LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33019-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE *****, elettivamente domiciliato in ROMA, P. ZA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO MARIA PAPA MALATESTA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
P.L.P., rappresentato e difeso dall’avv. ANTONINO GUGLIOTTA, ed elettivamente domiciliato in Milano, via Benvenuto Cellini, presso l’avv. ANDREA VIANELLO;
– controricorrenti –
contro
COMUNE DI SAVONA, COMUNE DI MILANO, COMUNE DI BERGEGGI, COMUNE DI ALBISSOLA MARINA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2219/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consìglio del 12/02/2021 dal Consigliere Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
RITENUTO IN FATTO
CHE:
1. – Equitalia Nord, oggi Agenzia delle Entrate riscossione, ha notificato a P.L.P. diverse cartelle esattoriali per il pagamento di sanzioni da violazione del codice della strada. Le cartelle esattoriali sono diventate definitive, non essendo state impugnate nei termini, con la conseguenza che l’ente ha notificato preavviso di fermo che, questa volta, il P. ha impugnato, unitamente alla intimazione di pagamento, eccependo sia di non aver ricevuto mai la notifica delle cartelle esattoriali, sia la prescrizione dei crediti, essendo decorsi più di cinque anni tra la notifica delle cartelle (atto interruttivo) e quella del fermo (atto impugnato).
2.- Il Tribunale, preso atto della notifica delle cartelle, circostanza dimostrata in giudizio dal concessionario della riscossione, ha escluso la prescrizione sostenendo che, una volta diventata definitiva la cartella esattoriale, il credito subisce novazione del suo titolo (da sanzione ad atto definitivo di riscossione) e la prescrizione diventa decennale.
Su appello del P. questa decisione è stata riformata, con l’argomento che, ferma restando la definitività della cartella esattoriale, il termine di prescrizione non si trasforma da quello proprio di ciascun credito (nella fattispecie, cinque anni) in decennale.
3. Ricorre ora Agenzia delle Entrate Riscossione con un motivo. V’è costituzione con controricorso e memorie della ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
4. Il ricorso è inammissibile.
Agenzia Riscossione agisce in base ad una procura alle liti rilasciata ad un difensore del libero foro. E’ regola stabilita dalle Sezioni Unite di questa Corte che ” Ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, comma 4, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, nè della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, R.D. cit. – nel rispetto del D.Lgs. n. 50 del 2016, artt. 4 e 17 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 5, conv. in L. n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio.” (Cass. Sez. Un. 30008/ 2019).
In sostanza, il ricorso alla Avvocatura dello Stato costituisce il regime ordinario, normalmente imposto per Agenzia Riscossione, mentre il patrocinio da parte di un avvocato del libero foro costituisce deroga alla regola generale, consentita solo ove previsto dall’atto organizzativo o da una delibera che enunci le ragioni della scelta, vincolate al rispetto dei criteri di legge. Nè l’una nè l’altra ipotesi appaiono invece sussistere in questo caso. (in senso analogo Cass. 26531/20).
5. Il ricorso è altresì inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..
La tesi della Agenzia delle Entrate è che è vero che la cartella esattoriale, se definitiva, non opera una novazione del titolo del credito, e dunque, a differenza di quanto accade per il giudicato (e la cartella non lo è), non trasforma la prescrizione da quinquennale, o da quella che è in ragione della natura del credito, in decennale; ma ciò vale per la cartella e non per il ruolo, il quale è titolo esecutivo autonomo e distinto e dunque idoneo a trasformare quel termine di prescrizione. 5.1. La questione, quanto alla cartella esattoriale, come è noto è stata risolta da Cass. Sez. un. 23397 del 2016 la quale ha ritenuto che la cartella diventata inoppugnabile, in quanto decorso inutilmente il termine di impugnazione, non vale ai sensi dell’art. 2953 c.c. a trasformare la prescrizione in decennale.
La cartella esattoriale non impugnata, in sostanza, è, si, atto interruttivo del credito, ma non novativo del suo titolo, al punto da fungere da giudicato e dunque da determinare un nuovo termine di prescrizione, ossia quello decennale, in sostituzione del termine proprio del credito portato dalla cartella.
Questa regola vale anche nel caso in cui l’atto che costituisce dies a quo, anzichè essere costituito dalla cartella esattoriale, è costituito dal ruolo, che pur essendo titolo esecutivo, non è idoneo a comportare una novazione del credito, trasformandolo in uno avente la sua fonte in un titolo esecutivo (v. pure Cass. 8126/ 2020); i crediti iscritti a ruolo, infatti, conservano la loro natura, ed il ruolo stesso costituisce semmai un mezzo, un atto della procedura di riscossione, non contenendo accertamento di un diritto nuovo rispetto a quello oggetto di tutela mediante riscossione coattiva. Spese secondo soccombenza e raddoppio c.u..
PQM
La corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 230,00 Euro oltre 200,00 Euro per spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte da atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021