Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.716 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29717-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

MULTIMEDIA INFORMATICA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEI PRATI DEGLI STROZZI 33, presso lo studio dell’avvocato LOREDANA MENICUCCI, rappresentata e difesa dall’avvocato AMERIGO FESTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2307/4/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il 13/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro la Multimedia Informatica srl, in liquidazione, impugnando la sentenza resa dalla CTR Campania indicata in epigrafe che ha confermando la decisione di annullamento dell’avviso di accertamento emesso per l’anno d’imposta 2007 sulla base di contestazioni relative ad operazioni inesistenti resa dal giudice di primo grado.

La CTR ha osservato che in caso di operazioni soggettivamente inesistenti incombeva sull’ufficio l’onere di dimostrare la conoscenza da parte del contribuente della frode altrui, aggiungendo che nel caso di specie la prova della consapevolezza non era stata fornita dall’amministrazione finanziaria nè la stessa poteva evincersi dall’avviso di accertamento o dal pvc.

Secondo la CTR la società contribuente si era approvvigionata per l’anno 2008 con società, specificamente indicate in motivazione, che non avevano i requisiti tipici delle “cartiere” – carenza di strutture ed organizzazione, omissioni di pagamenti e vendite sottocosto – ed erano state pienamente operative, come dimostrato dalla parte contribuente. La CTR ha richiamato, a tal proposto, le sentenze tributarie e penali che avevano escluso perchè il fatto non sussiste le ipotesi di frode carosello e triangolazione IVA a carico degli acquirenti e dei clienti maggiori della Multimedia consorella Mediogroup.

La parte intimata si è costituita con controricorso ed ha depositato memoria. Anche l’Agenzia delle entrate ha depositato, in data 26.11.2019 e dunque oltre il termine di cui all’art. 378 c.p.c., memoria che non può quindi essere esaminata.

Con il primo motivo l’Agenzia ha dedotto la nullità della sentenza che avrebbe focalizzato il suo esame sulla ripresa fiscale relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti, senza curarsi del fatto che l’atto di accertamento aveva contestato anche l’esistenza di operazioni oggettivamente inesistenti nonchè operazioni soggettivamente inesistenti per le quali era stata la stessa società a cedere i beni e rispetto alle quali non rilevava in alcun modo il coefficiente psicologico relativo alla consapevolezza della frode.

Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c., deducendo che la CTR avrebbe ignorato il valore fidefaciente del pvc nel quale era stata acclarata una cospicua serie di circostanze poste a fondamento dell’accertamento.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21, rilevando che, diversamente da quanto opinato dalla CTR, l’amministrazione avrebbe fornito gli elementi attestanti la consapevolezza della frode.

Il primo motivo di ricorso, sostanzialmente orientato a prospettare la carenza assoluta di motivazione su alcune questioni oggetto di causa, è fondato.

La CTR, in verità, nel rigettare l’appello proposito dall’ufficio, ha esclusivamente focalizzato la propria attenzione sull’esistenza o meno di operazioni soggettivamente inesistenti e le ha motivatamente escluse, ritenendo l’esistenza di plurimi elementi idonei ad asseverare l’assenza di frode carosello e di triangolazioni Iva sulla base della riconosciuta piena operatività delle società indicate dall’ufficio come coinvolte nella frode comunitaria. Tuttavia, il giudice di appello ha totalmente tralasciato di esaminare le censure che l’Agenzia aveva prospettato con riguardo alla decisione impugnata anche rispetto alle operazioni oggettivamente inesistenti ed all’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte della società contribuente, in tal modo omettendo di giustificare le ragioni che avevano condotto rispetto a tali contestazioni alla conferma della decisione impugnata.

Tali conclusioni resistono alle prospettazioni difensive esposte in memoria dalla controricorrente, rispetto alle quali è sufficiente evidenziare che l’appello proposto dall’ufficio era specificamente rivolto, per come riconosce la stessa controricorrente, anche alla verifica della correttezza della decisione di primo grado in ordine alla legittimità o meno delle operazioni oggettivamente inesistenti(nelle quali, dunque, si prospettava la totale assenza delle operazioni indicate nelle fatture e non già l’ipotesi di frode carosello). Da qui la totale pretermissione da parte del giudice di appello della questione sembra viziare la decisione sul punto.

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso meritano un esame congiunto e sono entrambi inammissibili.

Le censure, a ben considerare, concernono la motivazione della sentenza impugnata nella parte relativa alla ritenuta insussistenza della consapevolezza dell’intento frodatorio da parte della società contribuente e con specifico riferimento alle contestazioni relative ad operazioni soggettivamente inesistenti.

Ora, rispetto a tale questione l’Agenzia ha prospettato per un verso il valore fidefaciente del pvc senza tuttavia indicare in maniera specifica gli elementi fattuali che i verbalizzanti avrebbero individuato per dimostrare il coefficiente psicologico con specifico riferimento alle operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, in tal modo rendendo la censura inammissibile per carenza di specificità, nemmeno potendosi comprendere se i fatti stessi ai quali ha fatto riferimento la ricorrente erano stati direttamente accertati dagli organi ispettivi e fossero, conseguentemente, idonei a fare piena prova, fino a querela di falso.

Per altro verso, la censura tralascia di considerare gli accertamenti di fatto compiuti dalla CTR in ordine all’assenza dell’intento frodatorio e della stessa esistenza di frodi carosello che la CTR ha fondato sugli elementi già indicati e sulle sentenze penali che avrebbero scagionato i soggetti coinvolti nelle frodi loro ascritte, senza che l’Agenzia abbia specificamente impugnato tale parte della motivazione od offerto specifici elementi che il giudice avrebbe omesso di prendere in considerazione attraverso una censura relativa all’omesso esame di fatti controversi, decisivi ed oggetto di contraddittorio.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del primo motivo di ricorso, inammissibili il secondo e il terzo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Campania, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando inammissibili il secondo ed il terzo motivo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Campania, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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