Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.20635 del 19/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20947/2017 proposto da:

Intesa Sanpaolo S.p.a., già Intesa Gestione Crediti S.p.a., e poi Banca Intesa S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Liberiana n. 17, presso lo studio dell’avvocato Antonio Ferraguto, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.S., e C.M., elettivamente domiciliati in Roma, Via A. Gallonio n. 18, presso lo studio dell’avvocato Vito Massari, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Baldari, e Nadia Maria Cavallo, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

Unione di Banche Italiane S.p.a. – Ubi Banca, nella quale è stata fusa per incorporazione Banca Carime s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Ottaviano n. 9, presso lo studio dell’avvocato Salvatore Russo, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Cinque, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 273/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 28/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2/7/2021 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.

FATTI DI CAUSA

1.1. Con contrapposti ricorsi per cassazione Intesa Sanpaolo s.p.a., da un lato, e D.G.S. e C.M., dall’altro – la prima in via principale e quale successore di Intesa Gestione Crediti s.p.a. e poi di Banca Intesa s.p.a., i secondi in via incidentale – impugnano la sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto ha parzialmente riformato l’impugnata decisione di accoglimento in primo grado delle domande spiegate dai D.- C. nei confronti Banca Carime s.p.a. in seguito incorporata in Unione Banche Italiane s.p.a. – UBI Banca e nei confronti di Intesa Sanpaolo.

Più in dettaglio, gli attori, già correntisti della Cassa di Risparmio di Puglia s.p.a., avevano convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Taranto la Banca Carime s.p.a., quale avente causa della Cassa di Risparmio di Puglia, ed avevano chiesto che ne fosse pronunciata la condanna alla ripetizione delle somme da essa indebitamente incamerate a titolo di interessi debitori, interessi ultralegali, interessi anatocistici, commissione di massimo scoperto ed altro, domanda successivamente estesa, di seguito alla sua chiamata in giudizio per via del difetto di legittimazione passiva eccepito dalla convenuta, nei confronti di Intesa Sanpaolo, resasi cessionaria dei rapporti contrattuali già intestati alla Cassa di Risparmio di Puglia. I medesimi D.- C., sempre incoando Banca Carime, avevano inoltre chiesto che fosse dichiarata la nullità del mutuo chirografario da essi stipulato con la medesima al fine di destinarne la provvista al ripianamento del saldo negativo maturato nel frattempo in relazione al conto corrente.

1.2. La sentenza di accoglimento di entrambe le domande – che aveva tra l’altro accolto la domanda di indebito condannando Intesa Sanpaolo a farvi fronte – era fatta oggetto di appello da parte di quest’ultima eccependo, tra l’altro, il proprio difetto di legittimazione passiva, la piena validità del contratto di mutuo, l’intervenuta prescrizione di ogni ragione di credito e l’indebita determinazione a zero, in sede di conteggi, del saldo iniziale.

La Corte d’Appello con la sentenza per cui è ricorso ha respinto il gravame in relazione all’eccepito difetto di legittimazione osservando che “trattasi di eccezione formalmente sollevata per la prima volta in questo grado, in violazione del disposto ex art. 345 c.p.c.”, e ciò anche considerato il fatto che all’atto di costituirsi nel giudizio di primo grado la banca nulla aveva contestato al riguardo, anzi esplicitamente riconoscendosi successore a titolo particolare nel rapporto de quo di Banca Carime. Parimenti si è espressa in merito all’eccezione di prescrizione rilevandone l’inammissibilità “in quanto in primo grado Intesa gestione Crediti s.p.a. si era limitata ad eccepire genericamente la prescrizione decennale, senza ulteriore precisazione (aggiunta solo in questo grado)” e, comunque, anche a ragionare diversamente, essa non risultava corredata dai necessari dettagli, vale a dire dall’indicazione delle operazioni aventi natura solutoria e della rispettiva data, fermo, peraltro, che essendosi la parte costituita nell’udienza successiva alla sua dichiarazione di contumacia “l’eccezione è stata sollevata tardivamente”.

Lo ha invece accolto riguardo alla dichiarata nullità del mutuo, giudicando fondata la censura appellante circa la piena validità dell’operazione, atteso che il mutuo è contratto che si perfeziona con la messa a disposizione della somma, sicché “e’ ininfluente che la somma finanziata venga accreditata sul conto corrente”, così come lo scopo dell’operazione, tanto più che nella specie non consta che il finanziamento “avesse una particolare destinazione”; e riguardo all’adozione del saldo iniziale pari a zero, posto che, competendo agli attori la prova dell’indebito, “discende che, in difetto di prova completa sul punto, il saldo iniziale della ricostruzione contabile deve essere tratto dal primo estratto conto in atti”, il saldo zero rendendosi invece applicabile solo ove gli attori avessero prodotto tutti gli estratti conto senza soluzione di continuità fin dal sorgere del rapporto.

