LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23151/2017 proposto da:
S.W., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile del a Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Rigotti Beatrice, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1598/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, del 22/08/2017;
udita la relazione della causa svota nella camera di consiglio del 08/04/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA;
lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IGNAZIO PATRONE, che ha chiesto che il ricorso venga accolto.
FATTI DI CAUSA
1.- Con ordinanza depositata in data 3 febbraio 2016, il Tribunale di Venezia ha accolto il ricorso presentato da S.W., cittadino pakistano, avverso il provvedimento della Corte territoriale di Verona, che aveva negato protezione internazionale e umanitaria. In particolare, il Tribunale gli ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria.
2.- Il Ministero dell’Interno ha proposto impugnazione avanti alla Corte di Appello di Venezia, che la ha accolta con sentenza depositata il 22 agosto 2017.
3.- La Corte territoriale ha ritenuto, in particolare, la non credibilità del racconto de richiedente, adducendone non plausibilità, lacunosità e contraddittorietà. Ha poi aggiunto come, nel complesso, il richiedente “non abbia fornito riscontri oggettivi tali da permettere una verifica sotto il profilo della attendibilità e specificità” e come “non abbia compiute ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda”.
4.- Avverso questa pronuncia S.W. ha presentato ricorso per cassazione, art. colato in quattro motivi.
Ha resistito, con controricorso, il Ministero.
Il ricorrente ha pure depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.- Il primo motivo assume “violazione o falsa applicazione di norme di diritto, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2,3,8 e 14”, con riferimento all’affermazione della Corte territoriale, per cui l’ordinanza resa da primo giudice è “sostanzialmente priva di motivazione”.
Ad avviso del ricorrente, il giudice dell’appello “non ha indicato gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento”, come pur avrebbe dovuto a fronte di una decisione compiutamente motivata.
6.- Il motivo è inammissibile.
Il vizio, che il ricorrente imputa alla Corte veneziana, si manifesta in ogni caso non rilevante, posto che la decisione dell’appello viene a sostituire, nel riformala, quella del primo giudice.
7.- Il secondo motivo assume la violazione della norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1.
Afferma dunque il ricorrente che la sentenza impugnata ha ritenuto che il giudice di primo (grado “abbia erroneamente attribuito valore di prova legale alla documentazione prodotta dall’interessato” – in particolare a una denuncia per omicidio che risulta sporta a carico del richiedente e del collegato mancato di suo arresto -, “mentre è assai frequente in Pakistan il fenomeno della falsificazione delle denunce e degli atti di arresto”.
8.- Il motivo è inammissibile.
Il passo richiamato dal ricorrente non fa parte del plesso motivazionale della sentenza. Come risulta chiaro dallo stesso testo (il periodo censurato principiando con le parole: “lamenta il Ministero ancora…”), la Corte territoriale si limita a riportate i contenuti dell’atto di impugnazione espressi dall’appellante.
9.- Il terzo motivo denunzia la violazione della norma del D.Lgs. n. 251 del 2037, art. 14, lett. c).
Osserva il ricorrente che la Corte ci Appello non ha sostanzialmente affrontato il tema proposto dalla norma in questione, laddove il Paese di provenienza del richiedente prospetta fortemente il caso di violenza indiscriminata, che è preso in considerazione dalla lett. c) della disposizione.
10.- Il motivo è fondato.
Come ha precisato la pronuncia di Cass., 24 maggio 2019, n. 14283, la prescrizione di cui all’art. 14, lett. c) “non è subordinata alla condizione che il richiedente fornisca la prova di essere specifico oggetto di minaccia a motivi ci elementi peculiari della sua situazione personale. Ciò implica che la protezione sussidiaria, nel caso in esame, vada accordata per il solo fatto che il richiedente provenga da territorio interessato dalla situazione di violenza indiscriminata”. “Proprio la mancata personalizzazione del rischio preso in considerazione dall’art. 14, lett. c) dà ragione della sostanziale irrilevanza, dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente che invochi tale forma ti protezione”.
Ha dunque errato la Corte di Appello di Venezia a ritenere che la compiuta valutazione di non credibilità del narrato dal ricorrente la esonerasse dall’effettuare la verifica richiesta dalla norma dell’art. 14, lett. c).
11.- Il quarto motivo di ricorso denunzia “violazione art. 360 c.p.c., n. 5 – carenza di motivazione”.
Assume il ricorrente che la Corte veneziana non ha preso in considerazione la “condanna a morte emessa dal Tribunale degli anziani, c.d. Jirga” nei confronti del richiedente.
12.- Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha invero preso in esame la dedotta circostanza, ritenendo piuttosto che il richiedente “non abbia fornito elementi sufficienti a rendere plausibile la circostanza secondo la quale il consiglio degli anziani avrebbe ritenuto unico colpevole l’interessato vista la palese colpevolezza della persona che aveva compiuto l’omicidio”.
13.- In conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso, respinto il quarto, inammissibili primo e il secondo motivo. Di conseguenza, la sentenza va cassata per quanto di ragione e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Venezia, che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, respinto il quarto, dichiarati inammissibili il primo e il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia per quanto di ragione alla Corte di Appello di Venezia, che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 8 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020