Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.695 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28201-2018 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BAIAMONTI, 4, presso lo studio dell’avvocato LIPPI ANDREA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

A.G. propone ricorso articolato in unico motivo avverso il decreto n. 1730/2018 reso il 22 marzo 2018 dalla Corte d’Appello di Perugia.

L’intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese.

Il decreto impugnato, pronunciando su domande di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, proposte inizialmente davanti alla Corte d’Appello di Roma dalle parti di un giudizio amministrativo svoltosi al 1993 al 2011 davanti al TAR Lazio, in seguito alla riassunzione operata per la dichiarazione di incompetenza resa il 22 luglio 2013 dal primo giudice, ha dichiarato estinto il solo giudizio riguardante A.G.. La Corte di Perugia ha infatti evidenziato come, a fonte del decreto di incompetenza del 22 luglio 2013, A.G. avesse depositato il suo ricorso in riassunzione il 21 novembre 2013, “ben oltre i termini di giorni 90 dal deposito del decreto di incompetenza”.

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 50 c.p.c. e L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, in quanto il termine per la riassunzione andava a scadere il 5 dicembre 2013 ed era perciò stato rispettato con il ricorso depositato il 21 novembre 2013.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Deve premettersi che la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, ai sensi della L. n. 742 del 1969, art. 1, ha carattere generale e le eccezioni a questa regola, elencate nell’art. 3 della stessa legge, hanno carattere tassativo e quindi sono insuscettibili di interpretazione analogica. Ne consegue che nel procedimento di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole del processo, di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, il termine fissato dal giudice, come nella specie, o, in mancanza, dalla legge, al fine della tempestiva riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente, ai sensi dell’art. 50 c.p.c., è soggetto a sospensione, non rientrando tale procedimento tra quelli per i quali non è applicabile la sospensione feriale dei termini.

Nel caso in esame, il termine di novanta giorni dal decreto di incompetenza del 22 luglio 2013 doveva perciò intendersi sospeso tra il primo agosto ed il quindici settembre di quell’anno, per effetto della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale calcolata alla stregua della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, nella formulazione all’epoca operante, essendo poi entrata in vigore il 1 gennaio 2015, in forza del D.L. n. 2014 n. 132, art. 16, comma 1, (conv., con modif., dalla L. n. 162 del 2014), la sostituzione del testo di detta norma, nel senso di ridurre il periodo di sospensione al periodo di 30 giorni corrente dal 1 al 31 agosto di ciascun anno. La riassunzione a seguito della declaratoria di incompetenza del 22 luglio 2013 doveva quindi intervenire entro il 5 dicembre 2013, ed era perciò evidentemente tempestivo, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d’Appello di Perugia, il ricorso depositato da A.G. il 21 novembre 2013.

Il decreto impugnato va dunque cassato, nei limiti della censura di A.G. qui accolta, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Perugia, che si uniformerà agli enunciati principii e terrà conto dei rilievi svolti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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