Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.737 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15373/2016 proposto da:

Siderurgica Ferro Bulloni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma P.zza Crati 20, presso lo studio dell’avvocato Paolo Muzzioli e rappresentata e difesa dall’avvocato Iuri Maria Prado, in forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Siderimport s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Tevere 44, presso lo studio dell’avvocato Francesco Di Giovanni e rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Intiso in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2048/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 12/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/11/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 025/7/2007 la Siderurgica Ferro Bulloni s.p.a. (di seguito: SFB), facendo seguito a un procedimento cautelare di descrizione e sequestro espletato ante causam, ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano Sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale la Siderimport s.r.l., la R.N. s.n.c. e la Reti Sud s.r.l. per sentirle dichiarare responsabili di contraffazione di marchio e concorrenza sleale confusoria per imitazione servile, con i provvedimenti consequenziali (inibitoria, fissazione di penali, risarcimento danno, distruzione dei prodotti contraffatti e pubblicazione della sentenza).

La società attrice, operante nel settore della progettazione e realizzazione di pali e recinzioni, ha allegato di essere titolare di un marchio comunitario di forma n. *****, relativo a un particolare “palo a T”, caratterizzato da una forma apicale distintiva, e ne ha lamentato la contraffazione ad opera delle tre società convenute; ha altresì sostenuto che i suoi pali si caratterizzavano ulteriormente per la presenza di due “smanchi” (ossia due restringimenti) contrapposti dotati di efficacia individualizzante.

Si è costituita Siderimport s.r.l., negando di aver svolto attività contraffattiva, contestando il carattere individualizzante della forma del palo in questione e chiedendo in via riconvenzionale la declaratoria di nullità del marchio della parte attrice, sia perchè privo di efficacia distintiva, sia perchè attinente a una forma tecnicamente necessitata.

Si è costituita tardivamente Reti Sud s.r.l., eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, in favore di quello di Catania, nonchè il difetto della propria legittimazione passiva; nel merito anch’essa ha negato di aver svolto attività contraffattiva e il carattere individualizzante della forma del palo in questione e ha chiesto in via riconvenzionale la declaratoria di nullità del marchio della parte attrice, sia perchè privo di efficacia distintiva, sia perchè attinente a una forma tecnicamente necessitata.

In seguito alla prescritta rinotifica si è costituita anche la R.N. s.n.c., rinnovando l’impegno assunto in sede cautelare di non commercializzare i pali in oggetto e chiedendo comunque il rigetto delle domande.

Con sentenza non definitiva il Tribunale ha dichiarato inammissibili l’eccezione di incompetenza per territorio e la domanda riconvenzionale di nullità proposte da Reti Sud, in quanto tardive, e ha rigettato nel merito la domanda riconvenzionale di nullità proposta da Siderimport.

Quindi, all’esito di istruttoria comportante prove testimoniali e ordine di esibizione, il Tribunale, con sentenza definitiva del 13/6/2013 ha accertato che tutte e tre le società convenute erano responsabili di commercializzazione dei pali in violazione della privativa della società attrice; ha pronunciato la richiesta inibitoria, corredata da penali per la sua violazione nei confronti delle tre convenute; ha ordinato a spese delle convenute la distruzione dei prodotti contraffatti e del relativo materiale pubblicitario; ha condannato le convenute al risarcimento dei danni, in misura fra loro differenziata (Euro 5.000 per R.N., Euro 50.000 per Reti Sud ed Euro 100.000 per Siderimport); ha compensato le spese processuali quanto alla R.N., gravando le altre convenute della rifusione delle spese e degli oneri di consulenza tecnica.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello la sola Siderimport, a cui ha resistito l’appellata SFB.

La Corte di appello di Milano – Sezione specializzata in materia di impresa con sentenza del 12/5/2015, ha accolto il gravame rigettando tutte le domande proposte da SFB avverso Siderimport, con il favore delle spese del doppio grado.

A fondamento della decisione la Corte di appello ha affermato che non vi era prova di attività di commercializzazione del prodotto coperto dalla privativa da parte di Siderimport e così di una violazione da parte sua dei diritti di marchio e tantomeno di una concorrenza sleale.

3. Avverso la predetta sentenza del 12/5/2015, non notificata, con atto notificato il 13/6/2016 ha proposto ricorso per cassazione SFB, svolgendo quattro motivi.

