LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21286/2017 proposto da:
L.P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato ANDREA SCAFA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANNI FALCONI;
– ricorrente –
contro
AZIENDA USL TERAMO, rappresentata e difesa dall’avvocato LINO NISII, gestione liquidatoria ex ULSS di Giulianova;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 804/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA.
depositata l’11/5/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/6/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, depositate il 26/5/2020.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’11/5/2017 la Corte d’Appello di L’Aquila, in accoglimento del gravame interposto dall’Ausl di Teramo – Gestione liquidatoria ex U.L.S.S. di Giulianova e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Teramo 22/9/2010, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima originariamente proposta dal sig. L.P.F. di risarcimento dei danni sofferti all’esito dell’erronea valutazione dei sintomi e della omessa o ritardata diagnosi di un aneurisma cerebrale da parte dei sanitari del Pronto soccorso dell’Ospedale civile di *****, da cui il ***** fu dimesso senza essere sottoposto ad approfondimenti diagnostici nè mantenuto in osservazione, venendo la mattina seguente ricoverato d’urgenza presso il Centro Rianimazione e Terapia Intensiva dell’Ospedale di *****, ove venne effettuata una Tac cranio che rivelò la presenza di “un’estesa raccolta emorragica delimitata da una zona di ipodensità da fatti edematosi”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il L. propone ora ricorso per cassazione affidato a 7 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso l’Ausl di Teramo e il Commissario liquidatore della Gestione liquidatoria ex U.L.S.S. di Giulianova, che hanno presentato anche memoria.
Già chiamata all’udienza del 25/1/2019, la causa è stata rinviata alla pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente osservato che la trattazione del ricorso, già disposta in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., all’udienza del 25/1/2019 è stata rinviata a nuovo ruolo per l’opportunità di una trattazione in udienza pubblica.
Deve ulteriormente sottolinearsi che, in quanto ai sensi del Decreto del Primo Presidente n. 76 del 2020 (il quale fa richiamo al precedente Decreto n. 55 del 2020) la relativa trattazione in pubblica udienza si sarebbe potuta fissare solamente dopo il 31 luglio 2020, la causa è stata iscritta al ruolo dell’odierna adunanza camerale al fine di assicurarne la sollecita trattazione, senza che le parti e il P.G. presso questa Corte abbiano sollevato rilievo alcuno al riguardo.
Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 112,183,345,359 c.p.c., artt. 24,111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Si duole che la corte di merito abbia introdotto d’ufficio il rilievo che la prestazione eseguita comporta la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, senza previamente provocare il contraddittorio sul punto.
Lamenta non avere controparte invero mai sostenuto nei propri scritti difensivi “che la prestazione medica” fosse nella specie “di particolare difficoltà”, nè formulato “specifiche proposte di quesiti al C.T.U.”, nè rappresentato “in fatto che la sintomatologia refertata al L. fosse idonea a rendere particolarmente difficile la diagnosi, sì da potersi escludere la colpa grave ex art. 2236 c.c.”, essendosi limitata a dedurre che “la sintomatologia portata dall’attore non assiomatizzava la patologia successivamente riscontrata”; e che la disposta CTU ha accertato l’inconfigurabilità nel caso di un’ipotesi di speciale difficoltà.
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Questa Corte ha già avuto modo di osservare come il rilievo della questione concernente la necessità della soluzione da parte del prestatore d’opera di problemi tecnici di speciale difficoltà implicata nel caso concreto dalla prestazione professionale al medesimo richiesta possa essere dal giudice compiuto d’ufficio, sulla base di risultanze istruttorie ritualmente acquisite, non costituendo oggetto di un’eccezione in senso stretto (v. Cass., 22/12/2015, n. 25746, e, conformemente, Cass., 6/7/2020, n. 13874).
Atteso che nella specie risulta ratione temporis applicabile la disciplina dettata agli artt. 180 c.p.c. e segg., nel testo anteriore alla riforma del 2005, deve per altro verso sottolinearsi che l’art. 183 c.p.c., comma 4, pur non risultando dall’art. 350 c.p.c., richiamato, va ex art. 359 c.p.c., ritenuto senz’altro applicabile (anche) al giudizio d’appello.
