LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 24263 – 2015 R.G. proposto da:
H.A., – c.f. ***** – elettivamente domiciliata in Roma, alla via A. Musa, n. 12/A, presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Pertica che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Pierluigi Fabbro la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
B.N., – c.f. ***** – elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, in Portogruaro (VE), al Borgo Sant’Agnese, n. 55, presso lo studio dell’avvocato Villi Piccolo che lo rappresenta e difende in virtù
di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e M.M., – c.f. ***** – elettivamente domiciliata, con indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, in Portogruaro (VE), alla via Pio X, n. 2, presso lo studio dell’avvocato Manuela Venco che la rappresenta e difende in virtù
di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della corte d’appello di Trieste n. 420 del 7.4/24.7.2014;
udita la relazione nella camera di consiglio del 4 luglio 2019 del consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto in data 23.12.2005 H.A. citava a comparire dinanzi al tribunale di Gorizia B.N. e M.M..
Esponeva che aveva intrattenuto negli anni tra il ***** una relazione sentimentale con B.N., coniugato con M.M.; che nel corso dell’anno *****, onde far fronte alle difficoltà economiche in cui versava l’azienda del B., aveva a costui corrisposto, prevalentemente in contanti ed in un’unica occasione a mezzo assegno bancario da Lire 30.000.000, la somma di Lire 530.000.000; che invano aveva richiesto la restituzione dell’importo mutuato.
Chiedeva condannarsi in solido i convenuti a restituirle la somma di Euro 258.228,00 oltre interessi.
Si costituiva B.N..
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Si costituiva M.M..
Instava del pari per il rigetto dell’avversa domanda.
1.1. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 523/2012 l’adito tribunale accoglieva parzialmente la domanda nei confronti di B.N. e, per l’effetto, lo condannava a pagare all’attrice la somma di Euro 15.493,71, oltre interessi, rigettava la domanda nei confronti di M.M., regolava le spese di lite.
2. Proponeva appello H.A..
Resisteva B.N..
Resisteva M.M..
Con sentenza n. 420 dei 7.4/24.7.2014 la corte d’appello di Trieste rigettava il gravame, confermava l’appellata statuizione e condannava l’appellante alle spese del grado.
3. Avverso tale sentenza H.A. ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
B.N. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.
M.M. ha depositato controricorso; ha parimenti chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.
La ricorrente ha depositato memoria.
4. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c..
Deduce che ha provveduto ad allegare una cospicua serie di elementi indiziari, che, valutati nel complesso, valgono a dar ragione dell’ingente quantità di denaro corrisposta a B.N..
Deduce segnatamente, da un canto, che si verifica con elevata frequenza che persone legate da una relazione sentimentale si prestino denaro senza richiedere il rilascio di una ricevuta scritta, d’altro canto, che il B. ha riconosciuto l’erogazione di denaro operata in suo favore in presenza della teste Z..
5. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c..
Deduce che ha errato la corte d’appello a reputare generiche ed imprecise le dichiarazioni rese ai sensi degli artt. 190,327 bis, 391 bis e 391 ter c.p.p. da Ma.Ma. all’avvocato I.R. ed al dottor R.L.; che siffatte dichiarazioni danno ragione viceversa della consegna al B. della somma di Lire 125.000.000, costituente l’importo ricavato dalla vendita di un immobile in Gorizia.
6. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c..
Deduce che dalla documentazione bancaria depositata da M.M. si desume che nel periodo compreso tra il 3.3.2000 ed il 4.9.2000, immediatamente successivo al prelievo da parte di ella ricorrente di danaro contante dal suo conto corrente, B.N. ha versato sul conto corrente della moglie la complessiva somma di Lire 384.800.000, somma corrispondente al prezzo da ella ricorrente ricavato dalla vendita di taluni immobili di sua proprietà.
Deduce quindi che siffatta circostanza dà prova dell’accordo intervenuto tra le controparti al fine di appropriarsi del suo patrimonio.
Deduce che del tutto contraddittoria ed illogica è la motivazione dell’impugnato dictum.
7. I motivi di ricorso sono strettamente connessi; il che ne suggerisce la disamina contestuale; gli esperiti mezzi comunque sono da respingere.
