LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Mario – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10740-2018 proposto da:
B.I., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI LOVELLI, ALFREDO LOVELLI;
– ricorrente –
contro
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CECILIA CONFIDATI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 719/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 09/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO FRANCESCO MARIA.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Perugia, Sezione distaccata di Todi, condannò C.A. al pagamento, in favore di B.I., della somma di Euro 15.486, oltre interessi e con il carico delle spese, sulla base di una scrittura privata di riconoscimento del debito sottoscritta dal C.. Quest’ultimo impugnò la sentenza di condanna e a sostegno dell’impugnazione propose querela di falso avverso il documento suindicato.
La Corte d’appello di Perugia, ritenutane l’ammissibilità e la rilevanza, ammise la querela di falso richiesta e, interpellato il B., il quale dichiarò di volersi avvalere di quel documento, sospese il processo in attesa della definizione del giudizio sulla querela di falso.
2. Il giudizio fu quindi riassunto dal C. davanti al Tribunale di Perugia e l’attore sostenne che il documento era stato alterato mediante il ripasso della precedente scrittura con una penna di colore diverso, aggiungendo di non aver mai sottoscritto quel documento e di non dovere alcuna somma al B..
Si costituì nel giudizio il B., chiedendo il rigetto della domanda. Espletata una c.t.u. grafologica, il Tribunale accolse la domanda, dichiarò la falsità della scrittura, osservando che la stessa era stata alterata da persona diversa dal C. inserendo la cifra “3” nella parte iniziale del numero, e condannò il convenuto al pagamento delle spese di lite.
3. Avverso la sentenza del Tribunale ha proposto appello il B. e la Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 9 ottobre 2017, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
4. Contro la sentenza della Corte d’appello di Perugia propone ricorso B.I. con atto affidato a tre motivi.
Resiste C.A. con controricorso.
11 ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo ed il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 221 c.p.c. in ordine alla querela di falso. Sostiene il ricorrente che la sentenza d’appello sarebbe errata là dove la Corte di merito ha ritenuto irrilevante l’individuazione del soggetto autore dell’alterazione. Tale affermazione sarebbe errata perchè la sottoscrizione potrebbe essere avvenuta dopo la correzione della cifra e del conseguente ripasso con penna diversa. Se la Corte d’appello non avesse negato l’attribuzione della paternità del ricalco e della cifra, il ricorrente sarebbe stato considerato autore della falsificazione, ma il C. ne avrebbe ugualmente assunto la paternità con la sua sottoscrizione (primo motivo).
Con il secondo motivo si lamenta che la sentenza non avrebbe correttamente valutato il fatto che il C. non avesse prodotto le scritture di comparazione necessarie per valutare la fondatezza della querela.
2. I motivi, che hanno evidenti profili di inammissibilità, sono comunque privi di fondamento.
Osserva il Collegio, innanzitutto, che il giudizio odierno ha come unico obiettivo quello di decidere sulla fondatezza o meno della domanda di querela di falso, per cui rimane estranea, in questa sede, ogni valutazione e considerazione relativa alle conseguenze che l’accoglimento della domanda del C. potrà rivestire nel giudizio principale, attualmente sospeso, pendente davanti alla stessa Corte d’appello e avente ad oggetto la richiesta di condanna avanzata dal B. nei confronti del C..
Tanto premesso, è evidente che il primo motivo pone una questione che è irrilevante nel giudizio sulla querela, in cui deve solo individuarsi l’esistenza o meno della falsità e non l’autore della medesima, sicchè la decisione della Corte territoriale è ineccepibile sotto questo profilo, risultando perciò infondato il primo motivo.
Quanto al secondo motivo, peraltro formulato in modo non chiaro, il Collegio osserva che esso è ugualmente privo di fondamento; la sentenza impugnata, infatti, ha rilevato che il C., pur non avendo prodotto scritture di comparazione, aveva comunque dedotto prova per testi a sostegno della tesi della falsità, e tale affermazione non è neanche contestata dal ricorrente. Il tutto senza contare che la valutazione della Corte d’appello circa la sussistenza dell’alterazione del documento è frutto di un giudizio di merito chiaramente insindacabile in questa sede.
3. Col terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., riproponendo la tesi secondo cui si sarebbe formato il giudicato in relazione alla prima sentenza del Tribunale di Perugia, oggetto dell’appello attualmente sospeso.
3.1. Osserva la Corte che il motivo è inammissibile per una serie di concorrenti ragioni. Da un lato, perchè non è chiaro il richiamo all’art. 342 cit., che nulla ha a vedere con il giudicato; da un altro lato, perchè il motivo non censura, se non con argomentazioni del tutto generiche ed eccentriche, l’affermazione della Corte perugina che ha correttamente osservato che ogni eventuale ipotetica questione di giudicato sarebbe relativa al giudizio principale attualmente sospeso, e perciò non proponibile nel giudizio odierno.
4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte di cassazione, il 12 settembre 2019.
Depositato in cancelleria il 16 gennaio 2020