LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2641/2016 proposto da:
Mezzana Seconda Soc. Coop. Edificatrice a r.l., in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Corridori n. 48, presso lo studio dell’avvocato Toscano Isidoro, rappresentata e difesa dall’avvocato Giannelli Alessandro, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
B.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Vincenzo Bellini n. 10, presso lo studio dell’avvocato Lai Molè Alberto, rappresentato e difeso dagli avvocati Conti Simone, Lisini Alessandro, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4040/2015 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 17/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/11/2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
FATTI DI CAUSA
B.L. agiva in sede monitoria nei confronti della Mezzana Seconda Soc. Coop. Edificatrice a r.l., di cui era stato socio sino al 13 novembre 2009, esponendo che: era divenuto assegnatario della proprietà superficiaria di un appartamento facente parte del Peep cd. “Mezzana” nel Comune di Pontassieve; aveva dovuto corrispondere una ulteriore somma a titolo di finanziamento per l’acquisizione da parte della Cooperativa di un ulteriore lotto di terreno, denominato “D”, nell’ambito della stessa zona Peep di cui faceva parte l’immobile di cui era assegnatario, essendo stato rassicurato dagli organi della Cooperativa che il finanziamento sarebbe stato rimborsato ai soci che non fossero risultati assegnatari di quartieri realizzati sul medesimo lotto “D”; tale accordo era stato riportato negli atti di assegnazione degli altri soci che prevedevano l’obbligo restitutorio della Cooperativa, a condizione che fosse rilasciata la concessione edilizia per la realizzabilità delle costruzioni previste sul medesimo lotto; la suddetta condizione si era avverata, ma vanamente egli aveva richiesto la restituzione della somma anticipata; chiedeva quindi di condannare la Cooperativa a corrispondere Euro 3021,79.
Il Giudice di Pace di Pontassieve emetteva il decreto ingiuntivo e rigettava l’opposizione della Mezzana Seconda, il cui gravame era rigettato dal Tribunale di Firenze con la sentenza indicata in epigrafe.
Ad avviso del Tribunale, l’atto di assegnazione del B. non prevedeva espressamente l’obbligo della Cooperativa di rimborsare le somme da lui versate a titolo mutualistico, ma detto obbligo era riconosciuto in via generale negli atti di assegnazione degli altri soci, a favore di “ogni singolo socio che abbia contribuito all’acquisizione del lotto “D” – ma non abbia assegnazione di unità immobiliari nell’ambito del medesimo – l’importo che egli abbia anticipato “pro quota” per detto titolo. Ciò non appena la realizzabilità della relativa costruzione divenga certa col ritiro della concessione edilizia che la concerne”. Tale previsione costituiva “una sorta di “promessa al pubblico”, ovvero di contratto anche a favore di terzo” che faceva superare la circostanza che la cooperativa non avesse assunto nei confronti della Bo. un analogo impegno poichè, ragionando diversamente, si verrebbe a configurare un’irragionevole disparità di trattamento tra i soci della cooperativa. Unica condizione per il rimborso era l’avvenuto rilascio della concessione edilizia, senza possibilità di invocare le diverse previsioni statutarie (come l’art. 14) prevedenti la necessità di un’apposita Delib. sociale o del consiglio di amministrazione, o di applicare l’art. 2535 c.c., nella parte in cui subordina la liquidazione della quota del socio uscente alla riduzione pro quota delle eventuali perdite, venendo in rilievo un credito mutualistico del socio e non una questione attinente alla liquidazione della quota sociale.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la Cooperativa Mezzana sulla base di due motivi; il B. resiste con controricorso. Le parti hanno presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1372,1411,1989 e 2535 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere condannato la Cooperativa ad un rimborso non deliberato dai suoi organi secondo lo statuto, nè previsto indiscriminatamente a favore di tutti i soci assegnatari del finanziamento, ma solo dei soci a cui favore il rimborso era stato previsto nei relativi atti di assegnazione, dei quali il B. non poteva giovarsi, avendo il tribunale erroneamente qualificato i suddetti atti come promessa al pubblico o contratto a favore di terzo.
Il motivo è infondato con le seguenti precisazioni in punto di diritto.
Questa Corte in un precedente riguardante un altro socio della stessa cooperativa ha “chiarito che, come si evince chiaramente dalla stessa prospettazione della controricorrente, le somme della cui restituzione si discute costituivano un finanziamento effettuato dalla socia in favore della società e non un conferimento di capitale. Consegue che la problematica va ascritta all’area dei contratti con scopo di mutuo, anzichè a quella – tipicamente societaria – della liquidazione del socio uscente”. Ha rilevato che “Nella specie entrambe le parti concordano sulla circostanza che trattasi di somme erogate a titolo di mutuo (testualmente “a titolo di finanziamento pro quota (…); non tragga in inganno la dicitura “pro quota”, che esprime il frazionamento del mutuo fra i soci-mutuanti, non la destinazione del versamento in conto capitale). Del resto, che trattasi di somme erogate alla società a titolo di mutuo risulta chiaramente anche dalla natura della società (cooperativa edilizia) e dall’oggetto sociale (realizzazione, con i finanziamenti dei singoli soci, di una serie di unità immobiliari). Consegue che il richiamo all’art. 2535 c.c., da parte del tribunale è inappropriato e, più in generale, che deve escludersi che qui possa venire il rilievo il principio – ravvisato dal tribunale e della cui effettiva esistenza nel diritto societario non giova occuparsi – del paritario trattamento dei soci” (Cass. n. 20891 del 2018).
