Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.33 del 03/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25237/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati VINCENZO TRIOLO, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO;

– ricorrente principale –

contro

TRENITALIA S.P.A. – Società con socio unico, soggetta all’attività

di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO BONAMICO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

S.G.;

– intimato –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;

– ricorrente principale controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 385/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 05/05/2014 R.G.N. 776/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale;

udito l’Avvocato VINCENZO STUMPO;

udito l’Avvocato GIANNI’ GAETANO per delega verbale Avvocato ARTURO MARESCA.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 385/2014, ha respinto l’appello principale proposto dall’INPS nei riguardi di Trenitalia s.p.a. e di S.G., avverso la sentenza del Tribunale di Verbania che aveva parzialmente accolto l’opposizione di Trenitalia s.p.a. al decreto ingiuntivo ottenuto da S.G. nei confronti sia dell’ex datore di lavoro ( P.M. Ambiente s.p.a.) che della medesima Trenitalia s.p.a. in quanto obbligata solidale ex art. 1676 c.c. e D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, a titolo di t.f.r. e di spettanze retributive maturate a seguito della prestazione lavorativa resa con decorrenza dal 1.2.2006 al 3.12.2009, nell’ambito dell’appalto di servizi di pulizia intercorso tra le due imprese.

2. In particolare, il primo giudice, dopo aver autorizzato la chiamata in causa dell’INPS ed essendo stato interrotto il giudizio nei confronti della P.M. Ambiente s.p.a., nelle more sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, aveva ridotto l’importo dovuto al lavoratore da Trenitalia s.p.a. al solo netto del credito lavorativo ed aveva riconosciuto il diritto della stessa società a richiedere al Fondo di garanzia L. n. 297 del 1982, ex art. 2, il pagamento del t.f.r. corrisposto al lavoratore in ragione della stessa pronuncia.

3. La Corte territoriale, giudicando sull’appello principale dell’INPS e su quello incidentale condizionato proposto da Trenitalia s.p.a. (relativo all’accertamento del proprio difetto di legittimazione passiva in relazione al disposto della L. n. 269 del 2006, sull’obbligo di accantonamento del t.f.r. presso il Fondo di tesoreria INPS), ha ritenuto che difettasse una valida impugnazione della sentenza di primo grado relativamente all’accertamento del diritto di Trenitalia s.p.a. a surrogarsi al lavoratore ex art. 1203 c.c., n. 3 e che fosse infondato sia il motivo d’appello relativo alla irritualità della chiamata in causa dell’Inps che quello che faceva leva sulla circostanza che nessuna domanda di prestazione era mai stata avanzata nè dal lavoratore, nè da Trenitalia s.p.a., con la conseguente improponibilità della domanda giudiziale e la carenza di interesse ad agire in capo alla Società. Ha, quindi, ritenuto assorbite tutte le domande proposte in via subordinata da Trenitalia s.p.a. e dal lavoratore.

4. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’INPS sulla base di due motivi. Resiste Trenitalia s.p.a. con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, incentrato su due motivi, in relazione al quale l’INPS si è limitato a depositare procura speciale. S.G. è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e o falsa applicazione della L. n. 297 del 1982, art. 2, commi 1, 2, 7 ed 8, nonchè del combinato disposto dell’art. 442 c.p.c., artt. 443 e 148 disp. att. c.p.c., in relazione alla necessità che sia presentata domanda in caso di domanda di mero accertamento. Infatti, l’art. 443 c.p.c., non distingue tra domande di accertamento o di condanna, quanto alla necessità della previa domanda amministrativa, nè la ratio legis della disposizione consentiva interpretazioni analoghe a quella fatta proprio dalla sentenza impugnata, posto che la giurisprudenza di legittimità ha confermato la natura previdenziale della prestazione resa dal Fondo di garanzia, allo stesso tempo escludendo l’esistenza di un vincolo di solidarietà tra obbligazione retributiva del datore di lavoro insolvente e quella, autonoma, del Fondo di garanzia.

2. Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e della L. n. 297 del 1982, art. 2. Si rappresenta l’insussistenza dell’interesse ad agire in capo a Trenitalia s.p.a. quanto alla domanda, proposta nei confronti dell’INPS quale gestore del Fondo di garanzia, diretta a conseguire l’accertamento giudiziale del diritto di agire in via surrogatoria ex art. 1203 c.c., n. 3, per ottenere il rimborso del TFR anticipato ai lavoratori di una società decotta, pur in assenza del presupposto legale di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, dell’ammissione dell’anzidetto TFR nello stato passivo esecutivo della procedura concorsuale instaurata nei riguardi del medesimo datore di lavoro insolvente.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, Trenitalia s.p.a. deduce la violazione e o falsa applicazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 755-757, D.M. 30 gennaio 2007 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 2120 c.c., nonchè in relazione al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, sostanzialmente facendo valere le ragioni prospettate nei gradi di merito al fine di affermare il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda del lavoratore, in ragione del fatto che alla fattispecie andava applicato il disposto della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 755 e segg., con riferimento alle quote di trattamento di fine rapporto maturate dal lavoratore resistente nel periodo successivo al 1.1.2007. Ha, in particolare, dedotto la ricorrente incidentale, che, sulla base delle citate disposizioni, il soggetto legittimato all’erogazione del TFR era il Fondo di tesoreria istituito presso l’INPS in quanto era stata accertata la mancanza di devoluzione del TFR da parte del lavoratore a fondi di previdenza complementare privati e che, dalla mera considerazione del contenzioso registrato tra la P.M. Ambiente ed i propri lavoratori, era pure evincibile il requisito dimensionale previsto dalla citata normativa.

