LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9617/2016 proposto da:
D.P.C., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma V. Boezio 14, presso lo studio dell’avvocato Mario Libertini, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Emanuele Tringali, in forza di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
e contro
Fruitgrowing Equipment & Service s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini, 73 presso lo studio dell’avvocato Arnaldo Del Vecchio che la rappresenta e difende in sostituzione dell’avvocato Carlo Emanuele Mayr, in forza di procura speciale notarile;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1535/2015 della CORTE4' D’APPELLO di CATANIA, depositata il 12/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 7/10/1998 la Zanzi Fruitgrowing Equipment s.r.l. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Caltagirone C.B., + ALTRI OMESSI, assumendo di essere licenziataria esclusiva per l’Europa e il bacino del Mediterraneo del brevetto per invenzione di nuova varietà vegetale n. *****, relativo a una qualità di vite, ottenuto dall’Università della California.
L’attrice ha sostenuto che le aziende agricole dei convenuti nel territorio di Mazzarone avevano piantato viti della varietà predetta in violazione della privativa, come accertato all’esito di procedimento cautelare per descrizione, sequestro e inibitoria, ha chiesto la convalida dei provvedimenti cautelari, l’accertamento della contraffazione, la fissazione di congrue penali, la distruzione delle piante detenute dai convenuti e la pubblicazione della sentenza.
Alcuni convenuti sono rimasti contumaci e cioè C.G., + ALTRI OMESSI.
Si sono invece costituiti i convenuti B.R., + ALTRI OMESSI, contestando ammissibilità e fondatezza delle domande di parte attrice, instando per la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. ed eccependo la mancanza di titolarità del brevetto di cui hanno comunque chiesto in via riconvenzionale la declaratoria di nullità.
In subordine, i convenuti hanno addotto la responsabilità del Ministero dell’Industria, Artigianato e Commercio, di cui hanno chiesto e ottenuto la chiamata in causa, in ragione dell’affidamento in loro ingenerato per effetto delle certificazioni di decadenza del brevetto della varietà vegetale ***** adottate in data 24/2 e 15/5/1997 ma successivamente revocate.
Nelle more del processo in sede di reclamo sono stati revocati i provvedimenti di sequestro e inibitoria.
Si è costituito tardivamente il Ministero dell’Industria, Artigianato e Commercio, eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale adito in favore di quello catanese e chiedendo il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti.
Con sentenza non definitiva del 16/11/2003 il Tribunale di Caltagirone ha rigettato l’eccezione di incompetenza per territorio e una serie di eccezioni processuali, disponendo la rimessione della causa in istruttoria per l’accertamento della qualità di licenziataria in capo alla società attrice.
Interposta riserva d’appello da parte del Ministero e dei convenuti, il processo è stato interrotto per il decesso di L.T.G. e solo limitatamente a costui e quindi riassunto.
Con sentenza definitiva del 16/10/2008 il Tribunale di Caltagirone ha rigettato l’eccezione di estinzione del giudizio; ha dichiarato cessata la materia del contendere nei rapporti fra attrice e i convenuti C. e P., a spese compensate; ha rigettato ogni domanda dell’attrice verso i convenuti B. e B. con favore di spese; ha inibito agli altri convenuti la coltivazione della varietà *****, stabilendo una penale per le future violazioni e li ha condannati alla rifusione delle spese processuali; ha rigettato tutte le altre domande dell’attrice e le domande riconvenzionali dei convenuti.
2. Avverso le predette sentenze hanno proposto appello L.T.A., + ALTRI OMESSI, a cui ha resistito l’appellata Zanzi, dando atto della modifica della propria denominazione sociale in Fruitgrowing Equipment & Service s.r.l. ed eccependo l’incompetenza della Corte di appello di Catania in favore della Corte di appello di Catania – Sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale.
Si è costituito anche il Ministero dello Sviluppo Economico rilevando che non era stata appellata la sentenza di primo grado in punto rigetto della domanda di manleva e chiedendo la conferma di quanto statuito con favore di spese.
