Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.236 del 12/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3875-2014 proposto da:

Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO GOMMELLINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MATTEO TARGHINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI RIMINI;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 60/2013 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA, depositata il 08/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

RILEVATO

che:

La società Z.A. S.a.s., esercente stabilimento balneare sul litorale di *****, era destinataria di avviso di accertamento per l’anno 2005 col quale, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1 lett. d) erano, ai fini delle imposte dirette, accertati maggiori ricavi per Euro 55.923,07.

Contestualmente il socio accomandatario Z.A., titolare di quota del 98% della società, riceveva notifica di avviso di accertamento che rettificava, per trasparenza, in ragione della quota dallo stesso detenuta, il proprio reddito da partecipazione rispetto a quello dichiarato, con determinazione delle maggiori imposte dovute IRPEF ed addizionale regionale, nonchè per contributo INPS, oltre sanzioni, interessi e spese di notifica.

Entrambi gli atti impositivi erano impugnati dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Rimini, che, riuniti i ricorsi, li rigettava, confermando la legittimità dell’operato dell’Ufficio.

Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello il solo Z.A. in proprio dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) dell’Emilia – Romagna che, con sentenza n. 60, depositata l’8 luglio 2013, non notificata, respinse l’appello, ritenendo sostanzialmente che il giudicato formatosi in relazione all’avviso di accertamento notificato alla società, per effetto della mancata impugnazione da parte di quest’ultima della sentenza ad essa sfavorevole, riverberasse i propri effetti anche nella controversia originata dall’impugnazione proposta dal socio in ordine all’avviso di accertamento notificatogli per trasparenza in ragione della sua quota di partecipazione agli utili della compagine societaria (art. 5, comma 1, TUIR), indipendentemente, quindi, dalla loro percezione.

Z.A. ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, avverso la succitata sentenza della CTR dell’Emilia – Romagna.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale fissazione dell’udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonchè degli artt. 24,53 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando come l’interpretazione degli effetti del giudicato offerta dalla CTR si ponesse in contrasto insanabile col principio del diritto al contraddittorio, della capacità contributiva e del giusto processo di cui ai richiamati parametri costituzionale.

2. Con il secondo motivo analoga censura è proposta dal contribuente, questa volta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nei confronti della sentenza impugnata, nella parte in cui la CTR ha statuito che “il giudicato formatosi nel merito” nei confronti dell’altro consorte in lite Z.A. S.a.s. può legittimamente riverberare “i suoi effetti anche nella presente controversia”.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la CTR, sull’erroneo presupposto che per effetto del summenzionato giudicato fosse precluso l’esame dei motivi dedotti dal contribuente a sostegno dell’impugnazione proposta avverso l’atto impositivo notificatogli, trattandosi delle medesime questioni di fatto, sia incorsa nel vizio di violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., che stabilisce il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

4. Analoga censura è proposta con il quarto motivo, questa volta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove si ritenga che la sentenza impugnata sia incorsa nel vizio di omessa pronuncia, in relazione ai motivi di cui sopra riproposti in sede di ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole, in relazione al cui tenore lamenta altresì violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., avendo la sentenza impugnata confermato quindi la legittimità dell’atto impositivo, quantunque basato su presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza.

5. Con il quinto motivo il ricorrente, sempre riguardo agli elementi assunti dalla CTR a conferma della legittimità dell’atto impositivo, lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

6. Con il sesto motivo il contribuente censura ancora, questa volta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., per avere la sentenza impugnata confermato la legittimità dell’atto impositivo, quantunque basato su presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza.

7. In via preliminare la Corte è tenuta al rilievo d’ufficio del difetto d’integrità, nel corso del doppio grado del giudizio di merito, del litisconsorzio necessario sostanziale tra società di persone e soci, secondo i principi affermati da Cass. SU 4 giugno 2008, n. 14815 e dalla successiva giurisprudenza di questa Corte, allorchè, come nella fattispecie in esame, l’impugnazione del socio non sia basata su questioni personali, e che, da ultimo, hanno trovato significativa conferma nella giurisprudenza del giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. 17 settembre 2020, n. 201, in motivazione, par. 5.1.).

7.1. Dall’esposizione dei fatti di causa si rileva, infatti, che è rimasta estranea al giudizio la socia accomandante V.A., titolare della quota del 2% nella compagine societaria.

7.2. La CTP di Rimini ha sì provveduto alla riunione dei ricorsi originariamente proposti dalla società, in persona del socio accomandatario, e dall’accomandatario medesimo sig. Z.A. in proprio, avverso i rispettivi atti notificati, ma non ha provveduto, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 all’integrazione del contraddittorio nei confronti della socia accomandante rimasta pretermessa.

7.3. Nè la CTR dell’Emilia – Romagna – che ha peraltro omesso ogni rilievo anche in ordine al litisconsorzio processuale tra le parti che avevano partecipato al giudizio di primo grado, in sede di appello avverso la sentenza di primo grado proposto dal solo Z.A. – ha colto la non integrità del contraddittorio, statuendo quindi erroneamente nel merito, anzichè rilevare la nullità della sentenza di primo grado per mancata osservanza del litisconsorzio necessario tra società e soci e rimettere conseguentemente la causa al primo giudice, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59.

8. A ciò deve pertanto provvedere d’ufficio la Corte in questa sede, dichiarando la nullità dell’intero giudizio per vizio relativo all’integrità del litisconsorzio necessario tra società e soci, stante la sua rilevabilità in ogni stato e grado del giudizio, con rinvio della causa dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Rimini, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

9. Resta pertanto assorbito l’esame dei singoli motivi di ricorso.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la nullità dell’intero giudizio, con rinvio della causa dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Rimini, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021

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