LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7027/2018 proposto da:
D.O., elettivamente domiciliato in Roma Via Ottaviano 32 presso lo studio dell’avvocato Carnuccio Francesco che lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1421/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 20/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 1421/2017 depositata il 20-7-2017, la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’appello di D.O., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro con la quale era stata rigettata la domanda avente ad oggetto, in via gradata, il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto che i fatti narrati dal richiedente fossero irrilevanti al fine del riconoscimento dello status di rifugiato, trattandosi di vicenda privata caratterizzata da contrasti di natura economica ed in relazione alla quale il richiedente avrebbe potuto ottenere protezione nel suo Paese. I Giudici d’appello hanno affermato l’insussistenza di danno grave giustificativo della concessione della protezione sussidiaria e la mancanza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, non sussistendo più il rischio di contagio dell’ebola.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con un solo articolato motivo il ricorrente lamenta “Violazione dell’art. 112 c.p.c. – omessa pronuncia in relazione al vizio di ultrapetizione dedotto con il primo motivo dell’atto di appello-violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”. Il ricorrente deduce di aver ottenuto dalla Commissione territoriale di Crotone l’accoglimento della sua domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, come da provvedimento notificatogli il 12-11-2014, di aver chiaramente rappresentato detta circostanza nel ricorso di primo grado e nell’atto di appello, il cui testo riporta nel ricorso per cassazione nelle parti di rilevanza, e allega i documenti che richiama (doc. 2 estratto del fascicolo telematico di primo grado e doc. “a” atto di appello). Deduce di aver chiesto con il ricorso di primo grado solo il riconoscimento della protezione internazionale e/o sussidiaria e non quello della protezione umanitaria, già riconosciuta in via amministrativa. Invece il Tribunale di Catanzaro si era pronunciato in ordine alla suddetta ultima misura di protezione, ritenendo che non spettasse al richiedente, e la Corte d’appello ha totalmente omesso la pronuncia sul primo motivo di appello, con il quale si denunciava il vizio di ultrapetizione sulla medesima domanda, mai proposta. Ad avviso del ricorrente al giudice dell’opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale è devoluta solo la cognizione sulla domanda di protezione internazionale respinta, essendo la cessazione o la revoca delle misure di protezione riconosciute in via amministrativa disciplinate dal D.Lgs. n. 251 del 2007 e potendo solo la Commissione Nazionale per il diritto di asilo provvedere in tal senso.
2. Il motivo è fondato.
Dall’esame degli atti, consentito a questa Corte data la natura processuale del vizio denunciato, risulta che nell’atto d’appello era stata formulata, con il primo motivo, la doglianza di ultrapetizione, per avere il Tribunale rigettato la domanda di protezione umanitaria, mai proposta perchè detta forma di protezione era già stata riconosciuta al richiedente in sede amministrativa, come da provvedimento della Commissione Territoriale del 10-10-2014 (doc. 2 estratto del fascicolo telematico di primo grado e doc. “a” atto di appello, riportati, per le parti di interesse, anche nel ricorso).
Ricorre, pertanto, il denunziato vizio di omessa pronuncia sul primo motivo d’appello e, poichè la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, in parziale riforma della sentenza di primo grado, va accolto il primo motivo d’appello proposto da proposto da D.O. che riguarda l’ultrapetizione, non avendo il richiedente proposto la domanda relativa alla protezione umanitaria, del cui riconoscimento in via amministrativa aveva dato conto nei suoi atti processuali, nonchè documentato. E’ infatti consentito al giudice di merito riconoscere la protezione minore (umanitaria), pur in assenza di specifica domanda, in deroga al principio dispositivo e come norma di favore per il richiedente, ma non l’inverso, dato che in materia di protezione umanitaria dello straniero, la competenza a disporre l’annullamento d’ufficio – in applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21-nonies richiamato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 18 – e la revoca della protezione umanitaria (ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6), spettano alle Commissioni territoriali (Cass. n. 23472/2017).
3. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto. Poichè la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, è accolto il primo motivo d’appello proposto da D.O. e la sentenza di primo grado è riformata nella parte in cui è stata rigettata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ferme le restanti statuizioni.
4. Le spese dei giudizi di merito sono compensate, avuto riguardo alla particolarità del caso, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il primo motivo d’appello proposto da D.O. e riforma la sentenza di primo grado nella parte in cui è stata rigettata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Compensa interamente tra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna il Ministero dell’Interno alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100 per compensi e Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese forfettario (15%) ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020