LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24147/2018 proposto da:
M.S.I., elettivamente domiciliato in Campobasso, via Mazzini 112, presso lo studio dell’avv. Ennio Cerio, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 1304/2018 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il 26/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/09/2019 da Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- M.S.I., cittadino *****, ha proposto ricorso avanti al Tribunale di Campobasso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Salerno (sezione di Campobasso) di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di quello di riconoscimento della protezione umanitaria. Con decreto depositato in data 26 giugno 2018, Il Tribunale molisano ha rigettato il ricorso.
2.- Per quanto qui ancora in interesse, il Tribunale ha osservato, in particolare, che, in punto di protezione sussidiaria, la richiesta avanzata “non ha pregio in quanto la zona di provenienza del ricorrente (Bangladesh) non rientra tra quelle in cui emerge un conflitto al livello di guerra civile e lo stesso ultimo rapporto di Amnesty International 2017-2018 (Formigine, febbraio 2018 – p. 282 ss.) non ha evidenziato specifici episodi di conflitto armato nella regione di provenienza del ricorrente” (la pronuncia pure richiama “*****).
In relazione alla richiesta di protezione umanitaria, poi, ha riscontrato, poi, che “i timori di persecuzione politica personale in caso di rientro in patria sono del tutto astratti e congetturali”; inoltre, il “ricorrente non ha particolari legami familiari con il territorio italiano, nè manifesta patologie che debbano essere necessariamente curate in Italia”.
3.- Avverso questo provvedimento M.S.I. propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo.
Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- Il motivo di ricorso proposto dal ricorrente – riferito al tema della protezione sussidiaria, come a pure a quello della protezione umanitaria – assume violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.
In particolare, il ricorrente rimprovera al decreto impugnato la mancanza di “valutazione, mediante fonti autorevoli, della situazione del paese di origine del richiedente, cui il giudice del merito era tenuto. La misura di protezione internazionale è stata negata sul rilievo che non in tutto il paese di origine del richiedente la situazione sarebbe caratterizzata da violenza indiscriminata. In particolare la carenza di indagine e la conseguente violazione del citato art. 8 si coglie dalla genericità delle informazioni relative alla condizione generale del Bangladesh”.
La detta violazione del dovere di cooperazione istruttoria – precisa poi il ricorrente – non si verifica, peraltro, solo per il tema della protezione sussidiaria: il “Tribunale si è limitato a valutare solamente due aspetti della protezione umanitaria”; tuttavia, tale protezione può essere riconosciuta anche “in caso di temporanea impossibilità di rimpatrio a causa dell’insicurezza del paese o della zona di origine”.
5.- Il motivo di ricorso è inammissibile.
Quanto al tema della protezione sussidiaria, va rilevato che il Tribunale ha esaminato l’articolata situazione socio politica della Bangladesh: sulla scorta, in specie, delle risultanze fornite da un report di Amnesty International da ritenersi senz’altro aggiornato (oltre che del rapporto COI). Nè il ricorrente illustra le ragioni per cui, contro ogni evidenza, ritiene tale report proveniente da fonte “non autorevole”; e neppure indica fonti che vengano a smentire le informazioni contenute in detto report con riferimento alla situazione in genere del Bangladesh ovvero della provincia di *****. Pertanto, il motivo appare in sostanza inteso alla richiesta di un nuovo esame del merito della situazione del Paese di origine del ricorrente.
Quanto poi alla richiesta di protezione umanitaria, è da rilevare, poi, che il ricorso non viene neppure a indicare la sussistenza di una situazione di vulnerabilità che sia specifica alla persona del richiedente.
6.- In mancanza di costituzione del Ministero intimato, non si deve procedere alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020