La Corte di appello di Catania, con sentenza parziale e non definitiva n. 699 del 5/4/2013, ha rigettato definitivamente l’appello proposto dagli appellanti avvero la sentenza non definitiva del 10/11/2003 del Tribunale di Caltagirone, a spese compensate fra gli eredi di L.T.G. e il Ministero dello Sviluppo Economico, e, non definitivamente decidendo, ha rigettato i motivi di appello indicati in motivazione, disponendo la prosecuzione del giudizio.
Con successiva sentenza definitiva del 12/10/2015 la Corte di appello di Catania ha rigettato definitivamente l’appello, condannando gli appellanti alla rifusione delle spese in favore della società appellata, a spese invece compensate nei rapporti con il Ministero.
3. Avverso le predette sentenze n. 699/2013 del 5/4/2013 e n. 1535/2015 del 12/10/2015, non notificate, con atto notificato il 12/4/2016 hanno proposto ricorso per cassazione L.T.E., + ALTRI OMESSI, svolgendo due motivi.
Con atto notificato il 24/5/2016 ha proposto controricorso Fruitgrowing Equipment Services s.r.l., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Con atto notificato il 20/5/2016 ha proposto controricorso il Ministero dello Sviluppo Economico rilevando l’avvenuta formazione del giudicato nei suoi confronti e chiedendo dichiararsi la sua estraneità al giudizio con favore di spese.
In data 14/11/2019 si è costituito un nuovo difensore per Fruitgrowing Equipment & Service s.r.l., munito di procura speciale allegata, che ha integrato successivamente la predetta costituzione con successiva comparsa del 22/11/2019, corredata di procura notarile del 19/11/2019.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 81,112 e 116 c.p.c. e agli artt. 2717 e 2719 c.c.
1.1. I ricorrenti sostengono la carenza di legittimazione attiva della società Zanzi Fruitgrowing Equipment per inesistenza del contratto di licenza e/o mancanza di originalità del documento da essa esibito al Notaio; lamentano difetto di prova in ordine alla titolarità di Zanzi Fruitgrowing Equipment della veste di licenziataria esclusiva per l’Europa del brevetto ***** per licenza rilasciata dalla University of California per la varietà vegetale di uva *****; omessa o errata pronuncia in ordine a richieste istruttorie decisive (come l’ordine di esibizione della licenza originale).
1.2. La questione della legittimazione attiva di Zanzi Fruitgrowing Equipment, attuale Fruitgrowing Equipment & Services, era stata risolta dalla sentenza n. 699/2013 sulla base della produzione in giudizio di un contratto di licenza in copia conforme all’originale, come attestato dal Notaio M.M. di *****, che in calce al documento prodotto aveva certificato che tale copia riproduceva esattamente l’originale documento a lui esibito; la Corte di appello ne aveva desunto che a tale copia, certificata conforme, dovesse essere attribuita piena efficacia probatoria.
Tale affermazione sarebbe viziata perchè non era stato prodotto nessun “contratto in copia conforme all’originale” ma solo una copia conforme di altra copia di contratto di incerta qualificazione giuridica; era la conformità a tale documento che era stata attestata dal Notaio M. e non quella all’asserito originale contratto concluso fra Zanzi e University of California; non vi era poi alcuna prova che il documento esibito al Notaio fosse effettivamente l’originale del contratto della cui esistenza era lecito dubitare.
1.3. La ricorrente in subordine eccepisce altresì la mancanza di autorizzazione all’azione a tutela del brevetto prevista dall’art. 13 del contratto di licenza da parte della University of California.
1.4. La sentenza 699/2013, parziale e non definitiva, a pagina 18, p. 5, ha affrontato il motivo di appello con cui era stata censurata la sentenza definitiva di primo grado, laddove il Tribunale di Caltagirone aveva ritenuto provata la qualità di licenziataria del brevetto per nuove varietà vegetali in capo a Zanzi Fruitgrowing Equipment, respingendo l’eccezione di non conformità all’originale della prodotta fotocopia del contratto di licenza.
