Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.678 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26191/2018 proposto da:

I.L., elettivamente domiciliato in Roma V.le Università 11, presso lo studio dell’avvocato Benzi Emiliano che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ballerini Alessandra;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****, Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale Milano, Pubblico Ministero;

– intimato –

avverso la sentenza n. 774/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/11/2019 da Dott. NAZZICONE LOREDANA

RILEVATO

– che il ricorrente ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 14 febbraio 2018, la quale ha respinto l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città, che aveva a sua volta rigettato l’opposizione al diniego di riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese l’intimato.

CONSIDERATO

– che il motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Cost., art. 11 del patto internazionale delle Nazioni unite del 1966, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, artt. 5, comma 6, T.U. Immigrazione, non avendo la corte del merito ritenuto sussistere i presupposti della protezione umanitaria, nonostante la situazione socio-economica della Nigeria, la povertà, la corruzione di questo paese, la sproporzione tra i contesti di vita, il percorso di integrazione intrapreso;

– che il motivo è manifestamente inammissibile;

– che la corte del merito ha accertato come non siano ravvisabili atti di persecuzione personale, trattandosi di una mera vicenda familiare, e come manchi, altresì, qualsiasi idonea indicazione del ricorrente sulle proprie condizioni soggettive di vulnerabilità o sul suo inserimento sociale;

– che, in definitiva, la sentenza impugnata ha compiutamente esaminato la situazione fattuale, onde il motivo si palesa inammissibile, in quanto si chiede di ripetere il giudizio di fatto, attività preclusa in virtù della funzione di legittimità;

– che non occorre provvedere sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara che sussistono presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, se dovuto, per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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