Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29615 del 22/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36190-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

MA.VI. INSTALLAZIONI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI, 14, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO SICILIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato IRIS MARIA RUGGERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3746/15/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA SEZ. DISTACCATA di CATANIA, depositata il 12/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE CAPOZZI.

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Sicilia, sezione staccata di Catania, di rigetto dell’appello proposto avverso una sentenza CTP Catania, che aveva accolto il ricorso della contribuente s.r.l. “MAVI INSTALLAZIONI” avverso un avviso di accertamento per maggior IRES, IRAP ed IVA 2011; la CTR, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto deducibili le spese di sponsorizzazione sostenute dalla società contribuente in favore dell’associazione sportiva dilettantistica “Galliate Calcio”, siccome contenute entro il limite di Euro 200.000,00, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 90 comma 8.

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la CTR non aveva motivato sull’effettivo oggetto della ripresa delle spese di sponsorizzazione fatta dall’ufficio, essendo state utilizzate fatture emesse dall’associazione sportiva dilettantistica “Galliate Calcio”, riferibili ad operazioni inesistenti; invero, subito dopo l’accredito delle somme da parte della società contribuente, le stesse erano state prelevate in contanti dagli esponenti dell’associazione sportiva, lasciando così supporre la restituzione degli importi; inoltre, i costi di sponsorizzazione erano antieconomici; la CTR aveva motivato il rigetto del proprio appello esclusivamente sull’applicazione della presunzione assoluta di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, secondo cui le spese di sponsorizzazione sostenute entro il limite di Euro 200.000,00 erano da ritenere spese di pubblicità; esse tuttavia presupponevano l’effettiva esistenza delle operazioni di sponsorizzazione, vivamente contestata dall’ufficio;

che, con il secondo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in combinato disposto con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 444 del 1997, art. 4, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e della L. n. 289 del 2002, art. 90, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la rettifica degli imponibili dichiarati dalla società contribuente per il 2011 era avvenuta ipotizzando l’utilizzazione da parte sua di fatture relative ad operazioni inesistenti; le operazioni di sponsorizzazione effettuate dalla società contribuente erano fittizie e fatturate al solo scopo di conseguire indebiti vantaggi fiscali; e ciò sulla base dei seguenti elementi indiziari univoci:

– il prelievo in contanti, da parte di esponenti dell’associazione sportiva, delle somme, subito dopo il loro accredito da parte della società contribuente, il che lasciava supporre la restituzione degli importi;

– l’antieconomicità e la non inerenza dei costi di sponsorizzazione in esame, sia in relazione ai modesti utili di esercizio dichiarati in quegli anni, sia in relazione al ridottissimo pubblico cui la pubblicità era destinata, sia in relazione alla tipologia di attività svolta dalla società contribuente; era stata pertanto contestata la radicale inesistenza delle operazioni di sponsorizzazione; ed il rispetto da parte della società intimata del tetto massimo di sponsorizzazione (Euro 200.000,00), previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, non escludeva che la medesima fosse tenuta a provare tutte le restanti condizioni richieste per ottenere il riconoscimento delle deduzioni connesse alle operazioni di sponsorizzazione;

che la società intimata, oltre a costituirsi con controricorso, ha altresì presentato memoria;

che il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è infondato;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 16736 del 2007; Cass. n. 10271 del 2016; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 10975 del 2019), il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto della motivazione, ovvero di motivazione apparente, ricorre solo se il giudice abbia omesso di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi detti elementi senza alcuna disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento e sia inficiata da così gravi anomalie e carenze da collocarla al di sotto del c.d. “minimo costituzionale”, inteso come il contenuto motivazionale minimo, di cui deve essere fornito una sentenza;

che, al contrario, la sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata, avendo essa ritenuto ingiustificate le riprese a reddito fatte dall’ufficio delle spese di sponsorizzazione sostenute dalla società intimata, per essere le stesse contenute entro il limite di Euro 200.000,00 annui, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8 ed in quanto nessun rilievo potevano avere le supposte non inerenza e non economicità delle spese medesime; che è altresì infondato il secondo motivo di ricorso;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 17973 del 2018; Cass. n. 14232 del 2017; Cass. n. 8981 del 2017; Cass. n. 7202 del 2017), in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazioni, di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, sono assistite da una presunzione legale assoluta circa la loro natura pubblicitaria e non di rappresentanza in presenza di alcune condizioni, quali:

– la natura di compagine sportiva dilettantistica rivestita dal soggetto sponsorizzato;

– l’accertamento che la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor;

– l’accertamento che l’importo delle sponsorizzazioni eseguite sia contenuto entro il limite di Euro 200.000,00 annuo (L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8);

– l’accertamento che il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente svolto una specifica attività promozionale, quali, ad esempio, l’apposizione del marchio della ditta sponsor sulle divise, ovvero l’esibizione di striscioni o tabelloni sui campi di gioco;

che la sentenza impugnata si è attenuta a detti principi giurisprudenziali, avendo ritenuto detraibili le spese di sponsorizzazione sostenute dalla società contribuente in quanto:

– le spese erano state erogate in favore di una compagine sportiva dilettantistica (l’ASD “Galliate Calcio”), che aveva titolo a svolgere attività di sponsorizzazione;

– le spese di sponsorizzazione erano comprese entro il limite di Euro 200.000,00 annui, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8;

– l’ufficio non aveva contestato che un contratto di sponsorizzazione fosse realmente intercorso fra le parti; che, in attuazione dello stesso, il logo della s.r.l. “MA.VI. INSTALLAZIONI” era presente sull’abbigliamento sportivo utilizzato dagli atleti e sulle borse ai medesimi fornite, nonché su uno striscione posto all’interno dell’impianto sportivo, nel quale si erano svolte le attività agonistiche; che la società intimata avesse emesso regolari fatture nei confronti dell’ASD “Galliate Calcio”;

che non può ritenersi inesistente il contratto di sponsorizzazione in esame, per essere le spese sostenute non inerenti e per carenza di economicità dell’attività promozionale svolta, avendo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 8981 del 2017; Cass. n. 7117 del 2021) escluso la possibilità di tener conto di tali elementi nella valutazione delle spese di sponsorizzazione;

che appare del tutto generico e non dimostrato l’unico elemento addotto dall’Agenzia delle entrate per ritenere l’inesistenza del contratto di sponsorizzazione in esame, avere cioè esponenti dell’ASD “Galliate Calcio” ritirato in contanti le somme versate a tale ultima associazione dalla s.r.l. “MAVI INSTALLAZIONI”; che, da quanto sopra, consegue il rigetto del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, con sua condanna al pagamento delle spese di giudizio, quantificate come in dispositivo;

che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, trattandosi di amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non è applicabile il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 7.800,00, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2021

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