Con atto notificato il 25/7/2016 ha proposto controricorso Siderimport, chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., del 15/11/2019, dando atto, tra l’altro, della modifica della propria denominazione sociale in Ferro Bulloni s.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

1.1. La ricorrente osserva che la Corte di appello aveva ritenuto non raggiunta la prova della violazione, omettendo però di considerare la circostanza decisiva che durante le operazioni di sequestro eseguite presso la sede della R.N. erano stati rinvenuti dall’Ufficiale giudiziario procedente dei paletti in contraffazione del marchio appartenente a SFB, venduti da Siderimport a un soggetto terzo.

La ricorrente osserva che non si verteva semplicemente in tema di omesso esame di elementi istruttori ulteriori, volti a dar prova di un certo fatto storico (la vendita di paletti versanti in contraffazione) ma dell’omesso esame di un fatto storico diverso rappresentato dal rinvenimento dei paletti contraffatti e della certa riferibilità di essi a Siderimport.

1.2. Il Giudice di primo grado aveva ritenuto provata la contraffazione della privativa di SFB sui paletti in questione posta in essere da Siderìmport sulla base di due distinti elementi probatori, ossia la deposizione del teste S.G., direttore commerciale di SFB, circa le dichiarazioni accusatorie ricevute da alcuni clienti, e il contenuto di un documento rappresentante una pagina web di Siderimport, raffigurante, tra i vari prodotti offerti in vendita, due pali riproducenti la forma apicale tutelata.

La Corte di appello ha accolto il gravame, ritenendo tali prove insufficienti: quanto alla deposizione di S.G., perchè resa de re lata e priva di riscontri e comunque contrastata da altri elementi documentali; quanto alla riproduzione del sito web, perchè l’immagine non era sufficientemente nitida per verificare l’effettiva consistenza dei pali ivi raffigurati.

1.3. La ricorrente non censura tali valutazioni, che effettivamente rientrano nei poteri discrezionali di apprezzamento delle prove che appartengono al giudice del merito, ma lamenta che sia stato totalmente trascurato un altro elemento probatorio decisivo che pure era stato oggetto di vivace dibattito tra le parti, ossia il verbale di sequestro del 23/7/2007 eseguito dopo l’emissione del provvedimento cautelare ante causam presso la Reti Sud s.n.c..

In tale occasione l’Ufficiale Giudiziario procedente aveva reperito e messo sotto sequestro alcuni pali con le caratteristiche contestate (pali a T, con parte apicale a trapezio la cui base maggiore è di misura inferiore alla larghezza del palo a cui accede, con il doppio restringimento contrapposto) e aveva acquisito documentazione contabile relativa alle aziende fornitrici, fra cui una fattura di vendita emessa da Siderimport s.r.l. nei confronti di reti Sud s.r.l., allegata al verbale di sequestro.

Tali documenti facevano parte del materiale probatorio della causa, sia perchè era stato acquisito con provvedimento del Giudice istruttore del 2/3/2011 il fascicolo della fase cautelare, che conteneva appunto i verbali di sequestro, sia perchè i documenti in questione (verbale del 23/7/2007 e fattura Siderimport n. *****) erano stati prodotti anche dall’attrice come doc. 31 e 33 del fascicolo di primo grado.

La ricorrente dà inoltre ampiamente conto del dibattito insorto tra le parti in ordine alla valenza di tali elementi di prova documentale, riferendosi, quanto al giudizio di primo grado, ad ampi stralci della sua prima comparsa conclusionale del 29/4/2011 e alla comparsa di risposta Siderimport, e, quanto al giudizio di secondo grado, alla sua comparsa di costituzione del 23/12/2013 e alla sua comparsa conclusionale del 12/5/2014, alla comparsa conclusionale Siderimport del 23/5/2014 e alla sua memoria di replica del 2/6/2014.

1.4. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 1, n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 – 01; Sez. L, n. 17097 del 21/07/2010, Rv. 614797 – 01).

Tuttavia, quanto all’omesso esame di un documento, questa Corte ha precisato che tale vizio può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa. (Sez. 3, n. 16812 del 26/06/2018, Rv. 649421 – 01; Sez. 6 – 5, n. 19150 del 28/09/2016, Rv. 641115 – 01; Sez. 5, n. 25756 del 05/12/2014, Rv. 634055 – 01).