La Corte territoriale ha dato rilievo al fatto che nel corso del giudizio di primo grado, dopo il disconoscimento della conformità della fotocopia prodotta da parte dell’attrice, era stata depositata una copia notarile, dotata di piena efficacia probatoria ex art. 2719 c.c., del contratto di licenza di brevetto, corredata dell’attestazione del Notaio M.M. di ***** “che la presente fotocopia riproduce esattamente l’originale documento esibitomi”.
Ai sensi dell’art. 2719 c.c., prima parte, le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente.
Il Notaio M. ha attestato, con efficacia fidefaciente sino a querela di falso, che gli era stato esibito un documento in originale, ossia il contratto di licenza fra University of California e Zanzi Fruitgrowing Equipment e che la fotocopia sulla quale ha apposto l’attestazione ne era la copia fedele.
Le argomentazioni dei ricorrenti in contrasto con questa lineare conclusione non possono essere condivise.
Non è vero innanzitutto che il Notaio abbia attestato la conformità della copia oggetto di attestazione ad altra copia e non all’originale del contratto concluso fra Zanzi e University of California; l’argomentazione circa l'”incerta qualificazione giuridica” del contratto è del tutto vaga, indeterminata e generica; vi era prova fidefaciente che il documento esibito al Notaio corrispondeva pienamente alla copia prodotta, rispetto al cui contenuto I ricorrenti semmai avrebbero dovuto rivolgere le loro censure.
1.5. La controricorrente ipotizza che con la doglianza i ricorrenti intendessero pretendere l’esistenza e l’esibizione di un atto pubblico a fondamento del rapporto di licenza e non una semplice scrittura privata, argomenta anche in ordine alla libertà di forme prevista per il contratto di licenza di nuova varietà vegetale e rileva infine che i ricorrenti non avevano mai contestato la provenienza dell’accordo di licenza ma solo la corrispondenza della copia all’originale.
Tali considerazioni difensive cautelative appaiono ultronee rispetto al tenore del motivo che nega solo l’idoneità probatoria dell’attestazione notarile, come si è osservato, del tutto infondatamente.
1.6. I ricorrenti assumono inoltre che la sentenza sarebbe viziata perchè la Corte aveva omesso di valutare negativamente ex art. 116 c.p.c. il comportamento processuale di Zanzi che non aveva mai prodotto l’originale del contratto di licenza.
A prescindere dal fatto dirimente che era stata prodotta in giudizio la copia conforme fidefaciente, non è consentito alla ricorrente censurare in sede di legittimità il mancato esercizio di una facoltà del tutto discrezionale da parte del giudice del merito.
La violazione dell’art. 116 c.p.c. è idonea a integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova; detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcun piuttosto che a altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato “della valutazione delle prove” (Sez.3, 28/02/2017, n. 5009; Sez.2, 14/03/2018, n. 6231).
1.7. Non convince neppure la censura di omesso esame di fatto decisivo per l’omessa pronuncia sulla richiesta di acquisizione dell’originale del contratto di licenza avanzata dai ricorrenti, dal momento che la Corte di appello ha risposto implicitamente, ma inequivocamente, dando atto della corrispondenza della copia all’originale.
1.8. La recriminazione subordinata svolta dai ricorrenti circa la mancanza di autorizzazione all’azione a tutela del brevetto prevista dall’art. 13 del contratto di licenza da parte della University of California introduce una questione nuova, poichè non risulta nè dalla sentenza impugnata, nè dallo stesso ricorso, quando e come tale eccezione sia stata proposta dai ricorrenti e fatta oggetto del contraddittorio nel giudizio.
Ciò assorbe l’ulteriore considerazione che i ricorrenti non sono legittimati a far valere una clausola contrattuale del rapporto fra University of California e Zanzi Fruitgrowing Equipment che possiede rilevanza meramente interna ai rapporti intercorrenti fra i contraenti.