1.3. La cassazione di detta sentenza, oppostamente impugnata da Intesa Sanpaolo e dai D.- C., è chiesta da entrambe le parti sulla base di due motivi di ricorso. Resiste al ricorso principale con controricorso UBI Banca.

1.4. Con memoria ex art. 380-bisl c.p.c. Intesa Sanpaolo ha reso noto di aver proceduto all’incorporazione di UBI-Banca chiedendo che di ciò si tragga ogni debita conseguenza riguardo al presente giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. In ragione di quanto risultante dalla vista memoria di Intesa Sanpaolo, che demanda al collegio di trarre ogni debita conseguenza dall’intervenuta incorporazione nella deducente della controricorrente UBI Banca, procedendosi all’esame del ricorso principale va inizialmente dichiarata l’inammissibilità del primo motivo di esso che, essendo inteso a censurare l’impugnata decisione nel capo in cui questa aveva rigettato il difetto di legittimazione passiva eccepito da Intesa Sanpaolo in ordine alle domande attoree diverse da quella afferente alla nullità del mutuo chirografario, si sottrae ora – con conseguente assorbimento pure delle preclusioni in punto di inammissibilità opposte dai D.- C. – al chiesto sindacato di legittimità per sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente, succeduta, per effetto dell’incorporazione, nelle ragioni di UBI Banca e perciò non più interessata a separarne la posizione rispetto a quella da essa incarnata.

3. Il secondo motivo del medesimo ricorso, con cui si critica il deliberato d’appello per aver dichiarato inammissibile l’eccezione di prescrizione – scrutinabile, ancorché svolto in via subordinata, in ragione della perenzione del primo motivo di ricorso – è del pari affetto da pregiudiziale inammissibilità, il deliberato sul punto risultando infatti sorretto, come visto, da una duplice ratio decidendi ovvero dalla preclusione discendente dall’art. 345 c.p.c., che ne renderebbe irrita la capitolazione in sede di appello in ragione della genericità con cui era stata declinata in primo grado, nonché dalla tardività della sua deduzione in primo grado essendo essa stata sollevata nell’udienza successiva a quella in cui Intesa Sanpaolo era stata dichiarata contumace.

Orbene di queste due rationes, il motivo censura solo la prima, nulla argomentando riguardo alla seconda con la conseguenza che, anche se le critiche indirizzate nei confronti della prima fossero condivisibili, nondimeno l’impugnata decisione si sorreggerebbe sulla base della seconda, rimasta inattaccata e di per sé idonea a munire la sentenza impugnata di un inconfutato fondamento decisorio, privando, pertanto, come più volte precisato da questa Corte, il ricorrente di interesse all’impugnazione.

4. L’inammissibilità, cui va perciò soggetto nel suo insieme il ricorso principale, non travolge tuttavia, determinandone l’inefficacia a mente dell’art. 334 c.p.c., comma 2, il ricorso incidentale essendosi precisato che l’inefficacia comminata da questa norma si applica al solo ricorso incidentale tardivo e non già al ricorso incidentale proposto nei termini degli artt. 325 e 327 c.p.c., che è tale solo perché proposto successivamente al ricorso principale (Cass. Sez. III, 23/05/2003, n. 8154).

Posto che nella specie il ricorso incidentale, a fronte del deposito della sentenza in data 28.7.2017, è stato proposto con atto notificato il 9.10.2017, ne discende che esso è ammissibile e non sconta perciò gli effetti deteriori ex art. 334 c.p.c. derivanti dall’inammissibilità del ricorso principale.

5.1. Venendo, perciò, alle ragioni del ricorso incidentale, con il primo motivo di esso i D.- C. si dolgono della statuizione adottata dalla Corte d’Appello in ordine alla inapplicabilità, ai fini di determinare l’entità del credito dovuto a rimborso, del criterio del saldo zero.

Si sostiene che nell’aver onerato essi attori dell’onere di provare in giudizio i fatti costitutivi dell’esercitata pretesa per mezzo della produzione degli estratti conto antecedenti a quello evidenziante a loro carico un saldo passivo, preso a base di calcolo per i conteggi operati dal CTU, si configurerebbe la violazione degli artt. 1713,1856 e 2697 c.c., nonché dell’art. 210 c.p.c. e art. 119, comma 4 TUB dal momento che, essendo la banca tenuta all’obbligo della rendicontazione, estrinsecantesi segnatamente nel periodico invio degli estratti conti, la circostanza che essa non avesse proceduto all’integrale produzione di tutti gli estratti conto, benché a ciò tenuta in forza dell’ordine di esibizione emanato dal giudice, non poteva risolversi in danno di essi deducenti, essendo viceversa manifesto l’inadempimento della banca rispetto agli obblighi di cui agli artt. 1713 e 1856 c.c.

