LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 35350/2018 r.g. proposto da:
B.A., (cod. fisc. *****), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Andrea Bianchi, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Milano, Viale Stelvio n. 21.
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro.
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Milano, depositato in data 16.10.2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3.1.2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
RILEVATO
che:
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano – decidendo sulla domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzate da B.A., cittadina ucraina, dopo il diniego di tutela da parte della commissione territoriale – ha rigettato la domanda così presentata, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.
Il tribunale ha ricordato in primo luogo la vicenda personale della ricorrente, secondo quanto riferito da quest’ultima: la ricorrente ha infatti narrato di essere nata il *****, nella località di *****, di essere di religione greco-ortodossa e di essersi trasferita, all’età di 10 anni, nella città di *****; di aver svolto vari lavori in bar e supermercati e di aver subito, nel corso degli anni, la perdita del padre e della sorella, morta suicida a Trieste; di essere stata condannata in Italia per reati collegati all’immigrazione clandestina e di aver scoperto in Italia di essere affetta da HIV. Il tribunale ha ritenuto che: a) non era fondata la domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiata, perchè era emerso dallo stesso racconto della ricorrente che quest’ultima era emigrata per ragioni economiche; b) nonostante ***** si trovi in luogo interessato dal conflitto armato tra esercito ucraino e separatisti filo-russi, non poteva essere riconosciuta la tutela di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, in quanto non erano credibili le dichiarazioni rese dalla richiedente in ordine alla regione di provenienza dalla Ucraina, in quanto: I) il visto turistico ottenuto per l’ingresso in Italia era stato rilasciato nella città di *****, situata nell’estremo ovest dell’Ucraina e dunque distante oltre 1138 Km da *****; II) non credibile era anche il motivo allegato dalla ricorrente per spiegare tale anomalia, posto che, nel 2009 (anno in cui la ricorrente aveva ottenuto il visto), non era ancora iniziato il conflitto e dunque non poteva ritenersi credibile la maggiore facilità ad ottenere visti per l’espatrio nella regione di confine con la *****; III) anche il fratello della richiedente proveniva dalla medesima regione sopra indicata; IV) la documentazione esibita (e relativa al “registro degli inquilini”) non era probante perchè vistosamente non genuina; c) non era possibile riconoscere la richiesta protezione umanitaria, in assenza della prova di un effettivo radicamento in Italia e perchè anche la patologia dichiarata avrebbe potuto essere curata e contenuta in Ucraina.
2. Il decreto, pubblicato il 16.10.2018, è stato impugnato da B.A. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa motivazione in relazione al diniego della richiesta protezione internazionale sussidiaria. Si evidenzia come omessa la motivazione in relazione alle seguenti questioni, pur dedotte come ragioni che giustificavano un giudizio di positiva credibilità in ordine alla provenienza della ricorrente da *****: a) la richiesta del visto turistico era stata presentata nella città di ***** perchè città più vicina alla Polonia (paese cui inizialmente la ricorrente voleva trasferirsi) e perchè dotata di una burocrazia più veloce ed efficiente nel rilascio dei predetti permessi; b) la diversa ascendenza materna del fratellastro giustificava la provenienza di quest’ultimo dalla città di Cernivtsi, città prossima a ***** e lontana da *****; c) l’autenticità del documento esibito, e cioè del “registro inquilini”, posta in dubbio, invece, dal tribunale per la presenza di timbri ucraini, era facilmente spiegabile con la circostanza che le rivolte filo-russe nella città di ***** erano avvenute molti anni dopo la confezione del documento; d) la dichiarazione consolare doveva ritenersi autentica e doveva anche ritenersi omessa la valutazione dell’atto di donazione della ricorrente alla madre di un immobile nella città di *****.
2. Con il secondo motivo si articola, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa motivazione in relazione al mancato riconoscimento della richiesta protezione umanitaria.
3. Con il terzo mezzo si denuncia vizio di erronea e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.
4. Con la quarta doglianza si censura il provvedimento impugnato per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.
5. Il ricorso è fondato.
5.1 Possono essere esaminati congiuntamente il primo e quarto motivo di censura, riguardando entrambi il diniego della richiesta tutela protettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.
Ebbene, la censura è fondata.
Si contesta la valutazione negativa del tribunale in ordine al profilo di credibilità della richiedente circa la sua provenienza dalla città di *****, situata in zona interessata dal conflitto regionale tra esercito ucraino e le frange indipendentiste filo-russe.
Sul punto, deve ritenersi come omessa integralmente la motivazione su un fatto decisivo per dimostrare la credibilità della ricorrente in relazione alla provenienza di quest’ultima da una zona di guerra, e cioè la stipulazione di un atto di donazione di un bene immobile della ricorrente in favore della madre, immobile situato nella città di *****. Ed invero, tale elemento probatorio riguardante un fatto decisivo della controversia è stato integralmente obliato da parte del tribunale ambrosiano, così rendendo l’iter argomentativo mancante di un passaggio fondamentale per la sua tenuta.
Ma anche la questione della presenza dei timbri ucraini nel registro sopra richiamato risulta motivazione apodittica, e dunque solo apparente, se solo si considera che il documento risultava confezionato nel 2009 e dunque molti anni prima dell’insorgere del conflitto che contestava la legittimità della sovranità ucraina nelle province poste al confine con la Russia.
L’accoglimento del primo e quarto motivo assorbe l’esame delle ulteriori doglianze.
Si impone pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Milano, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo e quarto motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020