Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.28813 del 19/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2837-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO, 19, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SERANGELI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICO MARRUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 968/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 10/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lucca, che aveva accolto il ricorso del contribuente S.G., titolare di ditta individuale, contro l’avviso d’accertamento che aveva ripreso a tassazione, a titolo di Irpef, Iva ed Irap, per l’anno d’imposta 2009, spese di sponsorizzazione a favore della a.s.d. Volley Pizzo, ritenute economicamente ingiustificate; nonché altri costi ritenuti indeducibili.

Il contribuente si è costituito con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., perché la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sul disconoscimento dei costi relativi ai parcheggi, alle cialde di caffe’, ai ristoranti ed agli alberghi, alla lavanderia ed alla custodia di beni ed ai trasferimenti; nonché ai costi non documentati ed inseriti nel rigo RG 20 della dichiarazione Modello Unico 2010 del contribuente.

Il motivo è infondato e va rigettato, poiché non sussiste l’omessa pronuncia denunciata in ordine ai rilievi relativi ai costi diversi dalle spese di sponsorizzazione, sui quali la CTR si è invece pronunciata esplicitamente, come dimostrano sia la parte introduttiva della sentenza, che si riferisce al tema degli “altri costi”; sia la formula sintetica ed onnicomprensiva resa con il terz’ultimo periodo di pag. 6 della sentenza, relativa a “le altre spese” oggetto dei rilievi erariali; sia il dispositivo di rigetto integrale dell’appello.

2. Con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5; del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19; e degli artt. 2697 e 2729 c.c..

Assume, nella sostanza, la ricorrente (con particolare riferimento alle spese di sponsorizzazione, ma estendendo la censura anche agli altri costi) che la CTR avrebbe omesso di valutare se il contribuente avesse fornito la prova non solo della congruità dei costi rispetto all’oggetto sociale dell’impresa ed al volume d’affari della stessa, ma anche della loro potenziale utilità per l’attività commerciale o dei futuri vantaggi conseguibili.

Il giudice a quo, secondo la ricorrente, avrebbe quindi errato nel limitare la valutazione dell’inerenza dei costi al riconoscimento della prova del loro collegamento con l’oggetto sociale dell’impresa e del loro importo limitato rispetto al volume di affari di quest’ultima.

Il motivo è infondato.

Infatti “In tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, ora dal medesimo D.P.R., art. 109, comma 5, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. Peraltro, l’onere di provare e documentare l’imponibile maturato e dunque l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d’impresa, grava sul contribuente. (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 30366 del 21/11/2019)”.

Pertanto, “In tema di reddito d’impresa, ai fini della deducibilità dei costi sostenuti, il contribuente è tenuto a dimostrarne l’inerenza, intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione, non già ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta, sicché deve provare e documentare l’imponibile maturato, ossia l’esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 2224 del 02/02/2021).

Dunque, “In tema di redditi d’impresa, il requisito dell’inerenza dei costi deducibili attiene alla compatibilità, coerenza e correlazione di detti costi non ai ricavi in sé, bensì all’attività imprenditoriale svolta idonea a produrre redditi.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 902 del 17/01/2020).

Con riferimento, poi, alle spese relativa alle sponsorizzazione in favore dell’a.s.d., è stato precisato che “In tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14232 del 07/06/2017). Ed è stato precisato che “In tema di imposte sui redditi, la presunzione legale di inerenza/deducibilità delle spese di sponsorizzazione di società sportive dilettantistiche, sancita dalla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, opera in virtù della sola ricorrenza dei presupposti previsti dalla norma, senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8981 del 06/04/2017).

La CTR ha fatto corretta applicazione dei predetti principi, adottando un concetto di inerenza di tipo qualitativo.

In ordine poi alla censura, contenuta nel corpo del motivo, e relativa all’asserita antieconomicità dei costi, deve rilevarsi che (in disparte ogni considerazione sulla rilevanza concreta di tale parametro rispetto all’avviso d’accertamento sub iudice nel caso di specie), la CTR ha comunque espressamente vagliato anche tale aspetto, pur premurandosi di segnalare come esso fosse esterno al concetto di inerenza, escludendo in fatto che si trattasse di costi abnormi o contrari ai canoni dell’economia.

Pertanto, con tale parte del motivo, l’Amministrazione pretenderebbe in realtà di rimettere in discussione tale valutazione di merito (peraltro congruamente motivata). Tuttavia “E’ inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito.” (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).

Egualmente inammissibile è il motivo nella parte in cui mira a mettere in discussione il giudizio di fatto reso dalla CTR sull’inerenza dei costi diversi dalle spese di sponsorizzazione, sotto il profilo del nesso con l’attività d’impresa, che la CTR ha invece espressamente accertato.

2. Le spese seguono la soccombenza.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2021

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