5.2. Il motivo non ha pregio.

Osservato previamente che l’operato richiamo agli obblighi di rendicontazione si rivela inappropriato in rapporto alla doglianza ostesa – dato che non è in dubbio che la banca abbia assolto gli obblighi su di essa in tal guisa incombenti mediante il periodico inoltro ai correntisti degli estratti conto, ma semmai a chi ne dovesse competere la produzione in giudizio in funzione della decisione sulla domanda oggetto del giudizio – è da tempo convinzione di questa Corte – che i precedenti citati dai ricorrenti non smentiscono, ma confermano, giacché nelle occasioni citate era la banca a vestire i panni dell’attore – che “nei rapporti bancari di conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio. Nella prima ipotesi l’accertamento del dare e avere può attuarsi con l’impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, idonei quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti; in mancanza di tali dati la domanda deve essere respinta. Nel caso di domanda proposta dal correntista, l’accertamento del dare e avere può del pari attuarsi con l’utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi i quali consentano di affermare che il debito, nell’intervallo temporale non documentato, sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti o che permettano addirittura di affermare che in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato” (Cass., Sez. I, 2/05/2019, n. 11543).

La sentenza impugnata, allorché ha perciò onerato i D.- C. di provare la fondatezze della domanda da essi introdotta, traendo dal fatto che, in difetto di ogni produzione attorea, la banca si fosse limitata a produrre in ottemperanza dell’ordine di esibizione solo una parte degli estratti conto, la conclusione che conteggi dovessero farsi a partire dal primo estratto conto resosi disponibile evidenziante un saldo negativo in danno dei correntisti, si è esattamente attenuta all’enunciato principio di diritto che fa carico al correntista, coerentemente con i principi disciplinanti la ripartizione dell’onere probatorio, di provare, una volta accertata la nullità delle denunciate pattuizioni presenti nel contratto, l’entità della propria pretesa, e non necessariamente attraverso la produzione degli estratti conto, ma anche a mezzo di qualsiasi altra fonte di cognizione che attendibilmente possa dimostrare un’intervenuta modifica in senso positivo del saldo a debito, diversamente imponendosi il rigetto della domanda per quanto non dimostrato.

Dunque nessuna censura essa merita se, in difetto di una prova contraria da parte degli attori, abbia adottato a base di calcolo il saldo negativo riportato dal primo estratto conto reso disponibile, rettamente ricusando in tal modo il criterio del saldo zero erroneamente adottato dal primo giudice.

6.1. Con il secondo motivo del proprio ricorso i D.- C. si dolgono della statuizione adottata dalla Corte d’Appello in ordine alla dedotta nullità del contratto di mutuo, che il decidente, accogliendo il gravame sul punto di Intesa Sanpaolo, si è visto, ha denegato considerando che il mutuo è un contratto che si perfeziona per mezzo della messa a disposizione della somma, onde l’annotazione di essa in conto si rivela ininfluente, e che non era dimostrata la sua vocazione ad uno scopo predefinito.

Si sostiene, in contrario che sussisterebbe un collegamento negoziale tra il contratto di conto corrente ed il contratto di mutuo, di guisa che la nullità delle pattuizione figuranti nel primo, infirmando l’esposizione debitoria imputabile allo stesso, si comunicherebbe anche al contratto di mutuo, che, essendo stato stipulato per fronteggiare l’esposizione in parola, ne resterebbe perciò travolto una volta che fosse accertata la nullità della clausole che ne hanno comportato la maturazione.

6.2. Il motivo non ha pregio.

Esso e’, per meglio intendersi, affetto da una duplice ragione di inammissibilità che ne preclude l’ingresso in questa sede.

Sotto un primo profilo ragione di ciò si rinviene nel fatto che, censurando il capo dell’impugnata decisione di cui si discute, il motivo si astiene dal confrontarsi con le ragioni di essa giacché l’illustrazione della doglianza che vi prende forma segue un itinerario che non guarda agli argomenti addotti dal decidente a giustificazione del proprio deliberato e procede unicamente per categorie generali ed enunciazioni astratte, in tal modo mostrandosi del tutto inosservante del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 che impone, come è noto, che nella declinazione del motivo di ricorso trovino espressione le ragioni del dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione.

Non diversamente, sotto altro profilo, il motivo, incarnando solo la rappresentazione di un dissenso di principio rispetto agli esiti della decisione, in cui non si rende riconoscibile un attendibile intento cassatorio sorretto da una motivata confutazione delle rationes enunciate dal decidente, si colloca in uno scenario processuale postulante unicamente una rimeditazione in fatto del ragionamento decisorio oggetto di censura, rimeditazione a cui non è pero nei poteri di questa Corte procedere non essendo essa notoriamente giudice del fatto sostanziale.

Nel complesso, dunque, il ricorso incidentale va disatteso e non merita seguito.

7. In conclusione va dichiarato inammissibile il ricorso principale, mentre deve essere invece respinto il ricorso incidentale.

8. Le spese in ragione di ciò, registrandosi la reciproca soccombenza di entrambe le parti rispetto quanto da ciascuna di esse fatto valere con i relativi ricorsi, possono essere integralmente compensate a mente dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico di entrambi i ricorrenti del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso principale; respinge il ricorso incidentale; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambi i ricorrenti, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello riscosso per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 2 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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