LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3737/2016 proposto da:
D.L., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Daniele Portinaro in forza di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Id Sud Sa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Viale di Villa Massimo 57, presso lo studio professionale associato Baker e McKenzie e rappresentato e difeso dagli avvocati Gianfranco Di Garbo, Gaetano Iorio Fiorelli e Guido Brocchieri che la rappresentano e difendono in forza di procura speciale notarile 3/3/2016;
– controricorrente incidentale in via condizionata –
contro
D.L., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Daniele Portinaro in forza di procura speciale in calce al ricorso;
– controricorrente al ricorso incidentale condizionato –
avverso la sentenza n. 12632/2014 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 28/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/11/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA
1. Il Dott. D.L. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la società francese ID SUD SA, affermando di essere unico socio, direttamente o per il tramite di terzi, della società GPA Gestione Partecipazioni Agricole S.A. e che la ID SUD intendeva rilevarne il capitale; che era stato raggiunto un accordo in tal senso per un corrispettivo di Euro 12.000.000,00, poi ridotto a Euro 11.000.000,00, pagato mediante accollo da parte di ID SUD del debito di GPA verso la Banca Agricola Mantovana per Euro 7.000.000,00, versamento di Euro 1.000.000,00 (poi annullato) e pagamento per Euro 4.000.000,00 di altri debiti di GPA; che nonostante gli scambi di bozze contrattuali, gli appuntamenti fissati per la sottoscrizione (da ultimo al 17/4/2007) e l’avvenuta consegna di un assegno a firma L. a titolo di caparra e per gli effetti dell’art. 6 del contratto predisposto in bozza, la promissaria acquirente non si era più presentata senza fornire giustificazioni.
Tanto premesso l’attore ha chiesto la condanna di ID SUD al pagamento di Euro 500.000,00, quale penale contrattualmente stabilita oltre interessi e, in subordine, introducendola con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, la condanna della convenuta al risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale.
Si è costituita in giudizio ID SUD, eccependo il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria italiana, chiedendo il rigetto della domanda dell’attore e assumendo che nessun contratto era stato concluso e che l’assegno di Euro 500.000,00 era stato consegnato il 3/5/2007 all’avv. Nocita, non già in esecuzione di un contratto che non era stato concluso ma quale acconto sugli onorari a lui spettanti per la gestione dell’operazione, quando fosse stata conclusa.
Il Tribunale di Milano con sentenza del 28/10/2014, ritenuta implicitamente la giurisdizione, ha respinto la domanda principale dell’attore e ha dichiarato inammissibile la sua domanda subordinata, integrante mutatio libelli, condannandolo alla rifusione delle spese processuali di controparte.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello D.L., solo in punto domanda principale, a cui ha resistito l’appellata ID SUD SA.
La Corte di appello di Milano con ordinanza del 30/6/2015, ex art. 348 bis e ter c.p.c., ha dichiarato inammissibile l’appello gravando l’appellante delle spese di lite.
3. Con atto notificato il 29/1/2016 D.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado del 28/10/2014, svolgendo unico motivo.
Con atto notificato il 9/3/2016 ha proposto controricorso e ricorso incidentale condizionato l’intimata ID SUD SA, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, per la cassazione della sentenza di primo grado, per il caso di accoglimento dell’avversario ricorso, per il difetto di giurisdizione del giudice italiano, come eccepito in primo grado e riproposto in appello con il gravame incidentale condizionato, rimasto assorbito, in difetto di qualsiasi criterio di collegamento della società francese, priva di dipendenze in Italia, con il territorio italiano e in assenza di un rapporto contrattuale.
Con controricorso al ricorso incidentale condizionato avversario notificato il 18/4/2016 il ricorrente D.L. si è opposto al ricorso incidentale, sostenendo che esso non avrebbe potuto essere esaminato solo in via condizionata, come richiesto dalla controricorrente, attenendo a questione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e chiedendo di accertare preliminarmente l’eventuale difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore del giudice francese.
La controricorrente ha depositato memoria del 28/10/2019.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente principale sollecita la Corte a esaminare preliminarmente il ricorso incidentale avversario, pur dichiaratamente condizionato, assumendone la priorità logico-giuridica per la sua attinenza a questione di giurisdizione (e in particolare al difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello francese) e sollecita espressamente un esame preliminare della questione.
Tale richiesta non può essere condivisa.
