Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.238 del 09/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24841-2018 r.g. proposto da:

S.L., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Roberto Dalla Bona, elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe Marcora n. 18, presso lo studio dell’Avvocato Guido Faggiani;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del legale Ministro rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata in data 11.6.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/9/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano – decidendo sull’appello proposto da S.L., cittadino del Senegal, avverso la ordinanza emessa in data 16.6.2017 dal Tribunale di Milano (con la quale erano state respinte le istanze di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente) – ha confermato il provvedimento impugnato, rigettando, pertanto, l’appello.

La corte del merito ha ritenuto che fosse corretta la valutazione del primo giudice sulla non credibilità del richiedente e della vicenda raccontata da quest’ultimo, come ragione determinante il suo espatrio dal ***** e dunque sull’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato: il richiedete ha infatti narrato di essere stato costretto a lasciare il suo paese perchè coinvolto, in occasione della uccisione dello zio, nell’omicidio di un ragazzo durante la fuga dal paese. La corte territoriale ha ritenuto dunque corretta e condivisibile la valutazione di intrinseca contraddittorietà e lacunosità del racconto del richiedente e che il motivo di appello avanzato sul punto da parte di quest’ultimo fosse generico e dunque inammissibile; ha inoltre evidenziato, quanto alla richiesta di protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, che, pur riguardando la vicenda narrata un fatto omicidiario, la parte ricorrente non avesse neanche allegato il pericolo di trattamenti inumani, così rendendo la domanda non accoglibile in ordine a questa ultima forma di protezione; ha inoltre evidenziato che in ***** non esiste una condizione di violenza generalizzata, tale da consentire il riconoscimento dell’invocata protezione sussidiaria; ha infine ritenuto non fondata la domanda di protezione umanitaria perchè il richiedente non si trovava in una condizione di vulnerabilità, condizione che non può certo essere riconosciuta per la sola situazione di disagio economico del richiedente nel suo paese di origine.

2. La sentenza, pubblicata il 11.6.2018, è stata impugnata da S.L. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, error in procedendo e violazione di legge in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 alla Direttiva 2004/83/CE (recepita nel D.Lgs. n. 251 del 2007) e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Si denuncia l’erronea applicazione del procedimento di valutazione della prova delineato dal D.Lsg. n. 251 del 2007, art. 3 in punto di valutazione di credibilità del richiedente, e la mancata valutazione da parte della corte di merito del profilo della tutelabilità o meno da parte delle autorità statali della posizione soggettiva del richiedente in riferimento al pericolo rappresentato. Si evidenzia pertanto la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione alla mancata attivazione dei poteri istruttori d’ufficio per indagare la condizione del ***** proprio in riferimento alla possibilità di protezione statale in caso di minacce del genere di quelle rappresentate dal richiedente.

2. Con il secondo motivo si denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e alla Direttiva 2004/83/CE (recepita nel D.Lgs. n. 251 del 2007). Si denuncia come carente l’attività istruttoria officiosa da parte dei giudici del merito per l’accertamento delle condizioni per il riconoscimento della invocata protezione sussidiaria.

3. Con il terzo motivo si articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, error in procedendo e violazione e falsa applicazione di norme di legge, in relazione all’art. 5, comma 6 TUI, alla Direttiva 2004/83/CE (recepita nel D.Lgs. n. 251 del 2007), all’art. 2 Cost. e all’art. 8 CEDU, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

4. Con il quarto motivo si deduce, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, error in procedendo e violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 6 CEDU e art. 101 c.p.c. Si denuncia la violazione del contraddittorio processuale per non aver i giudici del merito sottoposto al contraddittorio processuale, anche tramite la previa concessione di un termine, le informazioni discendenti dal COI che invece erano state acquisite autonomamente dal tribunale e valutate senza un previo contraddittorio tra le parti.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Il primo motivo di doglianza è inammissibile, atteso che la questione della possibilità dell’intervento statale a protezione della posizione soggettiva del richiedente dal pericolo narrato rappresenta doglianza nuova, proposta per la prima volta in questo giudizio di cassazione, non emergendo dalla lettura della sentenza impugnata la sua allegazione nei precedenti gradi merito e non avendo, peraltro, il ricorrente indicato la sua eventuale deduzione negli atti difensivi delle precedenti fasi giudiziali.

Va aggiunto che la doglianza risulta essere del tutto irrilevante in relazione alla vicenda narrata, atteso che il ricorrente ha raccontato di essere coinvolto in una vicenda omicidiaria e dunque non è dato comprendere da quale minaccia esterna dovrebbe essere protetto il richiedente da parte dell’autorità statale.

Ciò che potrebbe venire in rilievo è, invece, l’altra protezione internazionale invocata, e cioè quella sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), il cui riconoscimento è stato tuttavia escluso dalla corte di merito per la mancanza di una minima allegazione sul punto da parte del ricorrente e che, peraltro, non è stata efficacemente censurata in questa sede da parte del ricorrente stesso.

Peraltro, la parte ricorrente non coglie neanche la ratio decidendi della motivazione impugnata che riposa sulla rilevata non credibilità del richiedente e del suo racconto, ratio che non è stata in alcun modo censurata dal ricorrente.

5.2 Il secondo motivo risulta essere anch’esso inammissibile: si articolano solo doglianze generiche e volte ad una rivalutazione di merito delle condizioni di pericolosità interna del *****, profilo quest’ultimo non scrutinabile dalla Corte di legittimità se non collegato ad un eventuale vizio argomentativo, declinato nei ristretti margini di censura previsti ora dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Peraltro, la motivazione impugnata, seppure in modo sintetico, ha evidenziato gli argomenti attraverso i quali la corte di merito ha concluso per l’insussistenza di una condizione di violenza generalizzata in *****, tale da non consentire il riconoscimento della reclamata protezione sussidiaria.

5.3 Il terzo motivo risulta essere anch’esso inammissibile, posto che la censura non coglie, anche qui, la ratio decidendi sottesa al diniego della protezione umanitaria, e cioè l’assenza di una condizione di effettiva vulnerabilità del richiedente e comunque l’irrilevanza di una condizione di mero disagio economico per legittimare la richiesta della predetta protezione.

5.4 Non supera il vaglio di ammissibilità neanche la quarta censura, giacchè la doglianza risulta essere stata presentata per la prima volta in questo giudizio di legittimità.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Non è dovuto neanche il doppio contributo in ragione dell’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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