Se in tal senso dev’essere qualificata l’erogazione di denaro effettuata dal socio B., allora deve convenirsi che inerente all’operazione di mutuo è l’obbligo di restituzione da parte della cooperativa mutuataria, senza necessità di una specifica pattuizione che la preveda, essendo diritto del creditore ricorrere al giudice per la fissazione del termine della restituzione, a norma degli artt. 1183 e 1817 c.c., tanto che la prescrizione del diritto del mutuante decorre dalla data stessa dalla stipula del mutuo (Cass. n. 14345 del 2009).
Ad un’analoga conclusione potrebbe pervenirsi valorizzando lo scopo mutualistico in senso ampio dell’erogazione, sebbene effettuata per contribuire alla realizzazione di unità immobiliari su un terreno diverso da quello ove insisteva l’immobile assegnato al B.. Se si tratta infatti di anticipazioni o esborsi effettuati dal socio per il conseguimento di singoli beni o servizi prodotti dalla cooperativa, il socio diventa creditore e la cooperativa debitrice per la restituzione delle somme anticipate, a seguito dello scioglimento del rapporto sociale (Cass. n. 9393 del 2004, n. 24861 del 2015), nella specie avvenuto con il recesso del B..
Detta conclusione è confermata dalla previsione del rilascio della concessione edilizia come condizione del rimborso ai soci diversi da quelli assegnatari di unità immobiliari nel lotto “D”, condizione il cui avveramento, nella specie, è segno del raggiungimento dello scopo mutualistico dell’erogazione, con la conseguenza che il diritto al rimborso deve ritenersi perfezionato.
La tesi della cooperativa ricorrente che, da un lato, reputa necessaria una specifica pattuizione tra le parti ai fini del rimborso e, dall’altro, ritiene di trovare conferma di ciò nella previsione del rimborso a favore degli altri soci per effetto delle pattuizioni inter partes, non è condivisibile in entrambi i profili.
Il primo per quanto si è detto, essendo il diritto al rimborso inerente all’operazione di mutuo e alla richiesta restitutoria del socio creditore, nonchè confermato dallo scioglimento del rapporto sociale. Sarebbe stata, al contrario, necessaria una pattuizione derogatoria tra le parti (insussistente nella specie) per differire l’azionabilità del diritto al rimborso mediante la previsione specifica di un termine non ancora compiuto, termine che potrebbe essere “in potestate creditoris” (Cass. n. 13661 del 2001) ma non “in potestate debitoris”, come implicitamente assume la ricorrente quando afferma che il finanziamento sarebbe stato rimborsato a seguito di successiva Delib. della stessa cooperativa, previsione quest’ultima non contenuta nell’atto di assegnazione del B. che nulla prevedeva circa le modalità di rimborso del finanziamento per l’acquisizione del lotto “D”, diversamente da quanto riferito nel precedente richiamato con riferimento a quella fattispecie.
Con riguardo al secondo profilo, se alla pattuizione di rimborso inserita negli atti di assegnazione (a favore di “ogni singolo socio che abbia contribuito all’acquisizione del lotto “D” ma non abbia assegnazione di unità immobiliari nell’ambito del medesimo…. Ciò non appena la realizzabilità della relativa costruzione divenga certa col ritiro della concessione edilizia che la concerne”) non può attribuirsi rilievo di ricognizione di debito – non essendo rivolta direttamente dalla cooperativa al socio con lo specifico intento di costituirsi debitrice del secondo (Cass. n. 2104 del 2012, n. 1101 del 2006, secondo cui non rileva il riconoscimento del debito per interposta persona) -, ad essa può attribuirsi rilievo di confessione stragiudiziale fatta ad un terzo, a norma dell’art. 2735 c.c., come implicitamente ritenuto dal Tribunale con apprezzamento di fatto conforme a legge e incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 4012 del 1983, n. 736 del 1978). Tale conclusione non è in contraddizione con il riferimento, insuscettibile di integrare ratio decidendi e avente nella sentenza impugnata una finalità meramente rafforzativa della decisione, agli istituti del contratto a favore di terzo e della promessa al pubblico.
Il secondo motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione del D.M. Giustizia n. 55 del 2014, artt. 1 e 4, è inammissibile, risolvendosi in un’apodittica doglianza di eccessività della liquidazione delle spese con riferimento ad una fase istruttoria o di trattazione che si assume non svolta, in contraddizione con la liquidazione operata per l’intero giudizio senza indicazione delle fasi.
In conclusione, il ricorso è rigettato.
Le spese devono essere compensate, in considerazione della complessità della questione giuridica esaminata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020
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