Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.667 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31888/2018 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Barnaba Tortolini 30 presso lo studio dell’avvocato Ferrara Alessandro che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3276/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/11/2019 da Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 30 giugno 2018, la Corte d’Appello di Napoli ha confermato il rigetto delle istanze volte al riconoscimento della protezione internazionale, avanzate da M.S., cittadino del Pakistan, evidenziando che la condizione di miseria non integra i presupposti per ottenere il titolo di soggiorno per motivi umanitari, nel senso richiesto dalla legislazione vigente, coperta da discrezionalità condizionata, anche da ragioni di bilancio.

Lo straniero ha proposto ricorso per due motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato un atto di costituzione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, art. 33 Convenzione di Ginevra ed art. 8 della CEDU, in relazione agli artt. 2,10 e 117 Cost. Dopo aver evidenziato che la protezione umanitaria, in quanto paradigma aperto alla tutela delle situazioni più disparate, amplia la categoria dei diritti umani fondamentali (accesso alla terra, diritto al cibo, all’acqua all’abitazione ed ai servizi igienico-sanitari), il ricorrente lamenta che la Corte napoletana non ha neppure astrattamente considerato se lo stabile radicamento nel contesto italiano poteva sostanziare la fattispecie normativa de qua, nè ha tenuto conto che esso richiedente poteva chiedere, a breve, un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

2. Col secondo motivo, si prospetta la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 1, lett. b) nonchè del comma 2, lett. a) in riferimento ai parametri di cui agli artt. 2,10 e 117 Cost. ed art. 8 CEDU quale parametro interposto. Il ricorrente dubita che l’eliminazione dell’istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari sia conforme agli indicati parametri costituzionali.

3. Premesso che il dubbio di costituzionalità non è rilevante, dovendo il presente procedimento essere valutato alla stregua delle disposizioni antecedenti il menzionato D.L. n. 113 del 2018 (Cass. SU n. 29459 del 2019), il ricorso è infondato.

4. La Corte di appello ha escluso che in capo al richiedente fosse rinvenibile una qualche situazione di vulnerabilità per essere la migrazione stata determinata da ragioni di carattere economico e tale affermazione non è stata efficacemente censurata dal ricorrente, che invoca, piuttosto, un concetto di vulnerabilità sociale fondato su principi di civiltà giuridica, i quali tuttavia esulano dal perimetro della protezione umanitaria, qui in rilievo, tenuto conto che la condizione di vulnerabilità atta a giustificare il riconoscimento di tale tipo di permesso di soggiorno deve essere sempre correlata ad elementi legati alla vicenda personale del richiedente, e deve essere apprezzata nella sua individualità e concretezza (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455), non potendo, dunque, venire in rilievo esigenze riferibili, in tesi, ad intere popolazioni, quali quelle delineate dal ricorrente.

5. Quanto al tema dell’integrazione, va osservato che il ricorrente neppure prospetta quella che egli abbia raggiunto e significativamente invoca valutazioni astratte, senza, però, considerare che il parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria, ma non ne costituisce, neppure in linea di principio, fattore esclusivo.

6. Non si fa luogo a statuizioni sulle spese, in assenza di attività difensiva da parte dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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