Il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa costituisce infatti principio immanente dell’ordinamento, come questa Corte ha avuto modo di sottolineare nell’affermare, anche anteriormente all’introduzione (da parte della L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13) dell’art. 101 c.p.c., comma 2, essere affetta da nullità la sentenza c.d. “della terza via” o “a sorpresa” in ipotesi di rilievo d’ufficio dal giudice di questione non previamente sottoposta all’attenzione delle parti (cfr. Cass., 31/1/2017, n. 2340, e, conformemente, Cass., 5/12/2017, n. 29098).
Orbene, siffatto principio è rimasto dalla corte di merito invero disatteso nell’impugnata sentenza, in particolare là dove essa, pur trattandosi di questione non prospettata nè discussa nel corso del giudizio di 1 grado, ha d’ufficio ritenuto, senza previamente invitare le parti ad argomentare al riguardo (anche al fine dell’eventuale sollecitazione all’esercizio dei poteri ex art. 356 c.p.c.), “innegabile che, nella situazione data, la diagnosi presentasse un grado elevato di difficoltà tecnico-scientifica tale da configurare un errore sanzionabile ed un danno risarcibile solo in caso di colpa (imperizia) grave, secondo la previsione del richiamato art. 2236 c.c.”, pervenendo quindi a concludere essere la colpa grave nella specie “non… riconoscibile nel… comportamento dei sanitari del pronto soccorso dell’Ospedale di *****”.
Con il 2 motivo il ricorrente denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1176,1218,1223,2236,2043,2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente valutato non solo l’errata diagnosi ma anche “una serie di colpose negligenze ed imprudenze”, per “non aver eseguito alcuna anamnesi, diagnosi e prognosi (come risulta dal certificato medico *****, che nessuna indicazione contiene al riguardo…), nè “approfondito il quadro clinico, con l’esecuzione di una TAC cranio”, e nemmeno “tenuto in osservazione il paziente”.
Lamenta che, come affermato nella CTU, nella specie non si trattava di un caso di particolare difficoltà, non essendosi in ogni caso considerato che l’errore diagnostico sussiste anche allorquando come nella specie si ometta di eseguire o disporre controlli o accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.
Con il 3 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 183,184,194,195,201 c.p.c., art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Si duole che la corte di merito abbia apoditticamente ed acriticamente valorizzato una non indicata CTP, non risultando nell’impugnata sentenza precisato se la corte di merito abbia “inteso riferirsi alla perizia del CT di parte D. del *****… ovvero al parere pro veritate del prof. G. F. del *****… ovvero ancora ad entrambi”, “scritti” in ogni caso “non… giuridicamente qualificabili come CT di parte”.
Lamenta essere stata “la memoria tecnica del *****… depositata a sorpresa, il giorno successivo, all’udienza del 14 novembre 2017, senza mettere il difensore dell’odierno ricorrente nella condizione di potervi replicare e, quindi, in violazione del principio del contraddittorio e del principio della parità delle armi consacrato nell’art. 111 Cost.”; e che “analoghe considerazioni valgono per l’altra perizia stragiudiziale a firma del Prof. G. F. prodotta addirittura all’udienza di precisazione delle conclusioni”, sicchè la corte di merito “non poteva… certo fondare la propria decisione su scritti di cui doveva dichiarare d’ufficio l’inammissibilità”.
Con il 4 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” del principio di non contestazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che l’assunto di controparte, volto a “scriminare la responsabilità del medico dell’ospedale di *****”, secondo cui “il mancato ricovero” risulta nella specie “giustificato dal rifiuto… opposto dal L. a ricoverarsi per sottoporsi a ulteriori accertamenti” è rimasto invero “sprovvisto di prova”, in quanto, a fronte del rigetto da parte del tribunale delle “richieste di prova orale articolate ex adverso “in quanto in parte relative a fatti non contestati ed in parte a fatti che dovevano esser provati con referti medici””, la “deduzione relativa al ricovero è stata riproposta dalla Gestione Liquidatoria in appello” e addirittura “arricchita con la precisazione che i sanitari avevano proposto al L. una consulenza neurologica ed un (recte, una) TAC cranio” senza tuttavia “proporre impugnazione sul capo della sentenza relativo al rigetto delle istanze istruttorie e senza riproporre i capitoli di prova”; con la conseguenza che “in virtù del principio di non contestazione” è rimasta pertanto “acquisita al processo la prova che anche secondo i sanitari era necessario tenere il paziente “in osservazione” in ambiente ospedaliero per eseguire una consulenza neurologica ed una TAC cranio”.
