Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.633 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31541-2018 r.g. proposto da:

S.S.D., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Roberto Dalla Bona, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Giuseppe Marcora n. 18/20, presso lo studio dell’Avvocato Guido Faggiani;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano, depositato in data 11.9.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3/12/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano – decidendo sulla domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzate da S.S.D., cittadino del Camerun, dopo il diniego di tutela da parte della commissione territoriale – ha rigettato la domanda così presentata, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato che il ricorrente aveva narrato: 1) di essere nato a *****, e di appartenere al gruppo etnico *****; 2) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese di provenienza perchè perseguitato dagli anziani del suo villaggio, i quali pretendevano che diventasse membro, al posto del padre deceduto, di una setta che praticava anche il rito dei sacrifici umani, pratica quest’ultima che non si conciliava con la sua fede *****.

Il tribunale ha, dunque, ritenuto che il racconto non era credibile, così negando la richiesta protezione internazionale, anche sussidiaria, e ciò anche in ragione dell’assenza di un serio pericolo discendente da conflitti interni che, secondo le fonti di conoscenza consultate, non è presente in Camerun, ove si evidenziano solo episodi di violenza localizzati e frutto dell’iniziativa del gruppo terroristico di *****.

Il tribunale ha, infine, ritenuto non fondata la domanda di protezione umanitaria, in assenza della dimostrazione di un serio radicamento in Italia del richiedente.

2. Il decreto, pubblicato il 11.9,2018, è stato impugnato da S.S. con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

CHE 1.Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 e 35 bis nonchè art. 32, medesimo decreto, ed error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2. Con il secondo mezzo si denuncia violazione degli artt. 111 Cost., nonchè violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 e 35 bis e degli artt. 103 e 104 codice di rito, ed error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, della direttiva 2004/83/CE, ed error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

4. Con il quarto motivo si deduce vizio di violazione dell’art. 5, comma 6 TUI, della direttiva 2004/83/CE, dell’art. 2 Cost. e dell’art. 8 Cedu.

5. Con il quinto mezzo si denuncia violazione degli artt. 111 Cost., art. 6 Cedu, art. 101 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 8 e 9.

6. Si solleva, inoltre, questione di legittimità costituzionale delle seguenti norme: D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 8 e 9.

8. Il ricorso è infondato.

8.1 Il primo motivo è, in parte, infondato e, in altra parte, inammissibile.

8.1.1 E’ inammissibile nella parte in cui si compone di una lunga elencazione di fonti normative regolanti la materia in esame, senza confrontarsi con la ratio decidendi principale posta a sostegno del diniego delle richieste di protezione internazionale ed umanitaria, e cioè la valutazione di non credibilità del racconto.

8.1.2 Sostiene, inoltre, la parte ricorrente che il giudice dell’opposizione D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis non è competente a decidere sulla protezione umanitaria, dato che la domanda relativa a detta protezione è soggetta al giudizio di cognizione ordinario e, dunque, anche ad eventuale appello, e che il Tribunale avrebbe dovuto decidere per l’inammissibilità di detta domanda o separarla.

Sulla questione fatta valere, questa Corte si è di recente pronunciata con l’ordinanza 9658/2019, evidenziando quanto segue: “è… carente di interesse il ricorso per cassazione ogni qual volta il ricorrente denunci la mancata adozione del rito ordinario o sommario di cognizione con riferimento alla domanda di protezione umanitaria dopo avere egli stesso instaurato il giudizio di merito mediante la proposizione di un ricorso unico e unitario ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis avente ad oggetto la richiesta di ogni forma di protezione, come è avvenuto nella presente controversia, per giunta senza eccepire in alcun modo nel giudizio camerale la mancata adozione – peraltro da lui stesso provocata – del rito ordinario per la domanda di protezione umanitaria, previa richiesta di separazione dei giudizi da lui congiuntamente instaurati. E’ poi del tutto paradossale che il ricorrente lamenti, nel ventaglio alternativo delle decisioni corrette che ipotizza, la mancata dichiarazione di inammissibilità della domanda da lui formulata, ovvero la mancata adozione di un provvedimento, ovviamente meramente ordinatorio, di separazione delle domande che egli stesso ha proposto cumulativamente, chiedendo il simultaneus processus. E’ infine il caso di notare incidentalmente che il dovere di cooperazione officiosa che grava sul giudice del procedimento volto al riconoscimento della protezione internazionale riguarda il profilo istruttorio e l’assunzione di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente e non certo le forme e le modalità di introduzione della domanda giudiziale, laddove il richiedente fruisce, eventualmente anche attraverso il patrocinio a spese dello Stato, di congrua assistenza tecnica.” (cfr. anche Cass., ord. 26552/2019).

Va, poi, aggiunto che la censura sarebbe comunque infondata, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 3, atteso che la pretesa nullità processuale sarebbe qui opposta dalla parte che vi ha dato causa.

8.2 Il secondo e terzo motivo sono, invece, inammissibili perchè richiedono, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, una rivalutazione del profilo della credibilità del richiedente e dei presupposti applicativi delle domande indirizzate ad ottenere lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, profili quest’ultimi che sono stati correttamente valutati dal tribunale con motivazione adeguata e scevra da criticità argomentative, avendo i giudici del merito ritenuto che il racconto del richiedente non fosse credibile (così negando la richiesta protezione internazionale, anche sussidiaria), e ciò anche per l’evidenza della mancanza di un serio pericolo discendente da conflitti interni che, secondo le fonti di conoscenza consultate, non è presente in Camerun. 8.4 Il quarto motivo – che si incentra sul diniego della richiesta protezione umanitaria – è anch’esso inammissibile perchè versato in fatto e rivolto ad una rivalutazione dei presupposti applicativi dell’istituto invocato, e ciò a fronte di una motivazione che ha evidenziato la mancanza di un serio radicamento del richiedente nel contesto sociale italiano.

8.5 Il quinto motivo non supera la soglia di ammissibilità perchè la censura si compone di una elencazione degli istituti regolanti la materia, senza alcun confronto con la motivazione impugnata.

8.6 La questione di legittimità costituzionale, peraltro genericamente sollevata dal ricorrente, non è rilevante, nel caso di specie, in relazione alle norme di cui si invoca l’applicazione.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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