LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25149/2015 proposto da:
AGENZIA PER LO SVILUPPO DELL’EMPOLESE VALDELSA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 332, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DE MAJO, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO BECHI;
– ricorrente –
e contro
S.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 238/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/04/2015, R.G.N. 302/2014;
Il P.M., ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 16.4.2015, respingeva il gravame proposto dall’Agenzia per lo Sviluppo dell’Empolese Valdelsa s.p.a. avverso la pronunzia del Tribunale della stessa città che aveva condannato la società a corrispondere ad S.A. le maggiori competenze retributive in ragione del riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in luogo di prestazioni a tempo determinato ed a progetto, dell’accertato svolgimento di mansioni ulteriori rispetto a quelle di mero docente, e della considerazione in via parametrica della tariffe retributive corrispondenti al quinto livello professionale del c.c.n.l. per il settore della formazione professionale, diverso dal c.c.n.l. scuole private applicato dalla società;
2. la Corte riteneva che le mansioni svolte dalla S. rientrassero nelle qualifiche della declaratoria del livello professionale del diverso c.c.n.l. che contemplava quelle di coordinatore, formatore, tutor, orientatore, differenti da quelle di esclusiva docenza, e che l’assunzione a parametro di qualifiche contemplate in contratto collettivo diverso da quello applicato in azienda non violasse il principio, sancito a livello giurisprudenziale, secondo cui, per tale operazione, doveva essere prima provata la violazione del precetto dell’art. 36 Cost.;
3. in particolare, il giudice del gravame rilevava che il c.c.n.l. applicato in azienda non fosse coerente, quanto all’inquadramento a fini retributivi del personale, con le mansioni svolte dalla S., per la quale la retribuzione era individuata a livello collettivo in relazione ad una prestazione ordinaria di diciotto ore di insegnamento, ed osservava che le mansioni svolte non si attagliassero a quelle di docenza previste dal c.c.n.l. collettivo applicato in azienda, con la conseguente liceità del richiamo alla tariffa retributiva prevista dal differente c.c.n.l. per il settore della formazione professionale, in corrispondenza del sesto livello, nei sensi individuati dal Tribunale;
4. di tale decisione domanda la cassazione la società, affidando l’impugnazione a due motivi, illustrati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c.;
5. la S. è rimasta intimata;
6. il P.G. ha depositato le proprie conclusioni scritte.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., artt. 2070,2103 e 2697 c.c., artt. 1, 5 e 29 c.c.n.l. 5/5/2003 Aninsei, assumendo che la Corte territoriale abbia sovvertito i principi dottrinari e giurisprudenziali (Cass. 2665/97) con riferimento all’ordinamento intersindacale, principi riaffermati da Cass. 16340/2009, secondo cui l’art. 2070 c.c., non opera nei riguardi della contrattazione collettiva di diritto comune ed il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, con la possibilità solo eventuale di avere riguardo a tale disciplina come termine di riferimento della retribuzione ex art. 36 Cost.;
1.1. deduce la non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto dal contratto applicato ed assume che la Corte territoriale, pur richiamando i principi affermati da ultimo da Cass. 26742/2014, se ne sia poi discostata, in quanto il potere giudiziale di sostituzione della clausola prevedente la retribuzione, sulla base dell’art. 36 Cost., è subordinato alla dimostrazione, da parte del lavoratore, che la retribuzione corrisposta non sia sufficiente a garantire a sè ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, ciò che non era avvenuto nella specie;
1.2. rileva che entrambi i contratti collettivi disciplinavano il corpus normativo ed economico delle aziende ed istituzioni private operanti nel settore della scuola privata e nella formazione e che, peraltro, anche nel contratto di assunzione del 3.9.2007 e nel contratto individuale di lavoro del 20.10.2012 le parti avevano aderito al c.c.n.l. Aninsei, sicchè, in base ai richiamati principi, non poteva disattendersi il regime di libera scelta operata da parte dei soggetti negoziali, potendo l’art. 36 Cost., essere invocato solo qualora non sia applicato al rapporto individuale di lavoro alcun c.c.n. I., ovvero nell’ipotesi che il c.c.n.l. applicato sia palesemente difforme rispetto al settore merceologico della prestazione di lavoro eseguita;
1.3. osserva che se, come evidenziato dalla Corte, l’inquadramento della S. non fosse stato riscontrato come coerente rispetto alle mansioni effettivamente svolte, per essere state le stesse diverse da quelle della mera attività di docenza scolastica, la domanda avrebbe dovuto necessariamente consistere in quella diretta all’inquadramento in diversa superiore qualifica, invocandosi l’art. 2103 c.c.;
2. con il secondo motivo, l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2103,2697 c.c., artt. 115,116 e 414 c.p.c., censurando in diritto l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la società non avrebbe contestato la domanda avversaria circa il preteso inquadramento nel 5 liv. c.c.n.l. formazione professionale;
3. i motivi vanno trattati congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto;
4. va, in primo luogo, evidenziato che l’inquadramento in un livello contrattuale, in quanto frutto di una valutazione comparativa, non può costituire oggetto di contestazione o non contestazione, riferendosi l’onere di contestazione alle allegazioni delle parti in sede di definizione dei fatti controversi;
5. tanto premesso, l’attività svolta dalla S. è stata ritenuta incontestatamente quella di “coordinamento organizzativo e didattico, tutoraggio, amministrazione e progettazione nell’ambito dei progetti formativi che la società elaborava e gestiva per conto di enti pubblici che finanziavano i diversi progetti” e le mansioni predette sono state valutate dal giudice del gravame come non coerenti con quelle di docenza e con il livello retributivo previsto dal c.c.n.l. applicato in azienda;
6. tuttavia, la verifica della congruità dell’inquadramento professionale in base al contratto collettivo applicato in azienda con le mansioni svolte si pone su un piano distinto rispetto a quello oggetto della presente controversia, e contravviene al principio di diritto secondo il quale, “nell’ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell’attività svolta dall’imprenditore, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso, se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo eventualmente richiamare tale disciplina come termine di riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., deducendo la non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato” (cfr., tra le tante, Cass. 26.11.2015 n. 24160, Cass. 18.12.2014 n. 26742, Cass. 13.7.2009 n. 16340, Cass. 29.7.2000 n. 10002): l’applicazione di tale principio presuppone, invero, la sussistenza di una corrispondenza e congruità dell’inquadramento attribuito rispetto alle mansioni, potendo porsi solo a valle di ciò una questione di non conformità, rispetto al parametro costituzionale dell’art. 36, del trattamento economico previsto dal contratto applicato in azienda, riferito a settore merceologico non corrispondente a quello dell’attività svolta;
7. il procedimento seguito dalla Corte territoriale è stato, invece, caratterizzato da un doppio passaggio, perchè prima è stato ritenuto che l’attività di docenza non fosse stata svolta in concreto e poi, rispetto all’individuazione delle mansioni effettivamente svolte, è stato posto richiamo alla tariffa retributiva, quale parametro ex art. 36 Cost., prevista per altra figura professionale da diverso contratto non applicato in azienda;
8. anche il principio dell’onere della prova gravante sul lavoratore è stato di riflesso applicato ad una fattispecie che non corrispondeva a quella asseritamente presa a riferimento, ritenendosi coerente alle mansioni il livello sesto del c.c.n.l. per il settore della formazione, diverso anche dal 5^ rivendicato;
9. tanto è sufficiente per ritenere la fondatezza dei motivi di ricorso, cui consegue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla Corte designata in dispositivo per una nuova valutazione conforme ai principi richiamati;
10. Il giudice del rinvio dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020
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