Inoltre, il vizio di omesso esame di un fatto storico la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) ben può riferirsi anche a un fatto secondario, dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale, purchè decisivo (Sez. 2, n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01; Sez. 3, n. 17720 del 06/07/2018, Rv. 649663 01).

1.5. Nella fattispecie la Corte di appello ha risolto la controversia, ribaltando la decisione di primo grado, nel senso del rigetto della domanda di contraffazione di marchio proposta da parte di SFB per difetto di prova della condotta illecita di commercializzazione dei “pali a T” oggetto di privativa che era stata imputata a Siderimport, negando la concludenza e la sufficienza delle due prove poste a fondamento della decisione del Tribunale (la testimonianza S. e l’immagine del sito web della convenuta), ma senza considerare in alcun modo l’ulteriore prova documentale (il verbale delle operazioni di sequestro e l’allegata fattura *****) addotta da parte attrice e oggetto di vivace discussione nel processo fra le parti, anche nel giudizio di appello, che era stata trascurata anche dalla sentenza di primo grado, fondatasi invece sulle due diverse prove non convincenti per i Giudici di appello.

La Corte ritiene che in tal modo la sentenza impugnata sia incorsa nel vizio di omesso esame di un fatto potenzialmente decisivo, ossia la presenza nei magazzini di Reti Sud di pali a T, ritenuti in contraffazione del marchio SFB, provenienti da Siderimport, perchè oggetto del riferimento operato dalla fattura in questione.

Nella specie, è incontroverso e documentalmente provato che l’Ufficiale giudiziario, procedendo all’esecuzione del sequestro presso la sede di Reti Sud rinvenne dei “pali a T” che presentavano le caratteristiche dei pali della ricorrente (ossia: parte apicale a trapezio con base maggiore inferiore alla larghezza del palo a cui accede e doppio restringimento contrapposto), da lui identificati come oggetto della ordinanza cautelare posta in esecuzione.

Dal predetto verbale del 23/7/2007 risulta altresì che vennero esibite all’Ufficiale Giudiziario procedente alcune fatture delle aziende fornitrici, indicate come la controricorrente Siderimport s.r.l., certa Siderlamina Sud s.r.l. e la stessa ricorrente Siderurgica Ferro Bulloni s.p.a.; in conseguenza vennero sequestrate e acquisite la fattura ***** di Siderimport, una fattura di SFB e un documento di trasporto riferibile a Siderlamina.

Il fatto che i pali sequestrati riproducessero le caratteristiche oggetto della privativa di SFB risulta dall’accertamento operato dall’Ufficiale Giudiziario.

La controricorrente si era difesa negando la corrispondenza tra la sua fattura e i pali in ritenuta contraffazione, che ben potevano riferirsi alla predetta Siderlamina o anche alla fornitura eseguita dalla stessa SFB; tuttavia la documentazione in questione è potenzialmente decisiva per il fatto, risultante dal verbale fidefaciente dell’Ufficiale Giudiziario che le tre fatture, inclusa quella di Siderimport, erano state esibite, dai rappresentanti (e in particolare da Ro.An. come indica la stessa controricorrente, richiamando il proprio atto di appello a pagina 14 del controricorso) di Reti Sud s.r.l., presso la quale venivano condotte le operazioni di sequestro, come relative ai manufatti (pali a T) sequestrati.

Si tratta, cioè, di documenti contabili indicati come relativi al materiale ritenuto contraffatto e sequestrato e non già di documenti contabili semplicemente rinvenuti in quei locali.

1.6. La sentenza impugnata che ha completamente omesso di esaminare tale evidenza probatoria potenzialmente decisiva deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 115,116,267,183 c.p.c., art. 2697 c.c..

2.1. La Corte territoriale, nell’escludere il rilievo probatorio del sito internet della Siderimport, sul quale comparivano i paletti in violazione perchè le immagini non apparivano sufficientemente nitide, aveva violato le norme in tema di disponibilità della prova perchè la convenuta aveva sostanzialmente ammesso che i pali presenti su quel sito avessero le caratteristiche in dedotta violazione.

