Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.814 del 16/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30014/2014 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO DE’

CAVALIERI n. 11, presso lo studio dell’avvocato ANTON GIULIO LANA, rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE TARRICONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7122/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI depositata il 17/12/2013, R.G.N. 617/2010;

il P.M., ha depositato conclusioni scritte.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Benevento che aveva rigettato tutte le domande, ha parzialmente accolto il ricorso proposto da M.A. nei confronti del Ministero della Giustizia e ha condannato l’appellato al pagamento, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance, “della metà delle differenze retributive tra la qualifica di inquadramento dell’istante e quella di posizione C1 Super dalla data della domanda di partecipazione alla selezione sino al deposito del ricorso giudiziario di primo grado, con interessi legali dalla maturazione al saldo”;

2. la Corte territoriale ha premesso che l’appellante aveva partecipato alla selezione interna, bandita dal Ministero della Giustizia e riservata al personale con qualifica C1, per l’attribuzione di 1500 posizioni C1 Super e si era collocata al 1858 posto della graduatoria finale, redatta sulla base dei criteri previsti dal bando, che non attribuivano alcun valore allo svolgimento di mansioni superiori affidate con atto formale;

3. il giudice d’appello ha ritenuto che sussistesse il denunciato contrasto fra il CCNL 16.2.1999 ed il CCI 5.4.2000 perchè la contrattazione nazionale, dopo aver indicato all’art. 15, lett. b), i principi generali ai quali in sede decentrata le parti dovevano attenersi nella specificazione dei criteri selettivi, aveva aggiunto, all’art. 34, che andava inserito tra gli elementi ed i titoli da prendere in considerazione anche lo svolgimento di mansioni superiori conferite con atto formale;

4. il CCI ed il bando che ad esso si era conformato non attribuivano, invece, alcun rilievo al richiamato criterio, che nella specie avrebbe assunto una particolare rilevanza in quanto l’originaria ricorrente dal maggio 1995 all’aprile 2001 era stata applicata presso gli uffici del giudice di pace del distretto della Corte d’appello di Napoli, ove aveva svolto mansioni proprie dei dipendenti inquadrati nell’8a qualifica funzionale;

5. la Corte partenopea ha escluso di potersi sostituire all’amministrazione nell’attribuzione del punteggio negato e ha riconosciuto alla M. il risarcimento del danno da perdita di chance, perchè l’ultimo dei vincitori vantava un’anzianità che superava di soli 4 mesi e 16 giorni quella della ricorrente e pertanto quest’ultima avrebbe avuto una ragionevole probabilità di essere inserita in posizione utile nella graduatoria, qualora fosse stato valutato lo svolgimento di mansioni superiori;

6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia sulla base di due motivi, illustrati da memoria, ai quali M.A. ha replicato con tempestivo controricorso;

7. il Procuratore Generale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità dei motivi, dei quali, in subordine, ha chiesto il rigetto.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione degli artt. 112 e 414 c.p.c., perchè con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado la M. aveva chiesto la disapplicazione del bando di selezione e non aveva proposto domanda di risarcimento del danno, formulata solo con il ricorso in riassunzione dell’8 febbraio 2008;

1.1. assume il Ministero che detta domanda doveva essere dichiarata inammissibile perchè nuova e perchè non era stata espressamente riproposta nel giudizio di appello;

2. la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita alla Corte territoriale la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40 e degli artt. 15, 17, 20 e 34 del CCNL 16.2.1999 per il personale del comparto ministeri;

2.1. rileva il ricorrente che il c.c.n.l. distingue la progressione meramente economica, disciplinata dall’art. 17, dal passaggio interno alla fascia superiore comportante anche l’attribuzione di mansioni esprimenti una maggiore professionalità, alla quale si applica la disposizione dettata dall’art. 15, lett. B;

