LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 473-2020 proposto da:
A.B.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE ASCARI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 2275/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 01/08/2019 R.G.N. 2427/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.
RILEVATO
CHE:
A.B.O. cittadino nigeriano, chiedeva alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);
la Commissione Territoriale rigettava l’istanza;
avverso tale provvedimento proponeva, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna, che ne disponeva il rigetto;
tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna;
il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione con ricorso fondato su tre motivi;
il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO
CHE:
1.In via preliminare deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso perchè la procura (apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2) contiene espressioni incompatibili con la specialità richiesta dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13 – secondo cui la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato – apparendo dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali;
in linea generale, con riferimento alle modalità di rilascio della procura speciale, questa Corte ha avuto modo di chiarire che: “ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo, è essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione (cfr. Cass. 17/3/2017 n. 7014);
con specifico riferimento al tema della protezione internazionale, è fermo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi è fasi processuali” (vedi Cass. 18/2/2020 n. 4069 con riferimento ad ipotesi di apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, Cass. 3/2/20 n. 2342, Cass. 5/11/2017 n. 18257; Cass. 21/3/2005 – n. 6070);
non possono, quindi, tralasciarsi di considerare gli approdi ai quali è pervenuta da ultimo questa Corte, alla cui stregua il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, in base al quale la data della procura speciale a ricorrere in cassazione deve essere espressamente certificata dal difensore, determina l’inammissibilità del ricorso ove la procura ad esso relativa, ancorchè rilasciata su un foglio materialmente congiunto al medesimo ricorso e recante una data successiva al deposito del decreto impugnato, non indichi gli estremi di tale provvedimento, nè altri elementi idonei ad identificarlo, come il numero cronologico ovvero la data del deposito o della comunicazione, poichè tale procura non soddisfa il requisito della specialità richiesto dall’art. 365 c.p.c. (cfr. Cass. 16/7/2020 n. 15211);
e proprio questa è l’ipotesi qui scrutinata, in cui il mandato contenuto in foglio congiunto all’atto, ancorchè recante una data successiva al deposito del provvedimento impugnato, non solo non contiene alcun riferimento alla sentenza impugnata ma si riferisce ad una procura conferita all’avv. Davide Ascari “nella presente procedura e nelle eventuali fasi successive conferendogli tutti i poteri di cui agli artt. 83 e 84 c.p.c. nonchè quella di transigere, rinunciare agli atti del presente giudizio, di proporre reclami e compiere quant’altro necessario” con un tenore incompatibile con l’esigenza di dimostrare la specialità della procura medesima;
la procura non contiene, quindi, alcun riferimento al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità; e, pertanto, non solo è priva di specialità ma presenta indicazioni incompatibili con il giudizio di cassazione che, lungi dal costituire un gravame o “un grado” rispetto alla pronuncia di merito, configura uno speciale mezzo di impugnazione svolto attraverso un ricorso a critica vincolata, secondo l’impostazione del sistema processuale vigente che deve essere preservata soprattutto in questa sede, non a scopo deflattivo ma per garantire l’uniforme applicazione della legge;
conclusivamente, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
nulla sulle spese stante la mancanza di attività difensiva del Ministero;
va infine emessa la dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 come novellato dalla L. n. 228 del 2012 la quale deve seguire il principio secondo cui, trattandosi di attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità in mancanza di procura speciale, su di esso grava la pronuncia relativa alle spese processuali, anche rispetto dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato predetto (cfr. già Cass. 21/9/2015, n. 18577, Cass.9/12/2019 n. 32008).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’avv. Davide Ascari, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2021
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