La ricorrente si riferisce all’argomentazione ex adverso sviluppata a pag. 14 dell’atto di appello, laddove, non disconoscendo la conformità delle immagini al prodotto di SFB, Siderimport aveva invece disquisito circa il difetto di prova che non si trattasse di un mero fotomontaggio e la carenza di attitudine dimostrativa in ordine all’effettiva disponibilità di quei prodotti da parte sua, sviluppando così un’affermazione logicamente incompatibile con la contestazione della corrispondenza delle immagini contenute sul sito ai prodotti oggetto di privativa.

2.2. Il brano del motivo di appello citato dalla ricorrente non contiene una inequivocabile ammissione e neppure implicitamente riconosce la veridicità dell’avversaria allegazione.

Il fatto che Siderimport mettesse l’accento sul contenuto dei listini presenti sul sito (riferiti a meri paletti in PVC) e mettesse in dubbio la concludenza della prova (sia perchè l’immagine poteva essere stata creata dall’azienda che aveva allestito il sito web su commissione, sia perchè non vi era prova che la fotografia corrispondesse a materiali da essa effettivamente detenuti), pur denotando l’adozione di una diversa linea difensiva e pur potendo essere oggetto di una valutazione da parte del giudice di merito sul piano del comportamento processuale per la sua intrinseca ambiguità, non comportava alcun riconoscimento inequivocabile del contenuto delle immagini come raffigurative dei “pali a T” in contraffazione del marchio di SFB.

Il motivo deve in conseguenza essere rigettato.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2598 e 2697 c.c..

3.1. La ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello, affermando che la ritenuta carenza di prova circa la vendita di prodotti in contraffazione portasse ad escludere anche la commissione di atti di concorrenza sleale per imitazione servile confusoria, oggetto di appello incidentale, non aveva tenuto conto della natura distinta e fondata su diversi presupposti dell’illecito concorrenziale confusorio rispetto alla contraffazione di marchio.

3.2. Il motivo è fondato.

La Corte di appello, dopo aver rilevato la mancanza di prova della vendita da parte di Siderimport di “pali a T” in contraffazione del marchio di forma di SFB, ne ha tratto, de plano e laconicamente, la conseguenza che tale difetto probatorio escludesse anche l’ipotesi di concorrenza sleale per imitazione servile.

Sarebbe invece stato necessario valutare la condotta della convenuta appellante sotto altri presupposti, verificando cioè se Siderimport avesse commercializzato prodotti (pali a T) riproducenti le caratteristiche rivendicati come individualizzanti proprie dei pali di SFB (coppia contrapposta di smanchi in forma di parentesi rovesciata) e fatte valere a titolo di concorrenza sleale confusoria per imitazione servile ex art. 2598 c.c., n. 1.

Il Giudice di primo grado aveva ritenuto che la pretesa forma individualizzante rispondesse a esigenze funzionali e non fosse quindi tutelabile e tale decisione era stata oggetto dell’appello incidentale di SFB.

La Corte di appello ha desunto erroneamente dall’assenza di prova della contraffazione del marchio di forma (che riguardava la forma della componente apicale del “palo a T”) da parte di Siderimport, anche la prova che la convenuta non avesse commercializzato anche prodotti costituenti imitazione servile del prodotto “palo a T” di SFB, che si basava su differenti caratteristiche formali del palo (il doppio restringimento).

Era in effetti teoricamente ben possibile che Siderimport non avesse mai posto in vendita “pali a T” con le caratteristiche della privativa SFB e avesse invece venduto “pali a T” con il doppio restringimento.

La consequenzialità ravvisata dalla Corte di appello è quindi fallace.

4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

4.1. La Corte di appello aveva omesso di considerare, anche ai fini della dedotta concorrenza sleale confusoria, la circostanza decisiva che durante le operazioni di sequestro erano stati rinvenuti dall’Ufficiale giudiziario procedente paletti in contraffazione del marchio appartenente a SFB, venduti da Siderimport a un soggetto terzo.

4.2. Le stesse considerazioni esposte nel p. 1 inducono la Corte ad accogliere anche questo motivo, visto che i pali oggetto del sequestro da parte dell’Ufficiale Giudiziario presentavano anche la caratteristica del doppio restringimento e ad essi si riferivano quindi le fatture esibite e sequestrate.

5. L’accoglimento del primo, terzo e quarto motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, respinto il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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