Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.23 del 05/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 474-2020 proposto da:

I.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE ASCARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2669/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 23/09/2019 r.g.n. 2201/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.

RILEVATO

CHE:

I.S. cittadino nigeriano, chiedeva alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

la Commissione Territoriale rigettava l’istanza;

avverso tale provvedimento proponeva, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna, che ne disponeva il rigetto;

tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna;

a fondamento della decisione assunta, la Corte territoriale evidenziava l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione invocate dal ricorrente tenuto conto dell’assenza di attendibilità del relativo racconto di vita in quanto vago, generico, a tratti contraddittorio; lo stato di provenienza (EDO, facente parte della federazione della Nigeria), alla stregua delle acquisite informazioni, non era interessato da situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno tale da porre in pericolo l’incolumità della posizione civile per il solo fatto di soggiornarvi; quanto alla protezione c.d. umanitaria del pari invocata, non risultavano indicate particolari ragioni di vulnerabilità individuale che giustificassero la permanenza in territorio italiano;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione con ricorso fondato su tre motivi;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 10-13-27 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5;

censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il proprio racconto, rimarcandone invece la linearità ed assenza di contraddizioni, avendo egli “cercato di circostanziare il più possibile la descrizione dei fatti”;

2. il secondo motivo prospetta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B. e C;

si criticano gli approdi ai quali è pervenuto il giudice del gravame in tema di protezione sussidiaria; si richiamano i dettami della disposizione citata, secondo cui viene definito “danno grave un trattamento inumano o degradante ovvero la minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”;

si osserva che secondo costante giurisprudenza, “al fine di rientrare nell’ambito del citato art. 14, lett. C, non è necessaria la rappresentazionè coerente di un quadro individuale di esposizione diretta al pericolo per la propria incolumità, essendo sufficiente tratteggiare una situazione nella quale alla violenza diffusa e indiscriminata non sia contrapposto alcun anticorpo concreto dalle autorità statali”;

3. con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3.

si censura la pronuncia della Corte felsinea, in estrema sintesi, per “il mancato approfondimento della realtà della Nigeria per quanto concerne la risoluzione dei contrasti e l’assenza di fondamentali garanzie da parte delle forze statali, l’omessa valutazione delle condizioni personali del cittadino della Nigeria, in relazione altresì al contesto del paese di provenienza”.

4. In via preliminare deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso perchè la procura (apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2) contiene espressioni incompatibili con la specialità richiesta dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13 – secondo cui la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato – apparendo dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali;

in linea generale, con riferimento alle modalità di rilascio della procura speciale, questa Corte ha avuto modo di chiarire che: “ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo, è essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione (cfr. Cass. 17/3/2017, n. 7014);

in ordine al tema della protezione internazionale, è fermo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali”(vedi Cass. 18/2/2020 n. 4069 con riferimento ad ipotesi di apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, Cass. 3/2/20 n. 2342, Cass. 5/11/2017 n. 18257; Cass. 21/3/2005 n. 6070);

non n, quindi, tralasciarsi di considerare gli approdi ai quali è pervenuta da ultimo questa Corte, alla cui stregua il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, in base al quale la data della procura speciale a ricorrere in cassazione deve essere espressamente certificata dal difensore, determina l’inammissibilità del ricorso ove la procura ad esso relativa, ancorchè rilasciata su un foglio materialmente congiunto al medesimo ricorso e recante una data successiva al deposito del decreto impugnato, non indichi gli estremi di tale provvedimento, nè altri elementi idonei ad identificarlo, come il numero cronologico ovvero la data del deposito o della comunicazione, poichè tale procura non soddisfa il requisito della specialità richiesto dall’art. 365 c.p.c. (cfr. Cass. 16/7/2020 n. 15211);

e proprio questa è l’ipotesi qui scrutinata, in cui il mandato contenuto in foglio congiunto all’atto, ancorchè recante una data successiva al deposito del provvedimento impugnato, non solo non contiene alcun riferimento alla sentenza impugnata ma si riferisce ad una procura conferita all’avv.Davide Ascari “nella presente procedura e nelle eventuali fasi successive conferendogli tutti i poteri di cui agli artt. 83 e 84 c.p.c. nonchè quella di transigere, rinunciare agli atti del presente giudizio, di proporre reclami e compiere quant’altro necessario” con un tenore incompatibile con l’esigenza di dimostrare la specialità della procura medesima;

la procura non contiene, quindi, alcun riferimento al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico difensore per la proposizione del giudizio di legittimità; e, pertanto, non solo è priva di specialità ma presenta indicazioni incompatibili con il giudizio di cassazione che, lungi dal costituire un gravame o “un grado” rispetto alla pronuncia di merito, configura uno speciale mezzo di impugnazione svolto attraverso un ricorso a critica vincolata, secondo l’impostazione del sistema processuale vigente che deve essere preservata soprattutto in questa sede, non a scopo deflattivo ma per garantire l’uniforme applicazione della legge;

5. conclusivamente, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;

nulla sulle spese. stante la mancanza di attività difensiva del Ministero;

va infine emessa la dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 come novellato dalla L. n. 228 del 2012 la quale deve seguire il principio secondo cui, trattandosi di attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità in mancanza di procura speciale, su di esso grava la pronuncia relativa alle spese processuali, anche rispetto dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato predetto (cfr. già Cass. 21/9/2015, n. 18577, Cass. 9/12/2019 n. 32008).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’avv. Davide Ascari, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2021

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