LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17162-2018 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MAXIMO RUSSO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZALE CLODIO, 32, presso lo studio dell’avvocato LIDIA CIABATTINI che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA ROMANO;
– controricorrente –
e contro
DIREZIONE PROVINCIALE SALERNO, REGIONE CAMPANIA;
– intimate –
avverso la sentenza n. 10270/4/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il 06/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI VITTORIO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione tributaria provinciale di Salerno, con sentenza n. 4600/15, sez 21, rigettava il ricorso proposto da C.L. avverso l’avviso di iscrizione ipotecaria ***** per irpef, iva, dir ann. CCIAA; irap e tasse automobilistiche relativi a cartelle esattoriali rimaste insolute Avverso detta decisione il contribuente proponeva appello innanzi alla CTR del Campania sez dist. Salerno.
L’Agenzia delle Entrate e la regione Campania si costituivano in giudizio La Commissione regionale, con sentenza 10270/6/2017,, accoglieva parzialmente l’impugnazione.
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente sulla base di motivo.
Hanno resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle entrate-riscossione
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente contesta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto infondato, in quanto generico, il predetto disconoscimento della documentazione prodotta.
Il motivo che è manifestamente infondato, oltre che per alcuni versi inammissibile.
E‘ sufficiente rammentare sul punto il costante orientamento di questa Corte che anche recentemente ha riaffermato che “in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive” (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28096 del 30/12/2009, conf.: Sez. 1, Sentenza n. 14416 del 07/06/2013,; Sez. 3, Sentenza n. 7775 del 03/04/2014, la quale specifica altresì che la suddetta contestazione “va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale; Sez. 3, Sentenza n. 7105 del 12/04/2016,; Sez. 3, Sentenza n. 12730 del 21/06/2016, quest’ultima con specifico riferimento alla copia fotostatica delle celate di notificazione di cartelle di pagamento prodotte dall’agente della riscossione”. (Cass. 23902/17 e Cass. 24323/18).
E’ stato altresì aggiunto che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale..(Cass. 27633/18) Questa Corte ha altresì precisato che il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, ai sensi dell’art. 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento di una scrittura privata previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2, giacchè mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni; ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (Cass. n. 9439 del 2010; Cass. n. 11269 del 2004; Cass. n. 2419 del 2006; Cass. n. 24456 del 2011).
Il giudice, pertanto, non resta vincolato alla contestazione della conformità all’originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all’originale ai fini della idoneità come mezzo di prova ex art. 2719 c.c. (Cass. 14950/18).
Nel caso di specie la Commissione regionale sul presupposto della genericità del disconoscimento, ha effettuato un accertamento in punto di fatto ed espresso una valutazione di merito che, come tale è insindacabile, in questa sede di legittimità.
Del resto, la società ricorrente, in violazione del principio dell’autosufficienza del ricorso, non ha riportato in modo specifico e dettagliato nel ricorso quali argomentazioni ed elementi avrebbe in sede di merito sostenuto per supportare il proprio disconoscimento.
In particolare viene infatti riportato un brano (pg 13 delle memorie integrative di primo grado) ove si fa riferimento ad una generica falsità di un documento o comunque la non conformità all’originale ma in tale brano non viene spiegato in che cosa differisca dall’originale e per quali ragioni vi sono elementi per ritenerla falsa, nè sono indicati gli avvisi di ricevimento tra quelli oggetto di giudizio che venivano censurati, onde la citazione appare del tutto generica.
Va poi osservato che la specificità della contestazione che rileva è quella che deve avvenire nel primo atto successivo al deposito dell’atto contestato, non rilevando ulteriori argomentazioni svolte in prosieguo (cfr. Cass. n. 4476/09, n. 24456/11), onde, sotto tale aspetto, non appaiono appropriati gli argomenti (anch’essi generici) riferiti alla pagina 6 del ricorso in appello.
Manifestamente infondata è altresì l’ulteriore doglianza secondo cui l’Amministrazione non avrebbe provato il credito non producendo la cartella esattoriale.
Questa Corte ha infatti, a più riprese, affermato che, in tema di esecuzione esattoriale, qualora la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti esclusivamente di averne ricevuto la notificazione e l’agente per la riscossione dia prova della regolare esecuzione della stessa (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore, ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento (cfr. Cass. n. 1906/08, n. 14327/09, n. 11708/11, n. 1091/13), resta preclusa la deduzione di vizi concernenti la cartella non tempestivamente opposti, nè sussiste un onere, in capo all’agente, di produrre in giudizio la copia integrale della cartella stessa.(Cass. 21533/17).
Il ricorso va in conclusione respinto. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3500,00 oltre spese prenotate a debito. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2019.
Depositato in cancelleria il 10 gennaio 2020