2.2. l’art. 34, del CCNL richiama unicamente quest’ultima procedura, ossia la “selezione interna”, e pertanto nella specie doveva essere escluso il denunciato contrasto fra il contratto nazionale e quello integrativo;

3. il primo motivo è inammissibile perchè formulato senza il necessario rispetto dell’onere di specificazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6;

3.1. la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che, anche qualora venga dedotto un error in procedendo, rispetto al quale la Corte è giudice del “fatto processuale”, l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);

3.2. la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo consentito il rinvio per relationem agli atti del giudizio di merito, perchè la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi (Cass. n. 15367/2014; Cass. n. 21226/2010);

3.3. non è sufficiente, pertanto, che il ricorrente assolva al distinto onere previsto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., n. 4, indicando la sede nella quale l’atto processuale è reperibile, perchè l’art. 366 c.p.c., come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 5, richiede che al giudice di legittimità vengano forniti tutti gli elementi necessari per avere la completa cognizione della controversia, senza necessità di accedere a fonti esterne, mentre la produzione è finalizzata a permettere l’agevole reperibilità del documento o dell’atto la cui rilevanza è invocata ai fini dell’accoglimento del ricorso (cfr. sulla non sovrapponibilità dei due requisiti, Cass. 28.9.2016 n. 19048);

3.4. nel caso di specie il Ministero ha omesso di riportare nel corpo del motivo le parti essenziali degli atti processualì rilevanti, sicchè la censura non può essere scrutinata nel merito;

4. è, invece, fondato il secondo motivo, in relazione al quale non sussiste il profilo di inammissibilità rilevato dalla Procura Generale nelle conclusioni scritte del 5.9.2019;

4.1, non vi è dubbio che il particolare regime processuale dettato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5 e dall’art. 360 c.p.c., n. 3, come riformulato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, non si applichi aì contratti integrativi i quali, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto;

4.2. nel caso di specie, peraltro, la censura è incentrata sull’interpretazione non del CCNI 5.4.2000, che pacificamente, al pari del bando, non riconosceva alcun punteggio per lo svolgimento di mansioni superiori, bensì degli artt. 15, 17, 20 e 34 del CCNL 16.2.1999, con la conseguenza che è pienamente applicabile l’orientamento espresso da questa Corte, a partire da Cass. S.U. nn. 21558 e 23329 del 2009, sulla non estensibilità degli oneri di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, al contratto collettivo di diritto pubblico, in ragione della sua particolare natura, derivante dal procedimento formativo, dal regime di pubblicità, dalla sottoposizione a controllo contabile della compatibilità dei costi previsti;

5. la questione controversa attiene all’applicabilità dell’art. 34, comma 3, del CCNL 16.2.1999, per il personale non dirigenziale del comparto Ministeri, alla progressione economica all’interno delle aree, che lo stesso CCNL disciplina all’art. 17;

5.1. in particolare, nell’esercizio del potere di interpretazione diretta delle disposizioni contrattuali attribuito dal D.Lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 360 c.p.c., n. 3, questa Corte è chiamata a stabilire se le parti collettive, nel prevedere che “le mansioni superiori formalmente conferite prima dell’entrata in vigore del presente CCNL o successivamente per i casi previsti dall’art. 24, commi 2 e 3, sono valutate – nell’ambito della determinazione dei criteri generali per la definizione delle procedure di selezione interna tra tutti gli altri elementi e titoli presi in considerazione purchè non in modo esclusivo”, abbiano voluto dettare un criterio da valere in ogni ipotesi di valutazione comparativa dei dipendenti, limitando di conseguenza gli spazi di intervento della contrattazione integrativa, o se, al contrario, abbiano inteso riferirsi alle sole procedure disciplinate dall’art. 15, lett. a), dello stesso contratto;

