LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6566/2014 proposto da:
A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato LINDA COSTA, rappresentato e difeso dagli Avvocati LUIGI OLIVERIO e Giuseppe Galloppi;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati VINCENZO STUMPO, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 235/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/04/2013 R.G.N. 5280/2009.
RITENUTO
che:
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 235 del 2013, ha rigettato l’appello proposto da A.S. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede di rigetto della domanda, proposta dal medesimo A., tesa alla rideterminazione (con consequenziale condanna al pagamento delle differenze) dell’indennità di mobilità, dal giugno al dicembre 2005, in quanto inferiore a quello dovuto dovendosi applicare il cd. massimale superiore ai sensi del D.L. n. 299 del 1994, in ragione della inclusione nella base di calcolo di talune voci retributive (rimborso medio per attività svolta fuori sede, premio di produzione mensile, indennità di guida, premio di risultato) e degli effetti del giudicato esterno formatosi su analoga domanda relativa al periodo precedente compreso tra gennaio e giugno 2005;
la sentenza impugnata, superato in quanto infondato il rilievo della tardività delle difese sollevate dall’Inps in primo grado ed in appello, ha ritenuto corretta la decisione del primo giudice che aveva valutato inidonea la produzione della sola busta paga del mese di novembre 2003 al fine di provare l’effettiva corresponsione degli emolumenti indicati nei tre mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, ai sensi del D.L. n. 86 del 1988, art. 7, comma 2, richiamato dalla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12) in via continuativa;
inoltre, non potevano estendersi alla fattispecie in esame gli effetti derivanti dal passaggio in giudicato della sentenza n. 23745 del 2006, intercorsa tra le medesime parti ed avente ad oggetto la domanda di rideterminazione della medesima indennità di mobilità rapportata al massimale superiore nel periodo immediatamente precedente quello in esame e cioè da gennaio a maggio 2005, in quanto la sentenza predetta non aveva accertato la natura degli emolumenti oggetto di domanda, nè la disciplina del calcolo della retribuzione rilevante percepita dall’ A. al fine di verificare l’importo dovuto a titolo di indennità di mobilità e, dunque, non era idonea a precludere successivamente il medesimo accertamento tra le parti;
avverso tale sentenza ricorre per cassazione A.S. sulla base di tre motivi illustrati da memoria: 1) violazione ed errata applicazione dell’art. 324 c.p.c., vertendosi in ipotesi di rapporto di durata connotato da obbligazioni periodiche di pagamento in relazione ad un segmento del quale è già intervenuta pronuncia giudiziale, divenuta cosa giudicata formale che ha acclarato un punto essenziale della questione ovverosia l’accertamento di una retribuzione globale di fatto all’atto dell’entrata in mobilità superiore alla soglia di riferimento sancita dalla circolare Inps per l’anno 2004; 2) violazione ed errata applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 3 Cost., anche alla luce dei circa 200 precedenti costituiti da sentenze passate in giudicato e conformi agli arresti della giurisprudenza di legittimità; 3) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il non assolto raggiungimento della prova contrattuale della abitualità/continuità della trasferta, posto che i presupposti contrattuali e la qualità di trasfertista del ricorrente non erano stati contestati dall’Inps per cui non sarebbe stata necessaria la ricerca di alcuna prova ulteriore;
resiste l’INPS con controricorso illustrato da memoria.