2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 345 c.p.c., comma 2, e artt. 103 e 104 cod.propr.ind. a causa dell’omessa pronuncia o difetto di motivazione sull’eccezione di nullità del brevetto, formulata con atto di appello, reiterata con la memoria 10/12/2012 e nelle note di replica 29/6/2015.
2.1. La Corte di appello con la sentenza definitiva n. 1535/2015 aveva ritenuto che i nuovi profili di nullità brevettuale sollevati dagli appellanti con riferimento al rispetto delle condizioni previste dal D.Lgs. n. 455 del 1998, artt. 5, 6, 7, e 8 fossero inammissibili ex art. 345 c.p.c. perchè implicanti questioni del tutto nuove.
Così argomentando, la Corte avrebbe travisato i fatti di causa perchè la questione della nullità del brevetto ex artt. 103 e 104 cod.propr.ind. era stata sollevata con l’atto di appello e avrebbe comunque errato perchè essendo la nullità rilevabile d’ufficio, in forza di un principio generale valido non solo per le nullità negoziali ma anche per quelle brevettuali, in quanto espressione di interessi trascendenti quelli individuali, non poteva neanche porsi la questione della sua tardiva deduzione.
2.2. La Corte di appello di Catania con la prima sentenza, parziale e non definitiva n. 730 del 2013, a pagina 8 ha registrato la proposizione di un motivo di appello (n. 6) volto a censurare omessa pronuncia anche sulle eccezioni di nullità del brevetto e, a pagina 19 (p. 6) ha deciso al proposito di rinviarne l’esame all’esito dell’espletanda consulenza tecnica.
Con la successiva sentenza definitiva 1535 del 2015, a pagina 13, la Corte etnea ha ritenuto infondato il motivo di appello volto a dedurre la nullità del brevetto *****, osservando che gli appellanti non avevano fornito la prova a loro carico e richiamando le contrasti indicazioni formulate dal Consulente tecnico di ufficio.
La Corte territoriale, a pagina 14, ha preso infine in esame la deduzione di nuovi profili di invalidità brevettuali dedotti solo con le note di replica dagli appellanti, reputandoli tardivi e inammissibili perchè attinenti a questioni del tutto nuove.
I ricorrenti fanno presente di aver dedotto la nullità del brevetto già con il motivo di appello, cosa peraltro non disconosciuta dalla Corte territoriale, che invece ha distinto, nell’ambito dell’eccezione di nullità propugnata dagli attuali ricorrenti, l’originaria generica formulazione svolta con il motivo di appello da quella specificamente introdotta con la memoria di replica in secondo grado: e per la precisione, come non manca di sottolineare la difesa della controricorrente, con la seconda memoria di replica a conclusionale, poichè la causa era stata assegnata due volte a decisione in secondo grado, sì da originare, prima, la sentenza parziale e non definitiva n. 730 del 5/4/2013 e, poi, la sentenza definitiva n. 1535 del 12/10/2015.
L’atto di appello, come riconoscono gli stessi ricorrenti, si limitava a dolersi del rilascio del brevetto senza la previa verifica del rispetto delle condizioni fissate dal D.Lgs. n. 455 del 1998, artt. 5, 6, 7, e 8 e a tale recriminazione, priva di ogni necessario gradiente di specificità, la Corte di appello ha risposto nel merito.
Quelle che la Corte di appello ha ritenuto di considerare inammissibili sono le ulteriori deduzioni che gli stessi ricorrenti ammettono di aver proposto solo con la citata memoria di replica (ricorso, pag. 16), essenzialmente basate sul consistente intervallo temporale intercorso fra il rilascio del brevetto USA del 28/1/1980 US Plant Pat. n. ***** e la richiesta di registrazione in Italia nel 1984, tardiva perchè effettuata oltre l’anno previsto dalla Convenzione di Unione di Parigi del 1983 richiamata dal D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 4 nonchè sulla mancanza di distinzione da altre varietà e sulla mancanza di descrizione in pubblicazioni.
