LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12448/2018 proposto da:
O.G., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Turella Svetlana, giusta procura speciale lo calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno; Commissione Territoriale riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositato il 03/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2019 dal consigliere Dott. Paola VELLA.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Trento ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino ***** O.G., di etnia ***** e religione *****, diretto a ottenere lo status di rifugiato, ovvero la protezione umanitaria o quella umanitaria, per essere stato costretto a lasciare la sua città (*****) per aver ucciso per legittima difesa un uomo durante un violento conflitto della sua comunità con una comunità confinante generato dalla scoperta di un giacimento petrolifero in un terreno di proprietà della sua famiglia.
2. Il giudice a quo ha ritenuto il racconto scarsamente credibile (perchè generico e non suffragato da alcun riscontro oggettivo), non più attuale (in quanto risalente al 2015) e comunque da riferire a vicende di natura privata, non risultando atti di persecuzione nè condanne; ha altresì escluso la sussistenza di uno stato di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno nella zona di provenienza del ricorrente (come da report annuale del Consiglio di sicurezza delle nazioni Unite del 26/12/2017 e rapporto UNHCR aggiornato al mese di novembre) nonchè di seri motivi umanitari.
3. Avverso detta decisione il richiedente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione. Gli intimati non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo si deduce la nullità del decreto per violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo il ricorrente mai proposto domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.
5. Il secondo mezzo prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, comma 1, lett. g), 3 e 14 lett. b) e c) nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in uno a omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizi, con riguardo alla copiosa documentazione diretta a suffragare la situazione di violenza generalizzata esistente in Nigeria.
6. Analogamente con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 25 comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 comma 6 e 19, unitamente all’omesso esame di fatto decisivo, con riguardo all’elevato grado di violenza presente nell’Edo State, alle violazioni dei diritti umani ivi perpetrate e all’elevato grado di integrazione del ricorrente in Italia.
5. Tutte le censure presentano profili di inammissibilità.
6. In particolare, la prima difetta di decisività, sia perchè la motivazione resa con riguardo ad una domanda non presentata non inficia di per sè la validità della motivazione resa sulle ulteriori domande presentate, sia perchè comunque le argomentazioni così spese dal giudice valgono comunque a completare il quadro della situazione particolare del richiedente.
7. I restanti motivi contengono censure motivazionali difformi dal paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – come riformulato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis – il quale contempla l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, ai cui fini il ricorrente è onerato di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 07/04/2014 n. 8503; conf., ex plurimis, Cass. 29/10/2018 n. 27415).
7. Essi inoltre censurano un apprezzamento di fatto – con riguardo alla esistenza o meno di una situazione di violenza diffusa nell'*****, tale da giustificare la concessione della protezione sussidiaria (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14), ovvero il rilascio del permesso di soggiorno (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5) – che, in quanto riservato al giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità (ex multis, Cass. 14221/2019). D’altro canto, in numerosi casi analoghi questa Corte ha ritenuto corrette in diritto, e correttamente motivate, le decisioni di merito che avevano escluso la sussistenza nel territorio dell'***** di condizioni legittimanti la protezione internazionale (Cass. 1718/2019, 32852/2018, 28433/2018, 28425/2018, 28119/2018, 9206/2018, 2682/2018).
8. Infine, il tribunale ha anche rilevato la carenza di qualsiasi allegazione in fatto riconducibile alle previsioni normative e giurisprudenziali in tema di protezione umanitaria.
9. L’assenza di difese delle parti intimate esonera dalla pronuncia sulle spese.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020