LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20420/2018 proposto da:
A.L., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Nesta Liana, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno Commissione territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale Di Salerno; Procura generale presso la Corte d’appello di Napoli;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2256/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/05/2019 dal consigliere Dott. VELLA PAOLA.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto dal cittadino ghanese A.L., di religione cristiana, avverso l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. con cui il Tribunale di Napoli aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, ritenendo con ampia motivazione – che il narrato fosse “scarsamente credibile”, che le condizioni generali del Ghana non integrassero i presupposti D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, e che non sussistessero specifici profili di vulnerabilità.
2. Avverso detta decisione il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso per cassazione.
3. Gli intimati non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3, 8, 10, 13 e 27 e dell’art. 16 della Direttivan. 2013/32 UE, per mancata acquisizione di informazioni aggiornate sulla situazione del Ghana e, in particolare, sul funzionamento del sistema di giustizia, in violazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa.
4.1. La censura è inammissibile, poichè, all’ampio e argomentato ricorso della Corte d’appello a plurime informazioni sulle condizioni politiche, sociali, militari, religiose, giuridiche e ordinamentali del Ghana – attinte da varie fonti, specificamente indicate – il ricorrente contrappone una diversa ricostruzione e valutazione della situazione, che integra però un profilo di merito non sindacabile in questa sede.
5. Con il secondo mezzo – rubricato “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, per non aver valutato il più che positivo inserimento socio-lavorativo” – il ricorrente si duole della mancata audizione da parte della Corte d’appello e della mancata valutazione della particolare vulnerabilità del richiedente sotto il profilo soggettivo e oggettivo, sottolineando che “non sono stati “motivi economici” quelli che hanno spinto originariamente il ricorrente a lasciare il paese: le sue condizioni economiche erano più che adeguate a garantirgli un buon tenore di vita”.
5.1. Anche questa censura è inammissibile poichè, al di là della rubrica, contesta il merito delle valutazioni motivatamente e conformemente compiute dal tribunale e dalla corte d’appello con riferimento sia ai rischi di un eventuale rimpatrio connessi alla vicenda personale del ricorrente (ritenuta non ritenuta credibile), sia agli allegati profili di vulnerabilità; del resto, per giurisprudenza costante di questa Corte la sola integrazione sociale e lavorativa in Italia non è di per sè sufficiente a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Cass. 31679/2018, 4455/2018, 25075/2017, 26641/2016).
6. Segue l’inammissibilità del ricorso, senza necessità di statuizione sulle spese, in mancanza di difese delle parti intimate.
7. Non sussistono i presupposta per il raddoppio del contributo unificato, risultando il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato (Cass. 28433/2018, 13935/2017, 9938/2014).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020