Nella giurisprudenza di questa Corte si è ormai affermato il principio che le parti hanno la facoltà, per effetto del principio dispositivo, di disporre dell’ordine logico delle questioni poste, salvo che queste non siano rilevabili d’ufficio, e, quindi, possono condizionare l’appello incidentale all’accoglimento di quello principale concernente il merito della causa, ancorchè, con l’impugnazione incidentale, ripropongano una questione di carattere pregiudiziale o preliminare (di rito o di merito), giacchè, se l’appello principale, che deve essere sottoposto ad un preventivo esame, risultasse totalmente infondato, l’appellante incidentale non avrebbe più interesse a che il proprio gravame fosse deciso, poichè il suo eventuale esito positivo non potrebbe portare ad un risultato a lui più favorevole relativamente all’oggetto della controversia (Sez. 2, n. 5134 del 21/02/2019, Rv. 652759 – 01).
Proprio in ordine alla proposizione di ricorso incidentale condizionato su questione preliminare di giurisdizione si è ormai delineato un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, il cui fine primario è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione (come è avvenuto nel caso in esame con il rigetto della domanda attorea nel merito), tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di Cassazione solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Sez. 3, n. 6138 del 14/03/2018, Rv. 648420 – 01; Sez. 1, n. 4619 del 06/03/2015, Rv. 634674 – 01; Sez. U, n. 7381 del 25/03/2013, Rv. 625558 – 01; Sez. U, n. 5456 del 06/03/2009, Rv. 606973 – 01).
Nè giova al ricorrente il rilievo della modifica dell’art. 37 c.p.c., con l’abrogazione del suo comma 2, tenuto conto del tenore della norma che lo ha sostituito, ossia la L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 11, secondo cui “Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E’ rilevato dal giudice d’ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se ricorre l’ipotesi di cui all’art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale”.
Del resto, a norma dell’art. 4 della stessa legge la parte straniera interessata ben può accettare la giurisdizione italiana e ciò può anche avvenire con la tecnica del condizionamento del gravame sul punto.
2. Con il motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 116 c.p.c. e dei principi in materia di valutazione delle prove.
2.1. Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha ritenuto che l’attore intendesse provare i suoi assunti con la prova costituenda e non ha tenuto in considerazione la prova precostituita agli atti e i numerosi argomenti prospettati, rispetto ai quali la prova orale avrebbe svolto un ruolo meramente confermativo.
Il ricorrente afferma che in data 17/4/2007 le parti avevano concluso l’accordo a tutti gli effetti che aveva bisogno solo di essere formalizzato, come dimostrava la consegna dell’assegno da parte di ID SUD.
2.2. Lungi dall’introdurre la dichiarata censura per violazione di legge, il ricorrente lamenta in realtà una errata valutazione delle prove, che, a suo dire, se opportunamente condotta avrebbe dovuto condurre ad altro risultato ossia all’accertamento in fatto dell’avvenuta stipulazione del contratto di cessione delle quote in data 17/4/2007, che egli pretenderebbe di ritrarre dalla consegna da parte della convenuta di un assegno di Euro 500.000 in data 16/4/2007 presso lo studio dell’avv. Nocita.
2.3. E’ d’uopo ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi, riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; analogamente, la violazione dell’art. 116 c.p.c., è idonea a integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova; detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcun piuttosto che a altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato “della valutazione delle prove” (Sez. 3, 28/02/2017, n. 5009; Sez. 2, 14/03/2018, n. 6231).
2.4. Il ricorso non è stato proposto per vizio motivazionale, nei ristretti limiti del “minimo costituzionale” attualmente consentito dal mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, fra l’altro precluso ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 4, poichè la dichiarata inammissibilità è stata fondata sulle stesse ragioni di fatto poste a base della sentenza di primo grado.
Solo per completezza è il caso di aggiungere che il Tribunale, a pagina 6, lett. b), ha valutato specificamente la tesi difensiva della dimostrazione della stipulazione del contratto sulla base del rilascio dell’assegno di Euro 500.000,00, escludendone la persuasività sulla base delle incongruenze temporali della sequenza dedotta dal D. e della spiegazione alternativa della consegna dell’assegno dal L. per conto di ID SUD all’avv. Nocita.
3. Per le ragioni esposte nel p. 1 il ricorso incidentale condizionato resta assorbito dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale.
Le spese seguono la soccombenza liquidate come in dispositivo, avuto riguardo all’effettivo valore della controversia.
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 20.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020