LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13400/2018 proposto da:
U.V.E., elettivamente domiciliato in Roma, V. Varrone 9, presso lo studio dell’avvocato Mendoza Giuliano che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fabbrini Alessandro giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno; Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositato il 03/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2019 dal consigliere Dott. VELLA Paola.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Trento ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino nigeriano U.V.E. per ottenere lo status di rifugiato, ovvero la protezione umanitaria o quella umanitaria, perchè costretto a lasciare il suo Paese – nonchè la moglie e i tre figli che vivono nella città di ***** (*****) – per sfuggire alle minacce di morte dei cugini, i quali avevano ucciso suo padre per ragioni ereditarie (avendo questi ottenuto un titolo giudiziale che riconosceva il suo diritto di occupare alcuni terreni), senza che la polizia fosse intervenuta a causa della posizione influente dello zio, che da “convinto musulmano” non accettava l’idea che detti terreni passassero in eredità al nipote, convertitosi al cristianesimo; il ricorrente aveva altresì riferito di essersi trattenuto in Libia da febbraio a maggio 2016 – lavorando come imbianchino ma subendo le violenze degli “*****” – e di essere infine approdato in Italia, ove di recente era riuscito ad avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
2. Avverso detta decisione il richiedente ha proposto due motivi di ricorso per cassazione. Gli intimati non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Con il primo motivo si deduce la “violazione, falsa ed erronea interpretazione e/o applicazione del D.Lgs. n. 251 del 20107, artt. 3, 7 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 comma 1 bis”, con riguardo alla invocata protezione internazionale, per avere il tribunale ritenuto la natura meramente privatistica della vicenda, senza essersi “mai espresso nel senso della non credibilità ovvero non coerenza di quanto dichiarato dal ricorrente”.
3.1. La censura è infondata poichè contrariamente a quanto si sostiene il tribunale, all’esito di un’ampia e puntuale disamina della normativa applicabile in tema di status di rifugiato e protezione sussidiaria – segnatamente dei criteri di valutazione dell’attendibilità del richiedente D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, – ha espressamente condiviso il giudizio della Commissione territoriale che aveva ritenuto la storia narrata dal ricorrente “scarsamente credibile, generica, non suffragata da alcun elementi oggettivo e soggettivo e comunque riferibile a vicende di natura privata, sia pure motivate da ragioni di contrasto religioso”, sì da non potersi ravvisare alcuna forma di persecuzione personale nei suoi confronti per motivi etnici, religiosi, sociali o politici. Il giudice a quo ha altresì osservato che difetterebbe anche il requisito dell’attualità del preteso pericolo di persecuzione (trattandosi di fatti “risalenti al *****”) ed ha aggiunto che, in sede di interrogatorio libero, lo stesso ricorrente aveva dichiarato “che vi era stata una pronuncia dell’autorità giudiziaria che, investita della questione, aveva riconosciuto che la proprietà del terreno spettasse al padre del ricorrente, anche se *****”; di qui il riscontro alla ritenuta natura privatistica della vicenda.
3.2. Solo incidentalmente si aggiunge che, in numerosi casi analoghi, questa Corte ha ritenuto corrette in diritto, e correttamente motivate, le decisioni di merito che avevano escluso la sussistenza nel territorio dell'***** di condizioni legittimanti la protezione internazionale (Cass. 1718/2019, 32852/2018, 28433/2018, 28425/2018, 28119/2018, 9206/2018, 2682/2018).
4. Con il secondo mezzo si denunzia la “violazione, falsa ed erronea interpretazione e/o applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, art. 3 della Conv. Europea Diritti dell’Uomo e 2 Cost. – errata valutazione dei presupposti e mancata concessione della protezione umanitaria”, per non avere il tribunale valutato cumulativamente il fatto che in Nigeria le condizioni di vita sono difficili, sebbene si tratti di un “Paese in via di sviluppo, non tra i più poveri dell’Africa”; che il ricorrente ha lasciato il suo Paese a 22 anni (in realtà a 31 anni), orfano di padre e con una modesta scolarizzazione; che manca da casa da oltre 3 anni; che da ultimo ha trovato lavoro a tempo indeterminato presso una falegnameria.
4.1. La censura è inammissibile poichè investe un apprezzamento in fatto che, in quanto riservato al giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità (ex multis, Cass. 14221/2019). Invero il tribunale ha affermato che “la documentazione prodotta non prova che U.V.E. si trovi in una condizione di vulnerabilità”, nè egli ha “alcun serio motivo umanitario che possa giustificare la sua permanenza in Italia, mentre presenta forti legami e radicalizzazioni con il proprio paese, poichè in ***** vive tutta la sua famiglia”.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
6. Non sussistono i presupposti per la pronuncia sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.
7. Poichè la parte soccombente risulta ammessa al Patrocinio a spese dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater ai fini del cd. raddoppio del contributo unificato. (Cass. 28433/2018, 13935/2017, 9938/2014).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020