8. Questa Corte, in tema di prova per presunzioni, da tempo spiega quanto segue.
In primo luogo, che il controllo del Giudice di legittimità non può riguardare il convincimento del giudice del merito sulla rilevanza probatoria degli elementi indiziari o presuntivi, convincimento che costituisce un giudizio “di fatto”, ma solo la sua congruenza dal punto di vista della logica e del rispetto dei principi di diritto che regolano tali mezzi di prova (cfr. Cass. 11.4.1975, n. 1356; Cass. 9.10.1980, n. 5402).
In secondo luogo, che è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del Giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1234; cfr. Cass. 23.1.2006, n. 1216).
In terzo luogo, che spetta, pertanto, al giudice di merito non solo vagliare l’opportunità del ricorso alle presunzioni, ma pur individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento “di fatto” che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (cfr. Cass. 11.5.2007, n. 10847).
9. In questi termini non può che darsi atto che con gli esperiti motivi H.A. sostanzialmente censura l’apprezzamento della corte di Trieste – ovvero il giudizio “di fatto” – circa la sussistenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza degli elementi indiziari allegati ai fini del riscontro della addotta erogazione pecuniaria a titolo di mutuo (“nella sentenza della Corte d’Appello viene (…) criticata la mancanza dei requisiti della gravità e precisione delle prove fornite dalla ricorrente a sostegno della sua tesi”: così ricorso, pag. 9; “gli indizi addotti dalla ricorrente non possono che essere considerati gravi, precisi e concordanti (…)”: così ricorso, pag. 12; “nella sostanza si chiede all’odierno Giudicante di statuire se detti fatti noti hanno le caratteristiche (…) per essere qualificati presunzioni atte a ritenere provato il fatto ignoto costituente il “petitum””: così memoria, pag. 5).
Cosicchè i medesimi motivi di ricorso, al di là della qualificazione che la ricorrente ne ha operato nelle rispettive rubriche, si specificano, essenzialmente, recte esclusivamente, alla stregua della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Del resto è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).
10. Su tale scorta si rappresenta quanto segue.
Innanzitutto il giudizio di appello ha avuto inizio con citazione notificata in data 15.5.2013 (cfr. sentenza d’appello, pag. 14).
Altresì la statuizione d’appello ha confermato “in ogni sua parte” (cfr. capo a) del dispositivo della sentenza d’appello) la prima statuizione.
Conseguentemente si applica ratione temporis al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860, secondo cui l’art. 348 ter c.p.c., comma 5 non si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11.9.2012). Si tenga conto che nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774).
11. In ogni caso – nel solco della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – si rappresenta ulteriormente quanto segue.
Per un verso è da escludere che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione – possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum (la corte giuliana ha precisato che: “i fatti posti a fondamento della prova logica non contengono alcuna delle caratteristiche indispensabili per il successo della prova indiretta” (così sentenza d’appello, pag. 20); che “va escluso che la lettura dei verbali delle testimonianze consenta di ritenere che qualcuno di loro ha visto la H. consegnare contante al B.” (così sentenza d’appello, pag. 21); che “la teste Z. (…) si è limitata a riferire di un alterco fra la coppia (…) durante il quale il B. aveva sostenuto un adempimento per equivalente (“in natura”)” (così sentenza d’appello, pag. 21); che “l’approssimazione e genericità della narrazione in sede penale della Ma., del tutto priva di coerenza logica interna (…)”(così sentenza d’appello, pag. 22).
Per altro verso è da escludere che la corte territoriale abbia omesso la disamina del fatto decisivo oggetto della controversia de qua.
Per altro verso ancora l’iter motivazionale che sorregge l’impugnato dictum risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica.
12. Nel quadro così delineato si impongono comunque le seguenti conclusive puntualizzazioni.
12.1. A nulla vale addurre che le dichiarazioni rese dalla teste Ma.Ma. “sono tutt’altro che imprecise e generiche (…), ragion per cui non si comprende il motivo per cui l’Organo Giudicante non le abbia prese in considerazione” (così ricorso, pag. 13); che “dalla documentazione bancaria depositata da M.M. per ordine del Giudice, si evince che (…)” (così ricorso, pag. 16).
Invero l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. 21.7.2010, n. 17097).
12.2. D’altra parte il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).
12.3. Infine – ed al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, di certo insussistente nel caso di specie – nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4 (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).
13. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare a ciascun controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
14. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, H.A., a rimborsare al controricorrente, B.N., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.250,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; condanna la ricorrente, H.A., a rimborsare alla controricorrente, M.M., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.250,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 D.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 4 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020