Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.565 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2488-2016 proposto da:

LA CORTE EN. SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAETANO DONIZETTI 7, presso lo studio dell’avvocato DANIELA GIAMPORTONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO DI MARIA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SANTA MARGHERITA LIGURE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAGO DI LESINA 35, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO CORATELLA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 716/2015 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA, depositata il 15/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2019 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

RITENUTO

La Compagnie d’Hotellerie Suisse s.r.l., oggi Corte EN s.r.l., impugnò l’ingiunzione fiscale emessa dal Comune di Santa Margherita per il pagamento della tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani (TARSU), relativamente agli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2008, atto impositivo con il quale era stato chiesto il pagamento dell’importo di Euro 9.205,00, applicando la tariffa stabilita per gli “Alberghi”, oggetto di contestazione in separato giudizio, e l’adita Commissione tributaria provinciale di Genova, nel contraddittorio delle parti, respinse il ricorso, con decisione, appellata dalla contribuente e poi confermata dalla Commissione tributaria regionale della Liguria, che con la sentenza n. 716, pronunciata il 28/5/2015 e depositata il 15/6/2015, rilevò che “la contribuente non ha impugnato gli atti impositivi, prodromici all’ingiunzione fiscale, che dunque poteva essere impugnata solo per motivi propri”, e che “non essendo contestati vizi propri dell’ingiunzione fiscale” il ricorso correttamente era stato respinto dal giudice di prime cure.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resiste l’intimato Comune con controricorso.

CONSIDERATO

Con il primo motivo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, giacchè la CTR ha omesso di considerare che l’ingiunzione fiscale rientra a pieno titolo nell’elencazione contenuta nella norma richiamata ed è autonomamente impugnabile, che è errato ritenere necessaria l’impugnazione dell’atto prodromico alla ingiunzione di pagamento, che il decidente avrebbe dovuto comunque esaminare la questione concernente la esistenza e regolarità della notifica degli atti prodromici, in quanto pervenuti a soggetto diverso dall’effettivo destinatario, ad indirizzo errato, a persona estranea alla società contribuente, legalmente rappresentata dall’amministratore unico C.G..

Con il secondo motivo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, giacchè la CTR non ha considerato il divieto del “ne bis in idem” dal momento che la società contribuente aveva già contestato giudizialmente le pretese del Comune ligure, la dedotta intervenuta decadenza del potere impositivo, la intervenuta violazione delle norme sulla notifica, segnatamente, quella internazionale, e l’illegittimità del Regolamento quanto alle tariffe applicabili alle strutture alberghiere, essendo stata irragionevolmente esclusa la equiparazione tra strutture alberghiere ed abitazioni.

E’ fondato il primo motivo di ricorso che merita accoglimento nei termini e per le ragioni di seguito esposti.

La pretesa, relativa alla TARSU, di cui alla ingiunzione fiscale, atto impositivo oggetto di impugnazione, è emersa e portata nella sfera di conoscenza della destinataria, per ciascuna delle annualità in contestazione, attraverso avvisi di mora emessi anteriormente rispetto all’ingiunzione che, secondo le prospettazioni difensive dell’intimato Comune, costituirebbero atti autonomamente impugnabili, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, e sarebbero stati notificati alla società contribuente, anche presso la sede operativa italiana.

Giova, allora, ricordare il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa.” (Cass. n. 1144/2018, S.U. n. 5791/2008).

Orbene, nella sentenza (la n. 716/2015) del giudice di appello manca qualsivoglia esame della questione posta dalla contribuente circa la ritualità della notifica degli “atti impositivi, prodromici all’ingiunzione fiscale, che dunque – secondo la CTR poteva essere impugnata solo per motivi propri”, e si dà per assodati sia la qualificabilità di detti avvisi di mora come atti autonomamente impugnabili, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, sia l’intervenuto perfezionamento della notifica degli atti stessi, questione, come già detto, anch’essa oggetto di controversia.

Ed allora, se può convenirsi – in linea di principio – sul fatto che sono impugnabili, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, tutti gli atti con cui l’Amministrazione comunica una pretesa tributaria ormai definita, i quali, per gli effetti concretamente prodotti nella sfera giuridica del contribuente, appaiono idonei a fondare l’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c., così da rendere possibile l’immediato esercizio del diritto di difesa, ciò non di meno il giudice di secondo grado avrebbe dovuto ritenere inammissibile il ricorso della società contribuente avverso l’ingiunzione fiscale soltanto dopo aver accertato, dandone conto in motivazione, l’effettiva conoscenza degli avvisi di mora da parte della stessa e, quindi, la loro mancata tempestiva opposizione, risultando altrimenti la soluzione adottata contraria alla più volte menzionato D.Lgs. n. 546 del 1992, secondo le letture dell’art. 19, offerta dalla richiamata giurisprudenza di legittimità.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta necessariamente l’assorbimento del secondo.

La sentenza impugnata va, conseguentemente, cassata con rinvio della causa alla medesima CTR, in diversa composizione, per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CTR della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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