5.2. il Collegio ritiene che la prima delle due opzioni ermeneutiche, fatta propria dalla Corte territoriale e qui censurata dal Ministero ricorrente, non sia rispettosa dei criteri legali indicati dagli artt. 1362 e 1363 c.c., perchè svaluta il tenore letterale della disposizione, che si riferisce alle “procedure di selezione interna” e che, pertanto, deve essere letta in combinato disposto con le altre clausole contrattuali che disciplinano, da un lato, i passaggi tra aree e all’interno dell’area, dall’altro la progressione meramente economica;

5.2. nel sistema di classificazione del personale delineato dal CCNL 1999, fondato sulla previsione di aree di inquadramento alle quali ricondurre i profili professionali che, se esprimenti differenti gradi di complessità e di contenuto della prestazione, possono essere collocati in posizioni economiche diverse (art. 13), la progressione economica in senso stretto rimane circoscritta alle posizioni super, rispetto alle quali l’art. 17, prescrive che le stesse devono essere attribuite ” sulla base di criteri – definiti nel contratto collettivo integrativo di amministrazione – ispirati alla valutazione dell’impegno, della prestazione e dell’arricchimento professionale acquisito, anche attraverso interventi formativi e di aggiornamento”

5.3. l’art. 15 del CCNL disciplina, invece, alla lett. a), il passaggio tra aree, stabilendo che lo stesso avviene “mediante procedure selettive volte all’accertamento dell’idoneità e/o della professionalità richiesta previo superamento di corso-concorso con appositi criteri stabiliti dall’amministrazione con le procedure indicate nell’art. 20”, ed alla lett. b) il passaggio da una posizione all’altra all’interno dell’area, conseguibile, nei limiti dei contingenti previsti, “mediante percorsi di qualificazione ed aggiornamento professionale con esame finale, al termine dei quali sarà definita una graduatoria per la cui formulazione sarà considerato, in ogni caso, elemento determinante la posizione economica di provenienza. Sono considerati altresì elementi utili, l’esperienza professionale acquisita e il possesso di titoli di studio e professionali coerenti con i processi di riorganizzazione o innovazione tecnologica”;

5.4. la distinzione fra le procedure trova poi riscontro nell’art. 20 del CCNL che, nel disciplinare le relazioni sindacali con riferimento al sistema classificatorio, rimette alla contrattazione integrativa la “determinazione dei criteri generali per la definizione delle procedure per le selezioni di cui all’art. 15, lett. B)” (art. 20, lett. a), mentre prevede solo un obbligo di informazione preventiva e di concertazione quanto alla “determinazione dei criteri generali per la definizione delle procedure di selezione interna di cui al medesimo art. 15, lett. A)” (art. 20, lett. b);

5.5. è, quindi, a queste ultime procedure che si riferisce l’art. 34 ed a detta conclusione si perviene, da un lato, valorizzando l’espressione letterale utilizzata, che richiama esattamente quella di cui all’art. 20, lett. b), dall’altro considerando che per le altre forme di valutazione comparativa le parti collettive, all’art. 15, lett. b) e art. 17, comma 2, hanno indicato gli elementi da valorizzare ai fini dell’attribuzione della posizione economica, senza fare cenno all’esercizio di mansioni superiori e senza introdurre in relazione allo stesso alcun vincolo per la contrattazione integrativa;

– 5.6. nella specie viene in rilievo una procedura bandita per il conferimento di 1500 posizioni Cl super, riconducibile, quindi, all’art. 17 del CCNL 1999 e, pertanto, non si ravvisa il lamentato contrasto della contrattazione integrativa rispetto a quella nazionale, perchè il vincolo posto dall’art. 34, non è riferibile alla valutazione comparativa della cui legittimità qui si discute, che va scrutinata alla luce della disposizione da ultimo richiamata e non dell’art. 15, lett. b), come erroneamente affermato dalla Corte territoriale;

6. in via conclusiva, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, deve essere cassata la sentenza impugnata e la causa va decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto dell’originaria domanda;

6.1. la novità della questione giuridica trattata e l’esito alterno dei gradi del giudizio di merito giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite;

6.1. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda. Compensa integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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