4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, si deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, anche in relazione alle disposizioni del D.Lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) artt. 5 e 118 Allegato VI, nonchè del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, artt. 4,5 e 6. In particolare, si rappresenta che la domanda del lavoratore nei confronti di Trenitalia s.p.a., non avrebbe potuto essere accolta in applicazione del principio di diritto espresso da questa Corte di cassazione con la sentenza n. 15432 del 2014 secondo il quale, nel caso di ritardo nei pagamenti delle retribuzioni e dei contributi dovuti al personale dipendente dell’esecutore o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all’art. 118, comma 8, ultimo periodo, del relativo codice, di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, i lavoratori devono avvalersi degli strumenti di tutela previsti dal codice citato secondo le modalità previste dal D.P.R. n. 207 del 2010 e non è, invece, applicabile il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2.

5. I motivi del ricorso principale vanno trattati congiuntamente in quanto presuppongono la qualificazione giuridica della pretesa fatta valere da Trenitalia s.p.a. nei confronti dell’INPS, dal cui esito dipende tanto la verifica dell’esistenza di un concreto ed attuale interesse ad agire in via di mero accertamento che la soggezione o meno della stessa al regime procedurale delle pretese previdenziali nei confronti dell’Istituto.

6. Va, poi, rilevato che, avuto riguardo al contenuto dei motivi proposti in appello (peraltro riferiti ai due motivi del ricorso principale in esame) e contrariamente a quanto ritenuto da Cass. n. 25176 del 2019 in fattispecie analoga, non si è formato alcun giudicato interno sul diritto di Trenitalia s.p.a. a richiedere la liquidazione del TFR, L. n. 297 del 1982, ex art. 2, in luogo di lavoratori e nei confronti del Fondo di garanzia per il TFR.

7. Va ricordato, infatti, che la giurisprudenza di questa Corte di cassazione, in relazione all’applicazione del disposto di cui all’art. 336 c.p.c., comma 1, ha avuto modo di chiarire che la decisione dell’impugnazione sulla questione principale può comportare la modificazione, in virtù del cosiddetto “effetto espansivo interno” anche della questione dipendente pur se autonoma e non investita da specifica censura; tale “modificabilità” dei capi di sentenza autonomi ma dipendenti da altro capo, costituendo un’eccezione al principio della formazione del giudicato in mancanza di impugnazione, va applicata con estremo rigore, dovendosi perciò escludere che l’impugnazione della statuizione sulla questione principale rimetta in ogni caso in discussione la decisione sulla questione dipendente, attribuendo perciò sempre al giudice dell’impugnazione il potere di deciderla nuovamente e autonomamente, posto che ciò potrà e dovrà accadere solo ove sia imposto dal tenore della decisione relativa all’impugnazione principale, ossia quando tale ultima decisione si ponga in contrasto con quella sulla questione dipendente. In tal caso, la direzione e i limiti dell’intervento consentito al giudice dell’impugnazione sulla statuizione dipendente non colpita da impugnazione non potranno che dedursi dalle necessità di coerenza imposte dalla decisione sulla questione principale e dai motivi posti a sostegno della medesima (Cass. n. 19937 del 2004; Cass. n. 23985 del 2019).

8. Nel caso di specie, non vi è dubbio che l’accertamento della sussistenza dell’interesse ad agire di Trenitalia s.p.a., in relazione alla proposizione di una domanda di mero accertamento, nei confronti dell’Inps, del diritto a sostituirsi al lavoratore nell’erogazione della prestazione dovuta dal Fondo di garanzia, come anche la consequenziale verifica della soggezione di tale pretesa al regime delle procedure amministrative proprie dei trattamenti previdenziali, assumono carattere logicamente e necessariamente preliminare rispetto alla stessa declaratoria del diritto ad esercitare l’azione surrogatoria ex art. 1203 c.c., n. 3, in quanto soggetto avente causa dal lavoratore. Dunque, l’impugnazione, che ha per oggetto le due questioni principali, non può non investire anche la questione consequenziale.

