LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorso 15588-2015 proposto da:
GEO IMMOBILIARE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 87, presso lo studio dell’avvocato GIANNETTO OBINO, rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO BARILI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 857/2015 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA, depositata il 20/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.
PREMESSO che:
1. nell’anno 2004, la srl Geo Immobiliare, acquistando un’area edificabile inclusa in un piano particolareggiato di edilizia pubblica in comune di ***** (Re), si avvaleva dei benefici fiscali previsti dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33, comma 3;
2. trascorsi oltre cinque anni dall’acquisto senza che l’area fosse stata edificata, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società un avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria;
3. l’avviso, impugnato dalla contribuente sul motivo che la mancata edificazione era dipesa da causa di forza maggiore (nella specie costituita dal mancato rilascio, da parte del comune, delle autorizzazioni a costruire), veniva considerato illegittimo dalla commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia ed invece legittimo dalla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, sezione 5, la quale, con sentenza in data 20 aprile 2015, n. 857, negava in radice potersi dare rilievo alla forza maggiore ai sensi e per gli effetti della citata previsione agevolativa;
4. la società contribuente ricorre per la cassazione della suddetta sentenza, sulla base di due motivi, illustrati con memoria;
5. l’Agenzia delle Entrate, con controricorso, chiede la conferma del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO
che;
1. con il primo motivo di ricorso, la contribuente lamenta la falsa applicazione del L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3. Sostiene che la commissione ha errato nell’affermare che il diritto ai benefici fiscali de quibus è subordinato alla “condizione dell’avvenuta edificazione nel termine quinquennale”. Ritiene infatti che sarebbe stato invece corretto affermare che tale diritto, per un verso, spetta per il fatto in sè dell’inclusione dell’area acquistata in un piano particolareggiato e, per altro verso, “è eventualmente sottoposto a condizione risolutiva dell’edificazione nei cinque anni”. Conclude nel senso che la commissione, a causa dell’errore in cui è incorsa, non ha considerato che “non è ancora intervenuto l’eventus di cui alla condizione risolutiva perchè il comune di Correggio non ha affatto abbandonato il piano nè ha revocato la concessione nè ha risolto la convenzione stipulata con la Geo Immobiliare”;
2. con il secondo motivo di ricorso, la contribuente lamenta la violazione dell’art. 2934 c.c. e ss., e art. 2964 c.c. e ss.. Sostiene che la commissione ha errato nell’affermare che “la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33, comma 3, prevede un termine di decadenza e non di prescrizione” e che, facendo invece corretto riferimento all’istituto e alle norme sulla prescrizione e segnatamente all’art. 2935 c.c., (secondo il quale “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”), deve concludersi che il proprio diritto ai benefici in questione non è venuto meno giacchè, a causa del mancato rilascio delle autorizzazioni a costruire da parte del comune, detto diritto non è mai stato esercitabile. La contribuente aggiunge che “nessun elemento di responsabilità o di negligenza può esser(l)e imputato e (che) quindi si deve ritenere applicabile la forza maggiore”, la quale – precisa – consiste “nella mancata autorizzazione a costruire” e non è esclusa, malgrado il contrario assunto dell’ufficio, nonostante “che nel rogito di acquisto si leggeva che il piano particolareggiato era stato approvato ma pendevano ricorsi al Tar”;
3. con riguardo ai due suddetti motivi di ricorso si osserva quanto segue. La L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, stabilisce che “i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento”. Il termine “condizione” vale a significare la decadenza dalle agevolazioni nel caso in cui l’attività edificatoria richiesta non venga compiuta entro il termine stabilito. Ogni riferimento alla prescrizione è fuori luogo posto che la prescrizione è un modo generale di estinzione di un diritto, dovuto al non esercizio del diritto stesso per un certo tempo (art. 2934 c.c.), e che il diritto ai benefici de quibus, fruito in relazione al trasferimento immobiliare, non è suscettivo di esercizio o non esercizio. Sotto altro profilo, la decadenza è dalla legge espressamente correlata alla mancata edificazione nel termine quinquennale talchè non è sostenibile che il diritto ai benefici, pur a seguito della mancata edificazione nel termine, persista fino a che, per riprendere le parole della ricorrente, il comune non abbandoni il piano particolareggiato, revochi la concessione o risolva la convenzione stipulata con il beneficiario. A prescindere dalla questione della rilevanza o irrilevanza in termini assoluti della “forza maggiore” come causa esimente dalla decadenza di cui si tratta, deve essere escluso che una situazione di forza maggiore sussista nel caso concreto. Tale situazione è integrata da una circostanza sopravvenuta, in nessun modo dipendente da chi la invoca, assolutamente imprevedibile (Cass. n. 3535/2017; n. 14892/2016; n. 24573/2014) ed è pertanto da escludersi laddove, come nel caso di specie, la circostanza impeditiva sia prevedibile. La contribuente, fino dal momento della stipula del contratto di acquisto dell’area, aveva avuto modo di prevedere che le autorizzazioni a costruire avrebbero potuto non esserle rilasciate in ragione della pendenza – di cui la contribuente dice esservi stata menzione nel suddetto contratto (v. pagina 8 del ricorso) – di “diversi ricorsi al Tar” avverso il piano particolareggiato presupposto;
4. in ragione di quanto sopra, i due motivi di ricorso risultano essere infondati e il ricorso deve essere rigettato;
5. le spese seguono la soccombenza;
6. al rigetto del ricorso consegue, ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), l’obbligo, a carico della ricorrente, di pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art., comma 1-bis.
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidata in Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art., comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020