CONSIDERATO
che:
il primo motivo va accolto;
la Corte territoriale ha escluso l’efficacia di giudicato della sentenza n. 24745/2006, che, secondo quanto riferisce la stessa sentenza impugnata, aveva avuto ad oggetto l’accertamento del diritto all’indennità di mobilità rapportata al massimale superiore per il periodo gennaio – maggio 2005 (immediatamente precedente a quello qui rivendicato), in ragione del fatto che l’efficacia di giudicato nei rapporti di durata va riferita alla valutazione ed alla decisione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere, destinati a permanere nel tempo, a realtà fattuale e giuridica immutata;
nel caso di specie, ad avviso della Corte territoriale, tali condizioni di efficacia del giudicato esterno non sono presenti in ragione del fatto che la sentenza n. 24745/2006, pur basandosi il calcolo dell’indennità di mobilità sull’importo della retribuzione in godimento nei tre mesi precedenti il collocamento in mobilità, non ha effettuato tale accertamento in alcun punto ma ha riconosciuto il diritto sulla base dell’accertamento della natura degli emolumenti indicati e sulla loro rilevanza ai fini del calcolo della misura dell’indennità di mobilità, senza accertare il quantum delle retribuzioni percepite in nessun punto della sentenza;
è evidente che il contenuto della sentenza n. 23745/2006, il cui contenuto è stato riprodotto dalla sentenza impugnata e dal ricorso per cassazione, è dato incontroverso, così come la circostanza che la stessa fosse passata in giudicato;
ciò chiarito, va disatteso il rilievo di inammissibilità sollevato dall’Istituto controricorrente in ragione del fatto che la sentenza di cui si invoca l’applicazione ai fini dell’art. 324 c.p.c., non è stata indicata specificamente nell’elenco dei documenti allegati al ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto tale produzione non è indispensabile al fine di consentire alla Corte di cassazione di esaminare il motivo proposto, posto che tale motivo, pacifici contenuto e definitività della sentenza n. 23745/2006, attacca la sentenza impugnata per la errata interpretazione della regola di operatività posta dall’art. 324 c.p.c.;
in particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che un nuovo accertamento sui presupposti di fatto del diritto al pagamento delle differenze sul trattamento di mobilità (e cioè sul quantum delle retribuzioni percepite durante i tre mesi antecedenti il collocamento in mobilità) non fosse precluso, nonostante tale presupposto avesse costituito anche la necessaria premessa logica e giuridica del definitivo accertamento del diritto e della condanna al pagamento delle differenze relativamente al periodo gennaio maggio 2005, in quanto la citata sentenza n. 23745/2006 in nessun punto indica gli importi retributivi accertati;
tale punto di vista dimentica, tuttavia, che l’indennità di mobilità di cui ha fruito il ricorrente, seppure corrisposta in ratei mensili, è prestazione unica e/come insegna costante giurisprudenza di questa S.C., qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, pur ove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo e ciò riguarda anche i rapporti di durata (Cass. S.U. 16 giugno 2006, n. 13916; conf. Cass. 4 dicembre 2006, n. 25681; Cass. 22 aprile 2009, n. 9312), come quello dedotto nell’odierna controversia;
sempre in virtù di antica e costante giurisprudenza, in ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che ne costituiscono il contenuto (come nel caso di specie), sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale, ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo;
pertanto, quest’ultimo produce effetti anche nel tempo successivo alla propria emanazione, con l’unico limite di fatti nuovi che modifichino il contenuto materiale del rapporto o il relativo regolamento pattizio (cfr. Cass. 16 agosto 2004, n. 15931; Cass. n. 19426/2003; Cass. n. 16959/2003; Cass. n. 3230/2001; Cass. ti. 15178/2000; Cass. n. 9548/1997);
nel caso di specie non solo non vi è alcun fatto nuovo che abbia modificato il contenuto materiale del rapporto ma neanche ciò sarebbe potuto accadere, giacchè l’importo delle retribuzioni rilevanti, che forma oggetto essenziale dell’accertamento del corrispondente importo del trattamento di mobilità, è quello dei tre mesi antecedenti la data di collocamento in mobilità e tale dato storico non può certo mutare nel futuro;
neppure rileva il criterio di accertamento di tali importi utilizzato dal giudice della sentenza passata in giudicato;
la sentenza impugnata non si è attenuta al suddetto principio affermando che la sentenza intervenuta tra le parti e passata in giudicato non producesse effetti sulla pretesa oggetto del presente giudizio, per cui, accolto il primo motivo di ricorso, la sentenza va cassata con rinvio, restando assorbiti gli altri motivi;
il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata quanto al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione cui demanda la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2020