Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.8613 del 07/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11145/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;

– ricorrenti –

contro

A.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIATERESA GRIMALDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 416/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/04/2013 r.g.n. 673/2011.

RILEVATO

che la Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata in data 23.4.2013, ha respinto il gravame interposto dall’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della società di cartolarizzazione dei propri crediti S.C.C.I. S.p.A., nei confronti di A.G., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede resa il 18.5.2011, con la quale era stato escluso che l’ A. avesse l’obbligo di iscriversi alla c.d. Gestione Commercianti, poichè la Paterson di G.A. & C. S.a.s., di cui il medesimo era socio accomandatario, si occupava solo dell’attività di locazione dei propri immobili e l’ A. non svolgeva effettiva attività commerciale, ma si limitava ad atti di gestione di rilievo meramente civilistico;

che la Corte di merito, al riguardo, ha osservato che “della medesima questione, e per una diversa annualità nelle immutate condizioni di fatto, l’obbligo di iscrizione dell’ A. è stato escluso dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza resa il 12.1.2012” e che, “nella fattispecie, l’attività svolta dall’ A. ai fini commerciali è praticamente inconsistente”;

che per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della società di cartolarizzazione dei propri crediti S.C.C.I. S.p.A., articolando un motivo, cui resiste con controricorso A.G.;

che sono state comunicate memorie, ai sensi dell’art. 380-bis del c.p.c., nell’interesse dell’ A.;

che il P.G. non ha formulato richieste.

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 613 del 1966, art. 1; L. n. 1397 del 1960, art. 1, come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2; artt. 2313,2318 e 2697 c.c., ed in particolare, si deduce che la costituzione in forma societaria, ma diversa dalla società semplice, facesse presumere l’esercizio di una attività imprenditoriale e che spettasse, quindi, all’ A. – che negava che vi fosse stato svolgimento di commercio – dimostrarlo in concreto, poichè, a parere della parte ricorrente, l’oggetto societario non consisteva solo nel godimento di immobili;

che il motivo non è fondato, in quanto la Corte territoriale è pervenuta alla decisione oggetto del presente giudizio uniformandosi agli ormai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed ai quali, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo (cfr., in particolare e tra le molte, Cass. nn. 25082/2018; 15896/2018; 7910/2017; 3145/2013) -, secondo cui “il presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla Gestione Commercianti è lo svolgimento di un’attività commerciale”, conformemente a quanto previsto dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha sostituito il testo della L. n. 160 del 1975, art. 29, in materia di requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali;

che, nella fattispecie, la Corte di Appello ha condivisibilmente affermato, sulla base di un accertamento in fatto, censurato solo in modo generico dall’Istituto ricorrente, che la Paterson di G.A. & C. S.a.s., della quale il medesimo A. era socio accomandatario, nel concreto non svolgeva attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili altrui, ma si limitava alla gestione delle locazioni degli immobili di cui era proprietaria;

che, come innanzi osservato, la pronunzia oggetto del presente giudizio è del tutto in linea con il principio, in più occasioni ribadito da questa Suprema Corte, alla stregua del quale “la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge una attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare” (cfr., ex plurimis, Cass. n. 3145/2013, cit.);

che, con riferimento alle società in accomandita semplice, come è noto, “ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato della L. n. 160 del 1975, art. 29 e della L. n. 45 del 1986, art. 3”, la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a fare sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, “essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’Istituto” (v. Cass. nn. 25082/2018, cit.; 28021/2017; 27376/2016; 17643/2016; 3835/2016): prova che, nella fattispecie -secondo quanto, motivatamente e condivisibilmente, hanno affermato i giudici di merito, non è stata fornita, essendo risultato delibato che l’ A. si limitava ad apporre le firme necessarie alla gestione dei contratti di locazione degli immobili societari;

che, pertanto, dovendosi tenere in considerazione soltanto lo svolgimento in concreto di una attività commerciale, a nulla rileva il contenuto dell’oggetto sociale; nè, peraltro, si configura una simulazione del rapporto societario, infondatamente ipotizzata dall’INPS come necessaria;

che, per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso va respinto;

che le spese del presente giudizio – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore di A.G., avv. Maria Teresa Grimaldi, dichiaratasi antistataria seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.800,00 per compensi professionali ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2020

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