LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23240/2018 proposto da:
I.K., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Pacitti Claudine, giusta procura speciale in calce ai ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
e contro
Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositato il 08/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2019 dal consigliere Dott. Paola VELLA.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Trento ha rigettato il ricorso proposto da I.K., cittadino *****, che chiedeva la protezione internazionale poichè asseritamente costretto a lasciare il suo Paese a seguito delle minacce di morte da parte di un’altra famiglia che rivendicava la proprietà di un terreno.
2. Il racconto è stato ritenuto poco credibile e comunque inidoneo a fondare lo status di rifugiato; sulla protezione sussidiaria si è osservato che la situazione di estrema insicurezza esistente in Pakistan non è tale da configurare un conflitto armato generalizzato; sulla protezione umanitaria è stata infine rilevata l’assenza di profili di vulnerabilità e di un processo di integrazione nel territorio italiano.
3. Avverso detta decisione il richiedente ha proposto un motivo di ricorso per cassazione, cui il Ministero ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Il ricorrente censura il diniego di protezione sussidiaria per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5)”, stante il grave rischio cui andrebbe incontro in caso di rientro in *****, alla luce della situazione di violenza e instabilità diffusa nel paese – specie nella regione del ***** di sua provenienza evincibile dal rapporto annuale di Amnesty international 2014-2015 e dal sito ***** del Ministero degli esteri.
5. Il motivo è inammissibile perchè prospetta una censura motivazionale senza rispettare i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (applicabile ratione temporis), che contempla l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, imponendo al ricorrente l’onere di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 07/04/2014 n. 8503; conf., ex plurimis, Cass. 29/10/2018 n. 27415).
6. La censura inoltre contesta un apprezzamento di fatto l’esistenza o meno di una situazione di violenza generalizzata nel paese di provenienza che giustifichi l’invocata protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 – non sindacabile in sede di legittimità, in quanto riservato al giudice di merito (ex multis, Cass. 14221/2019), che nel caso di specie ha dettagliatamente delineato, attingendo alle relative “COI”, le condizioni di sicurezza in *****, ritenendo però che esse non integrino i presupposti previsti dalla legge a fondamento della protezione sussidiaria.
7. Quanto al rilievo (non consacrato in motivo) per cui il convincimento del tribunale sulla non credibilità del racconto non sarebbe basato sull’audizione personale del ricorrente, nè sulla visione della videoregistrazione, è sufficiente rammentare che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, “l’obbligo di fissazione dell’udienza non comporta automaticamente la necessità di una nuova audizione (Cass. 17717/2018, 3935/2019), dal momento che “nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, ancorchè non obbligatoria in base alla normativa vigente ratione temporis (anteriore alle modifiche intervenute con il D.L. n. 13 del 2017 conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017), all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero” (Cass. 5973/2019; cfr. Corte giust. 26 luglio 2017, Moussa Sacko; Corte EDU 12 novembre 2002, Dory c. Suede)” (Cass. 17/04/2019, n. 10786).
9. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese in favore del Ministero controricorrente, liquidate in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020