Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.24399 del 03/11/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25636-2013 proposto da:

FORNO SPIGA D’ORO DI D.R.E. E D.R.E. SNC, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VALNERINA 40, presso lo studio dell’avvocato GINO SCARTOZZI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE III ROMA UFFICIO CONTROLLI, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 127/2013 della COMM. TRIB. REG. del Lazio, depositata il 28/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2020 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

RILEVATO

che con sentenza n. 127/22/13 pubblicata il 28 marzo 2013 la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto dalla Forno Spiga d’Oro di D.R.E. e D.R.E. s.n.c. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 90/53/10 con la quale era stato a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla medesima società avverso l’atto di contestazione n. ***** emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate, e con il quale le erano state applicate le sanzioni di Euro 299,10 ed Euro 714,40 per l’omesso versamento di ritenute alla fonte, relativamente all’anno di imposta 2002 per complessivi Euro 3.572,00 e per ritardato versamento di ritenute alla fonte per Euro 997,00. La Commissione tributaria regionale ha considerato ininfluente la pronuncia del tribunale del Lavoro di Roma, confermata dalla Corte d’Appello, favorevole alla contribuente avendo rigettato la domanda dell’INPS intesa ad ottenere il versamento dei contributi in relazione a rapporti di lavoro di dipendenti in nero della medesima società, ed ha invece considerato avente fede privilegiata il processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza che aveva riscontrato la presenza di lavoratori in nero sulla base delle dichiarazioni raccolte e della documentazione extracontabile rinvenuta e sulla quale erano annotati alcuni nomi di lavoratori e la retribuzione da essi percepita;

che la Forno Spiga d’Oro di D.R.E. e D.R.E. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi illustrati da successiva memoria;

che l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo scopo di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza;

che l’agente della riscossione, allora Equitalia S.p.A., è rimasta intimata.

CONSIDERATO

che con il primo motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla mancata considerazione delle sentenze dei giudici del lavoro che avevano affermato l’insussistenza di rapporti di lavoro subordinato in nero, ed alla considerazione dell’indicazione assai vaga ed indeterminata di alcuni lavoratori senza che ne venissero indicate neanche le mansioni svolte;

che con il secondo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alle contestazioni del verbale redatto dalla Guardia di Finanza posto a fondamento dell’accertamento impugnato;

Con il terzo motivo si lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguardo all’affermata fede privilegiata del verbale redatto dalla Guardia di Finanza e che si riferisce solo alla provenienza dell’atto e non a quanto in esso contenuto;

Che i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente. Entrambi devono essere dichiarati inammissibili in relazione alla medesima articolazione delle rispettive censure, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione anteriore alla modifica apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, essendo viceversa, nella fattispecie in esame, applicabile ratione temporis il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, attualmente vigente, trattandosi di ricorso per cassazione proposto avverso sentenza depositata nel 2013.

Ne consegue che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. SU n. 8053/2014), la contribuente avrebbe dovuto dolersi dell’omesso esame di fatto storico, principale o secondario, oggetto di discussione tra le parti, che, ove debitamente esaminato, avrebbe determinato un esito diverso del giudizio, restando invece inammissibile, nel contesto di un impianto motivazionale che consente comunque il controllo sulla ratio decidendi, ciascuna censura con la quale si lamenta la carenza motivazionale della decisione impugnata per insufficiente o contraddittoria motivazione;

Che anche il terzo motivo è inammissibile, oltre che per quanto già sopra osservato in relazione al parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la censura relativa alla violazione dell’art. 2700 c.c. non si confronta con la ratio decidendi. La sentenza impugnata, invero, non attribuisce affatto natura di fede privilegiata al PVC redatto dalla Guardia di Finanza circa l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, ma si basa sul contenuto dei prospetti quali rinvenuti, tanto che espressamente riferisce di dati riepilogativi e non interpretati dal verificatori; nè risulta censurato per violazione delle norme in tema di accertamento presuntivo il riferimento al valore indiziario della contabilità informale rinvenuta presso l’esercizio commerciale;

che, con particolare riferimento alle sentenze del giudice del lavoro che hanno escluso l’esistenza di rapporti di lavoro subordinato con riferimento alla richiesta di versamento di contributi da parte dell’I.N.P.S., va osservato che, da un lato non è comprovato il passaggio in giudicato mediante apposita attestazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., e, dall’altro, che la produzione solo in allegato alla memoria è tardiva in quanto, ove mai formatosi il giudicato per omessa impugnazione nei termini della sentenza della Corte d’Appello di Roma quale giudice del lavoro, peraltro non notificata, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. alla controparte costituita, esso sarebbe in ogni caso inopponibile in questa quale giudicato esterno, essendo risalente la sua formazione, quand’anche avvenuta, in epoca di gran lunga anteriore alla proposizione del ricorso per cassazione (cfr. Cass. SU n. 13916/2006);

che nulla è a disporsi sulle spese non avendo svolto le parti vittoriose alcuna attività difensiva.

PQM

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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