovuto riguardare la situazione socio-politica del ***** in ordine agli orientamenti sessuali dei cittadini (situazione di cui la ricorrente non esplicita le concrete realizzazioni).
Nè la ricorrente ha indicato fonti internazionali informative specifiche sulla paventata persecuzione per motivi di orientamento sessuale.
Per quanto esposto, il riferimento – contenuto nel secondo motivo – al principio di non refoulement non coglie la ratio decidendi del decreto impugnato che ha infatti escluso la sussistenza dello status di rifugiato per l’assoluta non credibilità del racconto della ricorrente relativa alla suddetta persecuzione dettata da motivi di orientamento sessuale.
Ne consegue parimenti l’inammissibilità dei motivi, anche riguardo alla protezione sussidiaria ed umanitaria, considerato che le critiche dedotte sono fondate sulle medesime doglianze sopra esaminate, senza allegare specifiche situazioni afferenti alle diverse fattispecie richiamate.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione del Ministero intimato. Considerata la documentata ammissione al gratuito patrocinio, non s’applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020