Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.80 del 07/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12797/2018 proposto da:

D.K., elettivamente domiciliato in Roma, viale G. Mazzini n. 123, presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1578/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, del 27/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- Con ordinanza del novembre 2016, il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso presentato da D.K., cittadino maliano, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiarie) come pure della protezione umanitaria.

La successiva impugnazione avanti alla Corte di Appello di Ancona è stata pure rigettata, con sentenza depositata il 27 ottobre 2017.

2.- Ha osservato in particolare la Corte territoriale che “l’inverosimiglianza del racconto del richiedente impedisce in radice di apprezzare l’esistenza dei preso posti in fatto per concedere lo status di rifugiato”; che in ogni caso il pregiudizio dedotto dal ricorrente “non è in alcun modo ricollegabile a persecuzioni” rilevanti per il diritto di rifugio; che i resoconti più recenti sulla situazione del Paese (COI, marzo 2317; UNHCR; US Department of State) escludono la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per il riconoscimento della protezione sussidiaria, anche perchè il ricorrente proviene da zona sudoccidentale del Mali, laddove scontri si registrano semmai nel nord; che il ricorrente non ha dimostrato la presenza di situazioni di vulnerabilità specifiche alla sua propria persona.

3.- Avverso questo provvedimento ricorre D.K., articolando tre motivi di cassazione.

Il Ministero resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura la decisione della Corte territoriale: (i) col primo motivo, “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omesso esame concretizzato in un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, quale 19 “condizione di pericolosità e le situazioni di violenza (generalizzata esistenti in Mali”; (ii) col secondo motivo, “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14”; (iii) col terzo motivo, “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il Tribunale ha errato a non applicare la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi, anche in relazione alle previsioni li cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1 alla L. 14 luglio 2017, n. 110 che ha introdotto il reato di tortura e ai principi generali di cui all’art. 10 Cost. e all’art. 3 CEDU”.

5.- Il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza (art. 366 c.p.c.).

Il ricorrente non specifica il “fatto” il cui esame sarebbe stato omesso, nè riportate dichiarazioni che assume siano state non considerate dalla Corte di Appello; nè le localizza all’interno della documentazione del fascicolo dei gradi del merito. Con la conseguenza che il Collegio non è messo in condizione di verificare la fondatezza della censura.

6.- Il secondo motivo è inammissibile, perchè non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Non può infatti condividersi l’assunto del ricorrente, per cui la Corte si è basata, in punto di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), sulla “discussione in merito alla credibilità del racconto proposto dal ricorrente”, da ritenere in sè stessa irrilevante rispetto a questo specifico scopo.

In realtà, la Corte di Appello ha fondato la propria decisione, negativa del riconoscimento della protezione sussidiaria ex lett. c), su un esame circostanziato della situazione del Mali, facendo riferimento a fonti attendibili e aggiornate; e considerando, altresì, la specifica zona di provenienza del richiedente (*****).

7.- Il terzo motivo è inammissibile.

Il motivo non indica la presenza di situazioni di vulnerabilità specifiche alla persona del richiedente, come prescritto dalla legge, limitandosi a richiamare – in termini del tutto generici – “le gravissime condizioni socio-politico-economico-sociali attualmente esistenti in Mali”.

8.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

Il richiedente risulta ammesso al beneficio del patrocino a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 2.100,00, (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 8 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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