Con il 5 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 132 c.p.c., art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; del principio di non contestazione e degli artt. 115,116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che la corte di merito abbia disatteso la CTU sulla base della diretta valutazione del certificato medico del Pronto Soccorso non recante alcuna anamnesi, diagnosi e prognosi.
Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato che, allorquando “il giudice del merito ritenga di dover nominare un CTU, non può, senza motivare adeguatamente la propria scelta, ignorare o sminuire i dati risultanti dalla relazione del CTU in atti senza disporre di elementi istruttori, eventualmente integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata”, sicchè “nel caso in esame il “minimo costituzionale” è stato chiaramente violato, dato che il Giudice di secondo grado ha escluso la responsabilità medica motivando in modo meramente apparente, perchè incompleto, incongruo e incoerente”.
Si duole che “sulla sola base del certificato del pronto soccorso del *****” la corte di merito abbia “laconicamente ritenuto” che “il fatto che la cefalea e l’ipertensione fossero scomparse per effetto delle “iniziative prese e delle attività svolte nel tempo dovuto” e che il paziente fosse per tale motivo dimesso escludeva l’addebito di negligenza ed imprudenza”, laddove “dal certificato medico richiamato… emergeva unicamente il trattamento sanitario, senza alcuna indicazione della anamnesi, della diagnosi e della prognosi e, quindi, una grave omissione nell’operato dei sanitari che avevano somministrato delle medicine senza aver prima chiarito da cosa fosse affetto il L., come del resto sottolineato dal CTU, secondo il quale dal certificato emergeva… che i sanitari avevano dimesso il paziente senza diagnosi, prognosi o consigli terapeutici”.
Lamenta che la “mancata diagnosi, ossia l’incapacità di comprendere da quale patologia fosse affetto il L., giustificava sul piano della diligenza e prudenza che il paziente fosse tenuto “in osservazione”, in ambiente ospedaliero”, e che il medesimo non venisse viceversa “dimesso in tempi così brevi, subito dopo il regresso dei sintomi della cefalea e dell’ipertensione a seguito della somministrazione dell’antidolorifico e del diuretico”, a fortiori in considerazione della circostanza che “gli esami risultati nella norma e una corretta anamnesi (la giovane età del paziente, trentatreenne, e la non abitualità dei sintomi lamentati, non avendo mai soffrendo (recte, sofferto) di ipertensione e cefalea) avrebbero dovuto indurli ad approfondire il quadro clinico attraverso l’effettuazione di una TAC cranio”.
Con il 6 motivo denunzia “travisamento della prova” e “omessa valutazione di fatto decisivo” della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole della mancata valutazione della CTU percipiente.
Lamenta essersi proprio da controparte sottolineato, in sede di gravame, come siano stati i sanitari del Pronto Soccorso dell’Ospedale a prospettare al paziente odierno ricorrente la necessità di una consulenza neurologica e dell’effettuazione di una TAC cranio, a tale stregua riconoscendo la necessità di tenerlo quella sera in osservazione.
Con il 7 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente valutato le emergenze probatorie, e in particolare il “certificato medico del *****”.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno p.q.r. accolti, nei termini e limiti di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto più volte modo di porre in rilievo, allorquando non abbia le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie ed idonee a ricostruire e comprendere la fattispecie concreta in esame nella sua meccanicistica determinazione ed evoluzione, pur essendo peritus peritorum il giudice deve fare invero ricorso a una consulenza tecnica di tipo percipiente, quale fonte oggettiva di prova (cfr. Cass., 22/2/2016, n. 3428; Cass., 30/9/2014, n. 20548; Cass., 27/8/2014, n. 18307; Cass., 26/2/2013, n. 4792; Cass., 13/3/2009, n. 6155; Cass., 19/1/2006, n. 1020), sulla base delle cui risultanze è tenuto a dare atto dei risultati conseguiti e di quelli viceversa non conseguiti o non conseguibili, in ogni caso argomentando su basi tecnico-scientifiche e logiche (cfr. Cass., 26/2/2013, n. 4792; Cass., 13/3/2009, n. 6155; Cass., 19/1/2006, n. 1020).
