Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.383 del 13/01/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8739/2018 r.g. proposto da:

A.Z., (nato a *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Antonino Novello, con domicilio eletto “in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, per il tramite dell’indirizzo di p.e.c.:

antonino.novello.pec.ordineavvocaticatania.it.”;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CALTANISSETTA depositato il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/11/2019 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. A.Z. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, avverso l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta del 20 febbraio 2018, reiettiva della sua domanda volta ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria o di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

1.1. In particolare, quel tribunale: i) ha considerato “non del tutto attendibile” il racconto del dichiarante (che aveva riferito di essere andato via dal proprio Paese – il Pakistan – “a causa delle condizioni di povertà in cui versavano lui e la sua famiglia, e che, per pagare le spese mediche della madre ed il suo viaggio, era stato necessario vendere il rene della sorella”); ha escluso la protezione sussidiaria, visto quanto già ritenuto in ordine alla narrazione dello straniero, ed osservato che questi non aveva riferito di alcun conflitto armato nella zona di provenienza (Punjab), dando altresì atto del rapporto EASO 2017 sulla situazione di detto territorio, attestante la diminuita violenza; iii) ha negato la protezione umanitaria, rilevando che il ricorrente non aveva affermato, nè altrimenti constava, l’impossibilità di avere cure adeguate nel Paese di provenienza per le sue condizioni di salute (era affetto da epatite C).

2. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

I) “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere il tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza indiscriminata così come chiarita nella sentenza della Corte di Giustizia C465/07, meglio nota come Elgafaji”;

II) “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, per non avere il tribunale valutato la dedotta gravità della malattia del ricorrente ai fini del riconoscimento di una situazione di vulnerabilità tale da rendere non opportuno il suo rimpatrio”.

3. Esclusa, anzitutto, l’ammissibilità delle censure riferite all’art. 112 c.p.c., la cui violazione è enunciata in entrambi i motivi, non essendo stata dedotta alcuna omessa pronuncia o, comunque, la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, il primo motivo è inammissibile.

3.1. Nella specie, invero, il tribunale nisseno, con accertamenti evidentemente di natura fattuale, ha, in primis, considerato “non del tutto credibile” la narrazione dell’odierno ricorrente, per poi successivamente escludere motivatamente, menzionando le specifiche fonti internazionali consultate (rapporto EASO 2017 sulla situazione del Pakistan, da ritenersi sufficientemente aggiornato in relazione al momento – 14 febbraio 2018 – di deliberazione dell’ordinanza oggi impugnata), che la zona di provenienza (provincia del Punjab, località *****) di quest’ultimo sia caratterizzata dalla presenza di un conflitto armato generatore di una situazione di violenza tanto diffusa ed indiscriminata da interessare qualsiasi persona ivi abitualmente dimorante.

3.2. Giova allora ricordare che questa Suprema Corte ha ancora recentemente (cfr. Cass. n. 18446 del 2019) chiarito che: i) la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve ponderare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in Cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella specie nemmeno prospettato) come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr., nel medesimo senso, Cass. n. 3340 del 2019); in tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, il principio secondo il quale, una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori, non riguarda soltanto le domande formulate ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b), del predetto decreto, ma può riguardare anche quelle formulate ai sensi dell’art. 14, lett. c), poichè la valutazione di coerenza, plausibilità e generale attendibilità della narrazione riguarda “tutti gli aspetti significativi della domanda” (art. 3, comma 1) e si riferisce a tutti i profili di gravità del danno dai quali dipende il riconoscimento della protezione sussidiaria (cosi anche Cass. n. 15794 del 2019; Cass. n. 4892 del 2019). In ogni caso, si è già riferito che il provvedimento oggi impugnato ha, sebbene sinteticamente, comunque esaminato la situazione fattuale ed operato la ricostruzione della realtà socio-politica del Paese di provenienza del richiedente, onde la corrispondente doglianza di quest’ultimo è insuscettibile di accoglimento, in quanto, sostanzialmente, volta ad ottenere la ripetizione del giudizio di fatto, attività qui preclusa in virtù della funzione di legittimità.

3.3. A tanto deve soltanto aggiungersi che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati…”, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale, non potendo, per contro, addebitarsi la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte (cfr. Cass. n. 30105 del 2018).

3.4. In definitiva, quanto oggi esposto da A.Z., argomentando la censura in esame, si risolve, sostanzialmente – benchè formalmente prospettata come vizio di violazione di legge – in una critica al complessivo governo del materiale istruttorio operato dal giudice a quo, cui il primo intenderebbe opporre una diversa valutazione delle medesime risultanze istruttorie utilizzate dalla già menzionata corte distrettuale: ciò non è ammesso, però, nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonchè la più recente Cass. n. 8758 del 2017).

4. Infondato è, invece, il secondo motivo, che critica la decisione impugnata per aver disatteso la richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria.

4.1. Invero, il tribunale, al riguardo, ha richiamato le specifiche condizioni di salute fatte valere dal ricorrente a fondamento della dedotta vulnerabilità, per poi escludere la ricorrenza di gravi motivi umanitari, atteso che non era stato dedotto, nè risultava altrimenti, l’impossibilità per lo stesso di ottenere cure adeguate nel Paese di provenienza. Anzi, nel provvedimento impugnato, si dà espressamente atto della disponibilità del Governo del Pakistan a fornire diagnosi e cure gratuite ai pazienti affetti da epatite in tutte le province attraverso quattro programmi di prevenzione e controllo.

4.2. A fronte di detta circostanziata valutazione di merito, dunque, l’odierna doglianza, da scrutinarsi alla stregua della disciplina, da ritenersi applicabile ratione temporis (cfr. Cass., SU, nn. 29459-29461 del 2019), di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, è manifestamente infondata.

5. Il ricorso va, dunque, respinto, senza necessità di pronunce sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472