E’ quindi del tutto corretto il rilievo della controricorrente circa l’assoluta genericità dell’originario motivo di appello, comunque esaminato dalla Corte territoriale, basato sulla citazione in blocco delle cause normative possibili di invalidità e neppure corredato dall’indicazione delle ragioni di fatto e di diritto per cui l’una o l’altra avrebbero dovuto essere concretamente ravvisate e sulla evidente tardività e inammissibilità della censura più specifica introdotta solo con la seconda memoria di replica a conclusionale.
Del tutto correttamente, quindi, la Corte di appello ha rifiutato l’esame della nuova eccezione sottesa alle argomentazioni sviluppate tardivamente e impropriamente in quella sede, destinata, come è noto, a consentire solo l’illustrazione delle argomentazioni a sostegno dei motivi di gravame tempestivamente formulati, o ancor meglio a replicare alle argomentazioni avversarie a tal proposito.
Occorre infatti tener presente il principio per cui in tema di processo di appello, in ossequio al principio del tantum devolutum quantum appellatum di cui all’art. 342 c.p.c., che comporta non solo la delimitazione del campo del riesame della sentenza impugnata ma anche la identificazione, attraverso il contenuto e la portata delle censure, dei punti investiti dall’impugnazione e delle ragioni per le quali si invoca la riforma delle decisioni, i motivi debbono essere tutti specificati nell’atto di appello (con cui si consuma il diritto di impugnazione), sicchè restano precluse nel corso dell’ulteriore attività processuale sia la precisazione di censure esposte nell’atto di appello in modo generico, che la possibilità di ampliamenti successivi delle censure originariamente dedotte. Deriva da quanto precede, pertanto, che non è consentito che l’esposizione delle argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento delle propria decisione venga rinviata al momento in cui si deposita la comparsa conclusionale (Sez.2, 08/04/2016, n. 6932) e, tantomeno, la memoria di replica.
2.3. I ricorrenti sostengono però che la nullità del brevetto di un titolo di proprietà industriale, nel caso di nuova varietà vegetale, può essere rilevata anche d’ufficio e non abbisogna di eccezione di parte.
In tal modo la Corte ben avrebbe potuto raccogliere la mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officiosi da essi formulata con lo scritto conclusionale, a prescindere dalla sua tardività.
2.4. A tal fine i ricorrenti invocano la disciplina delle nullità negoziali e in particolare le pronunce n. 26242 e 26243 del 12/12/2014 delle Sezioni Unite.
Secondo queste pronunce il rilievo ex officio di una nullità negoziale – sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o “di protezione” – deve ritenersi consentito, semprechè la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione più liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza, per ciò solo, negarsi la diversità strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poichè tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullità contrattuale.
La “rilevazione” ex officio delle nullità negoziali (sotto qualsiasi profilo, anche diverso da quello allegato dalla parte, ed altresì per le ipotesi di nullità speciali o “di protezione”) è sempre obbligatoria, purchè la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata ragione più liquida, e va intesa come indicazione alle parti di tale vizio; la loro “dichiarazione”, invece, ove sia mancata un’espressa domanda della parte pure all’esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa (salvo per le nullità speciali, che presuppongono una manifestazione di interesse della parte) del medesimo vizio, previo suo accertamento, nella motivazione e/o nel dispositivo della pronuncia, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione. (Sez. U, n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633502 – 01 – Rv. 633504 – 01).
