LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
K.M., nato in *****, elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Giandomenico Della Mora;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato il 22/02/2018;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2019 dal Consigliere p.Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.
FATTI DI CAUSA
1. – K.M., cittadino del *****, chiese il riconoscimento della protezione internazionale e impugnò il provvedimento datato 22/11/2007, col quale il Ministero dell’Interno-Direzione Centrale dei Servizi Civili e l’Immigrazione-Unità Dublino aveva disposto il suo trasferimento in Svezia, individuato come lo Stato competente a decidere sulla richiesta di protezione internazionale dal medesimo presentata. Dedusse la violazione delle regole procedimentali stabilite dalla L. n. 241 del 1990, la violazione del regolamento UE n. 604 del 2013 e l’inadeguatezza in concreto del sistema di accoglienza della Svezia.
2. – Con decreto del 22/2/2018, il Tribunale di Trieste rigettò il ricorso. Ritenne il Tribunale che il ricorrente non avesse offerto elementi tali da far ritenere sussistente il suo diritto a veder esaminata in Italia la sua domanda di protezione internazionale e ritenne infondata la deduzione del richiedente secondo cui la Svezia non sarebbe un paese sicuro.
3. – Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso K.M. sulla base di cinque motivi.
Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del ricorso, essendo stato proposto tardivamente, oltre il termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione del decreto del Tribunale, previsto dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis.
Invero, il decreto del Tribunale di Trieste è stato comunicato alla parte a mezzo pec il 22/2/2018; il termine di trenta giorni, che sarebbe maturato il 24/3/2018, è andato a scadenza – considerato che giorno 24/3 era sabato e che il 25/3 era domenica – il 26/3/2018 (lunedì). Il ricorso, invece, è stato notificato il 27/3/2019.
Non può trovare accoglimento l’istanza di rimessione in termine della parte, fondata su una asserita anomalia verificatasi sulla consolle dell’avvocato il 26/3/2019: innanzitutto perchè l’attestazione di tale asserita anomalia proviene dallo stesso difensore della parte e non presenta alcuna carattere di terzietà; in ogni caso, poi, tale attestazione menziona una anomalia che si sarebbe verificata “Dalle ore 11:00 di oggi 26 marzo 2018” senza alcuna precisazione dell’orario in cui sarebbe cessata, circostanza questa che non esclude che nella stessa giornata del 26/3 la consolle abbia ripreso a funzionare, consentendo l’inoltro della notifica.
2. – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
3. – Sussistono i presupposti processuali perchè la parte ricorrente versi – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – un ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 (duemilacento) per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020