LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21207/2018 proposto da:
E.I.J.C., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Chiara Villante, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis.
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il 27/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/10/2019 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso al Tribunale di Brescia, E.I.J.C., cittadino del Camerun, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con Decreto n. 2015 del 2018, depositato il 27 maggio 2018, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.
2. Il giudice di merito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento allo straniero dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.
3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso E.I.J.C. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a tre motivi. Il resistente ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo e secondo motivo di ricorso, E.I.J.C., denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3 e 14, nonchè l’omesso o erroneo esame di un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
1.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – non credibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di origine, consistiti nel “timore di essere perseguitato in quanto nipote del rivoluzionario L.d.M. morto in *****”.
1.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, della situazione socio-politica del Paese di origine.
1.3. I motivi sono inammissibili.
1.3.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui ai novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).
In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.
1.3.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha ampiamente ed adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro contraddittorietà ed inverosimiglianza, avendo il Tribunale rilevato numerose incongruenze e difformità del narrato, sia in ordine alla presunta gestione dei terreni dello zio rivoluzionario, che gli sarebbero stati – inverosimilmente – affidati quando aveva appena dodici anni, sia in ordine all’indicazione degli oppositori al rientro in patria della salma dello zio, morto in America, individuati, dapprima, negli abitanti del suo villaggio, poi, nel capo del villaggio, infine, nello stesso Governo del Paese, che avrebbe temuto che il rientro della salma avrebbe provocato disordini. Diverse incongruenze ed inesattezze sono state, altresì, rilevate dal giudice di merito per quanto concerne i motivi per i quali lo zio lottava politicamente, e la sua stessa permanenza in Camerun, essendo risultato che il medesimo – musicista, autore di canzoni di protesta – aveva girato in vari paesi africani, in tal modo venendo ad essere smentito anche l’assunto del richiedente di avere sempre vissuto con il medesimo in Camerun. A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758). E neppure risulta che l’istante abbia allegato e dimostrato, nel giudizio di merito, di essersi rivolto alle autorità di polizia e di non avere ricevuto protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c).
Il Tribunale ha, pertanto, correttamente escluso in radice – attesa la non credibilità dello straniero – la concessione al medesima dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).
1.3.3. Per quanto concerne, poi, la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), del decreto succitato, va osservato che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).
1.3.4. Nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che i fatti allegati nel giudizio di merito non attengono a situazioni di violenze indiscriminate, derivanti da un conflitto armato interno o internazionale, trattandosi di circostanze relative ad una vicenda personale del richiedente, in relazione alla quale il medesimo non è stato ritenuto neppure credibile. In ogni caso, il giudice adito ha accertato – sulla base di fonti internazionali aggiornate citate nel provvedimento, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 – che la regione di provenienza del ricorrente è immune da situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata, derivanti da conflitti in atto. A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.
1.4. Per tutte le ragioni esposte, le censure, poichè inammissibili, non possono trovare accoglimento.
2. Con il terzo motivo di ricorso, E.I.J.C. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non abbia inteso concedere al medesimo neppure la misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, nonostante che nei fatti allegati fossero ravvisabili evidenti ragioni di vulnerabilità.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale, e che l’istante non ha comunque allegato in giudizio nessuna situazione particolare di vulnerabilità. Del resto l’accertata non credibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., 13/11/2019, nn. 29459, 29460, 29461). Nè il ricorrente – al di là di astratte dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità, al di là di un generico riferimento ad un percorso formativo svolto in Italia.
2.2.2. Il mezzo deve essere, di conseguenza, dichiarato inammissibile.
3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020