9. Ciò premesso, i due motivi del ricorso principale sono fondati.

10. Questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare che colui che agisce con l’azione di accertamento, anche se negativo, deve essere titolare dell’interesse, attuale e concreto, ad ottenere un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza del rapporto giuridico dedotto in causa (Cass. n. 1662 del 2015; Cass. 13556 del 2008; Cass. n. 6859 del 1993).

11. Ciò vuol dire che per agire in giudizio al fine di far accertare l’esistenza di un proprio diritto è condizione essenziale che, intanto ed in astratto, si affermi la sussistenza degli elementi costitutivi del diritto da accertare, mentre l’assenza di tale contenuto minimo, o addirittura l’astratta inconfigurabilità del diritto oggetto di domanda, non può che comportare la carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c..

12. Questa seconda evenienza si è realizzata nel caso di specie posto che Trenitalia s.p.a., già sulla base dei fatti dalla stessa indicati, non può assumere la veste dell'”avente diritto del lavoratore”, come affermato nei precedenti di questa Corte (Cass. 20.5.2016 nn. 10543 e 10544), qui condivisi, che hanno evidenziato come la posizione giuridica soggettiva della committente (nella specie, Trenitalia s.p.a.) che, in forza del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, corrisponda i trattamenti retributivi ed il TFR ai dipendenti del proprio appaltatore non è riconducibile a quella dell'”avente diritto dal lavoratore”, quest’ultimo beneficiario della garanzia del Fondo istituito ai sensi della L. n. 297 del 1982, art. 2 (a tenore del quale il Fondo di Garanzia si sostituisce al datore di lavoro insolvente nel pagamento del TFR spettante ai lavoratori “o loro aventi diritto”).

13. Il committente, infatti, adempie ad un’obbligazione propria nascente dalla legge, e, pertanto, non diviene avente diritto dal lavoratore e non ha titolo per ottenere l’intervento del Fondo di garanzia di cui della L. n. 297 del 1982, art. 2; è, piuttosto, legittimato a surrogarsi nei diritti del lavoratore verso il datore di lavoro appaltatore, ex art. 1203 c.c., n. 3 (cfr. sempre Cass. n. 6333 del 2018 cit., in motivazione; Cass., sez. VI-L, nr. 3884 del 2018 ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza).

14. Deve, quindi, concludersi che Trenitalia s.p.a. non ha interesse giuridicamente rilevante, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., all’accertamento richiesto giudizialmente ed in tale conclusione rimane evidentemente assorbita la questione della necessità che l’esercizio di tale azione importi l’attivazione del procedimento amministrativo con la presentazione della domanda amministrativa di cui all’art. 443 c.p.c..

15. I due motivi del ricorso incidentale tardivo sono inammissibili in applicazione del principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 11799 del 2017, secondo il quale, qualora un’eccezione di merito sia stata ritualmente ritenuta assorbita nella motivazione della sentenza impugnata, in applicazione dell’art. 346 c.p.c., che utilizza l’espressione eccezioni non accolte, deve procedersi alla mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, in quanto tale disposizione intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione nè attraverso un’enunciazione in modo espresso, nè attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca.

16. Nel caso di specie, alla pagina 15 della sentenza impugnata, la Corte territoriale ha affermato l’assorbimento delle restanti domande formulate in via subordinata da Trenitalia s.p.a. e dal lavoratore appellato e ciò in dipendenza dell’accoglimento della domanda di accertamento del diritto a sostituirsi al lavoratore, ai fini dell’ottenimento del TFR dal Fondo di garanzia, rivolta da Trenitalia s.p.a. nei confronti dell’INPS che tale Fondo gestisce.

17. Dunque, Trenitalia s.p.a., in quanto parte totalmente vittoriosa rispetto alla domanda principale di accertamento proposta nei riguardi dell’INPS, sia in primo grado che in appello, trattandosi di impugnazione per cassazione formulata dall’istituto soccombente, non ha l’onere di proporre ricorso per cassazione incidentale per richiamare in discussione le proprie domande o eccezioni non accolte nella pronuncia, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perchè assorbite; in tal caso la parte è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di cassazione in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo (vedi Cass. SS.UU. n. 13195 del 2018).

18. In definitiva, va accolto il ricorso dell’INPS con la conseguente affermazione dell’inammissibilità, per carenza di interesse ad agire, della domanda di accertamento del diritto di Trenitalia s.p.a. a sostituirsi al lavoratore S.G. nell’erogazione del trattamento dovuto dal Fondo di garanzia a seguito dell’insolvenza del datore di lavoro, proposta da Trenitalia s.p.a.; inoltre, il ricorso incidentale proposto dalla medesima società deve essere dichiarato inammissibile, dunque, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione al fine di definire il giudizio sulle domande del lavoratore originate dal decreto ingiuntivo opposto ed anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata quanto al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’ appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2020

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