2.5. Tali decisioni invocate dai ricorrenti hanno approfondito l’esegesi della regola generale dell’art. 1421 c.c., secondo cui, salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice, rispetto all’orientamento consolidato, secondo il quale la rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto in ogni stato e grado del processo opera solo se da parte dell’attore se ne richieda l’adempimento, essendo il giudice tenuto a verificare l’esistenza delle condizioni dell’azione e a rilevare d’ufficio le eccezioni che, senza ampliare l’oggetto della controversia, tendano al rigetto della domanda e possano configurarsi come mere difese del convenuto. Diversamente quando la domanda sia, invece, diretta a far valere l’invalidità del contratto o a pronunciarne la risoluzione per inadempimento, non può essere dedotta tardivamente un’eccezione di nullità diversa da quelle poste a fondamento della domanda, essendo il giudice, sulla base dell’interpretazione coordinata dell’art. 1421 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., tenuto al rispetto del principio dispositivo, anche alla luce dell’art. 111 Cost., che richiede di evitare, al di là di precise indicazioni normative, ampliamenti dei poteri d’iniziativa officiosa. (Sez. 1, n. 9395 del 27/04/2011, Rv. 617956 – 01).
I principi esposti non sono tuttavia conferenti rispetto al caso di specie, poichè attengono al fenomeno delle nullità del negozio giuridico e del contratto e non possono essere trasposte nella materia dei titoli di proprietà industriale, rilasciati all’esito di un apposito procedimento amministrativo e assistiti da presunzione di validità ex art. 121 cod.propr.ind., comma 1.
Inoltre, come è stato rilevato da autorevole dottrina e ripreso anche dalla giurisprudenza di merito, nella materia dei titoli di proprietà industriale è ravvisabile un diverso meccanismo di protezione dell’interesse pubblico, rappresentato dalla legittimazione all’esercizio dell’azione di nullità in capo al Pubblico Ministero ex art. 122 cod.propr.ind., comma 1.
Questa Corte si era espressa in tal senso già con risalenti pronunce in tema di marchio, affermando che nell’ambito delle azioni in materia di marchi, la presunzione di validità del brevetto e di esistenza dei presupposti e dei requisiti di valida brevettazione opera a favore del titolare della fattispecie brevettuale, ed i terzi interessati a dedurne l’invalidità sono tenuti alla prova contraria, non potendo il giudice davanti al quale sia proposta azione di usurpazione o di contraffazione del marchio verificare ex officio la validità del marchio dedotto come usurpato o contraffatto (Sez. 1, n. 7583 del 23/12/1983, Rv. 432183 – 01; conforme anche Sez. 1, n. 6259 del 20/11/1982, Rv. 423920 – 01).
Recentemente il principio è stato riaffermato, osservando che in ragione della presunzione semplice di validità dell’avvenuta registrazione del marchio in presenza dei requisiti previsti dalla legge, il giudice non può rilevarne d’ufficio la nullità, conservando peraltro, nei casi previsti dall’art. 122, comma 1 codice della proprietà industriale, la facoltà di sollecitare il Pubblico Ministero per le sue autonome determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione (Sez. 1, n. 4771 del 28/02/2018, Rv. 647634 – 01; Sez. 1, n. 13090 del 27/05/2013,Rv. 626644 – 01).
Poichè l’eccezione di nullità del titolo brevettuale nella prospettiva indicata nella memoria di replica a conclusionale non era rilevabile d’ufficio, correttamente la Corte ha ritenuto l’inammissibilità della sua proposizione per la prima volta in quella sede nel giudizio di appello.
3. Il ricorso deve essere rigettato e i ricorrenti debbono rifondere le spese di lite alla controricorrente Fruitgrowing Equipment & Service s.r.l., liquidate come in dispositivo.
Le spese debbono invece essere compensate nel rapporto tra i ricorrenti e il Ministero dello Sviluppo Economico, evidentemente citato per mera denuntiatio litis, stante l’incontroverso passaggio in giudicato della domanda di manieva proposta nei suoi confronti, rigettata in primo grado e non impugnata.
PQM
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente Fruitgrowing Equipment & Service s.r.l., liquidate nella somma di Euro 6.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge;
dichiara compensate le spese fra i ricorrenti e il Ministero dello Sviluppo Economico.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 25 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020