Si è al riguardo precisato che il giudice può anche disattendere le risultanze della disposta CTU percipiente, ma solo motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati e agli elementi probatori utilizzati per addivenire all’assunta decisione (cfr. Cass., 3/3/2011, n. 5148), specificando le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU (cfr. Cass., 26/8/2013, n. 19572; Cass., 7/8/2014, n. 17747).
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.
In particolare là dove, a fronte delle affermazioni del giudice di primo cure argomentatamente fondate sulle risultanze della disposta CTU (secondo cui: a) l'”orientamento dei sanitari dell’Ospedale fu “che L.P.F. fosse rimasto vittima di una poussee ipertensiva accompagnata da cefalea intensa, risolta con la terapia medica in pronto soccorso, che… non avrebbe evidentemente comportato ulteriori conseguenze””; b) “i sanitari con la dovuta diligenza e con un’anamnesi corretta avrebbero dovuto sospettare la possibilità della presenza della grave patologia successivamente conclamatasi e attraverso l’effettuazione di una TAC orientare la diagnosi, la prognosi e la terapia”, essendo “comunque altamente verosimile che l’individuazione attraverso TAC cerebrale di una emorragia subaracnoidea che avrebbe condotto rapidamente il paziente in sala operatoria per un intervento neurochirurgico, avrebbe evitato l’emorragia intraparenchimale successiva, cioè estesa all’interno del parenchima cerebrale, che deve essere considerata la diretta responsabile dei danni neurologici sofferti e residuali al paziente”), tale giudice si è invero limitato ad apoditticamente affermare di non poter “fare a meno di sottolineare le anomalie del caso clinico sottoposto all’esame dei sanitari siccome caratterizzato…dall’assenza di alcun sintomo neurologico (rigidità nucale, vomito, anisocoria etc.), neppure la cefalea potendo assumersi come univocamente significativa dell’evento emorragico in quanto immediatamente regredita (come una qualsiasi emicrania) con la somministrazione di una sola dose di antidolorifico laddove in ipotesi di sanguinamento cerebrale essa si connota per durata e persistenza e per insopportabile intensità: al punto da potersi ragionevolmente ritenere che essa fosse stata determinata dalla ipertensione per cui, cessata la causa, era venuto meno l’effetto mentre non è chiara la ragione medica per cui il valore pressorio doveva da solo essere rivelatore di un disturbo encefalico di verosimile natura circolatoria (pag. 5 della sentenza e pagg. 5 e 7 della comparsa di risposta)”.
La corte di merito ha nell’impugnata sentenza – in termini inammissibilmente del tutto generici e ipotetici – ulteriormente osservato che le “peculiari caratteristiche oggettive del caso in esame, ed in particolare la immediata remissione dei sintomi (ipertensione e cefalea), hanno avuto dunque l’effetto di “depistare” il corretto inquadramento diagnostico tanto nell’ipotesi, assai poco probabile, che al momento de ricovero fosse già in atto l’emorragia quanto, a maggior ragione, nell’evenienza che si trattasse di una cefalea c.d. sentinella e cioè prodromica al futuro evento emorragico”, essendo “in ogni caso… innegabile che, nella situazione data, la diagnosi presentasse un grado elevato di difficoltà tecnico-scientifica tale da configurare un errore sanzionabile ed un danno risarcibile solo in caso di colpa (imperizia) grave, secondo la previsione del richiamato art. 2236 c.c.; colpa grave che fermo restando il margine di discrezionalità ed incertezza delle scelte inscindibilmente connesso a tutte le scienze non esatte (quale è la medicina) – ad avviso della Corte non è riconoscibile nel descritto comportamento dei sanitari del pronto soccorso dell’Ospedale di ***** per tutte le ragioni fin qui esposte ed in conformità alla giurisprudenza richiamata”.
E’ quindi pervenuta a conclusioni invero opposte rispetto a quelle raggiunte dal giudice di prime cure, apoditticamente e genericamente valorizzando atti di parte ed emergenze probatorie differenti da quelli favorevolmente considerati dal tribunale, senza invero indicare argomento alcuno idoneo a rendere comprensibile l’iter logico-giuridico seguito, omettendo in particolare di spiegare quali ragioni l’abbiano indotta a privilegiare questi ultimi in luogo dei primi.
Con particolare riferimento al 3 e al 4 motivo, deve sotto ulteriormente porsi in rilievo che, come dall’odierno ricorrente fondatamente censurato, la corte di merito ha invero del tutto omesso di considerare che “in virtù del principio di non contestazione era acquisita al processo la prova che anche secondo i sanitari era necessario tenere il paziente “in osservazione” in ambiente ospedaliero per eseguire una consulenza neurologica ed una TAC cranio”, giacchè l’assunto di controparte secondo cui “il mancato ricovero” risulti nella specie “giustificato dal rifiuto asseritamente opposto dal L. a ricoverarsi per sottoporsi a ulteriori accertamenti” è rimasto invero del tutto “sprovvisto di prova”.
A fronte del rigetto da parte del tribunale delle “richieste di prova orale articolate ex adverso “in quanto in parte relative a fatti non contestati ed in parte a fatti che dovevano esser provati con referti medici”, la “deduzione relativa al ricovero” è stata dalla Gestione Liquidatoria riproposta in appello, addirittura “arricchita con la precisazione che i sanitari avevano proposto al L. una consulenza neurologica ed un (recte, una) TAC cranio”, senza che la medesima abbia tuttavia interposto gravame “sul capo della sentenza relativo al rigetto delle istanze istruttorie e senza riproporre i capitoli di prova” (v. pagg. 10 e 11 della comparsa di costituzione e risposta in grado d’appello della Gestione Liquidatoria della ex USL, debitamente riportata alla nota 10 di pag. 26 del ricorso: “E’ utile ribadire in ogni caso che il Sig. L., anch’egli medico, rifiutò il ricovero manifestando più volte ai colleghi del su menzionato presidio ospedaliero, e in particolare al Dott. Lo., la volontà di non sottoporsi ad ulteriori verifiche, ritenendo sulla base delle sue cognizioni ed esperienze professionali di non averne alcun bisogno. Anche in tale circostanza non può che avere efficacia esimente della responsabilità dei medici di guardia del reparto di cardiologia, i quali, solamente dopo aver più volte suggerito al signor L. di sottoporsi ad una consulenza neurologica e una TAC cranio, preso atto delle migliori condizioni di salute del paziente, decisero di rinviarlo a domicilio””.
Prova invero, come dedotto dal ricorrente nei propri scritti difensivi, “attinente al fatto costitutivo principale della colpevolezza dei sanitari, sotto il profilo della negligenza ed imprudenza, perchè dimostra, avendo gli stessi proposto il ricovero in conseguenza della sintomatologia in atto, che si erano resi conto o avevano quantomeno sospettato l’effettiva e ben più grave patologia di cui era affetto il L.”, a fortiori rilevante in quanto “il ricovero e l’approfondimento diagnostico di tipo neurologico era stato proposto perchè, proprio in virtù delle loro conoscenze mediche, proprio i sanitari ritenevano irrilevante la regressione dei sintomi e quantomeno sospettavano che il paziente fosse affetto da una più grave patologia”.
Emerge evidente come la motivazione dell’impugnata sentenza si appalesi allora meramente apparente, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2016, n. 22232), e pertanto in realtà insussistente (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e conformemente, Cass., 20/11/2018, n. 29898), non sottraendosi al controllo in sede di legittimità (cfr. Cass., 5/5/2017, n. 10973).
All’accoglimento del 1, del 2 (in parte), del 3 (in parte), del 4 e del 6 motivo, nei suindicati termini e limiti, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo, nonchè assorbiti il 5 e il 7 motivo, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021
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